“Molti cambiamenti dovuti alle emissioni di gas serra passate e future sono irreversibili per secoli o millenni, in particolar modo i cambiamenti nell’oceano, nelle calotte glaciali, e nel livello del mare”. Il Rapporto AR6 degli scienziati che lavorano per lpcc purtroppo utilizza non certo alla leggera l’aggettivo “irreversibili”, sono quelli che prende in esame la quarta puntata dell’analisi di Alberto Castagnola sui dati forniti fino al gennaio scorso dal gruppo di lavoro scientifico impegnato a mostrare come e perché il clima è cambiato fino a oggi
In questo quarto articolo (qui trovate i precedenti: III, II, I) sui dati del SR6 e i nostri commenti, non seguiamo l’ordine del testo ufficiale, preferiamo accorpare due parti non consecutive ma che ci sembrano logicamente connesse.
C’è una specie di lungo titolo che parla di effetti drammatici e di lunghissima durata, un aspetto spesso trascurato da scienziati e analisti, ma che evidentemente è assolutamente necessario tenere presenti, anche perché in qualche modo sembra siano già iniziati.
L’apertura è molto impressionante e la riportiamo integralmente: “Molti cambiamenti dovuti alle emissioni di gas serra passate e future sono irreversibili per secoli o millenni, in particolar modo i cambiamenti nell’oceano, nelle calotte glaciali, e nel livello del mare“.
La parola “irreversibili” ha un valore particolarmente pesante, perchè significa che una volta avviati, certi processi non possono essere invertiti o recuperati o annullati.
Inoltre già parlare di effetti che durano secoli spaventa, e i millenni, pur essendo inimmaginabili, proiettano le responsabilità umane in un futuro praticamente infinito. Purtroppo il rapporto, pur calibrando le parole, non lascia spazio a dubbi. Vediamo i dettagli.
Le emissioni passate di gas serra, a partire dal 1750, porteranno l’insieme degli oceani ad un riscoldamento che si prolungherà nel futuro. La stratificazione dell’oceano superiore, l’acidificazione, e la deossigenazione continueranno ad aumentare nel 21° secolo, poichè evidentemente non esistono processi di segno opposto che li facciano degradare o ridursi: “Avranno tassi variabili di incremento a seconda delle emissioni dannose per l’ambiente e sono potenzialmente irreversibili per secoli e millenni“.
I ghiaccia montani e polari sono destinati a continuare a sciogliersi per decenni/secoli. La perdita di carbonio dal permafrost in seguito al suo disgelo è irreversibile su scale temporali centenarie, la continua perdita di ghiaccio nel corso del 21° secolo è virtualmente certa per la calotta glaciale della Groenlandia e probabile per la calotta glaciale antartica.
Conseguenze a bassa probabilità e ad alto impatto (derivanti da processi di instabilità della calotta glaciale, caratterizzati da profonda incertezza che in alcuni casi raggiungerebbe punti critici. In nota il rapporto precisa che si parla di conseguenze a bassa probabilità e ad alto impatto quando la probabilità di verificarsi è bassa o non ben nota, ma l’impatto sulla società e sugli ecosistemi potrebbe essere alto.
In altre parole, del continuo distacco di grandi iceberg dalle coste ghiacciate dell’Antartide non si conoscoono ancora bene cause e meccanismi, ma se continuassero a distaccarsi creerebbero gravi problemi. Infatti un punto critico (tipping point) è una soglia critica oltre la quale un sistema si riorganizza, spesso in modo brusco e/o irreversibile. In questo caso lo scioglimento della calotta antartica potrebbe causare la perdita di ghiaccio per secoli qualora le emissioni di gas serra continuassero ad aumentare.
Il livello medio globale del mare continuerà ad aumentare nel corso di questo secolo. Rispetto al periodo 1995-2014, l’aumento sarà probabilmente di 0,28-0,55 m. entro il 2100 negli scenari di emissioni dei gas serra molto basse (SSP 1-1,9) e 0,63-1,01 m. nello scenario di emissioni molto elevate (SSP 5-8,5). Entro il 2050 l’aumento è di 0,37-0,86 m. nello scenario molto basso e di 0,98-1,88 nello scenario molto elevato.
E qui il rapporto fornisce una indicazione molto realistica anche se espresso in forma dubitativa: un innalzamento intorno a 2 metri entro il 2100 e di 5 metri entro il 2150 in uno scenario di emissioni molto alto (SSP 5-8,5) non può essere escluso. E’ sulla base di questo tipo di dati che la prossima Conferenza delle Parti dovrà necessariamente prendere delle decisioni.
Nel lungo termine, il livello del mare è destinato ad aumentare per secoli/millenni a causa del continuo riscaldamento profondo degli oceani e dello scioglimento delle calotte glaciali e rimarrà elevato per migliaia di anni.
Nei prossimi 2000 anni il livello medio del mare potrebbe aumentare di circa 2-3 metri se il riscaldamento sarà limitato a 1,5° C e di 2-6 metri se sarà limitato a 2° C. Forse a qualcuno una data così lontana sembrerà molto poco importante, non bisogna però dimenticare che qui si parla di dati medi globali e quindi che situazioni territoriali diverse sono molto più minacciate e che già oggi alcune isole sono state sommerse.
Vediamo cosa gli scienziati prevedono nel futuro. Esiti del cambiameto climatico a bassa probabilità, come il collasso della calotta glaciale, bruschi cambiamenti nella circolazione oceanica, alcuni eventi estremi combinati tra loro e un riscaldamento notevolmente maggiore di quello stimato non possono essere esclusi ma dovrebbero far parte della valutazione del rischio.
Anche se è considerato poco probabile un riscaldamento molto elevato porterebbe a impatti potenzialmente molto significativi, come ondate di calore più intense e più frequenti, forti precipitazioni e rischi elevati per i sistemi umani ed ecologici.
Non possiamo dimenticare che i dati sui quali si è basato il Rapporto arrivano fino al gennaio 2021, mentre l’estate scorsa ha visto realizzarsi proprio alcuni di eventi ritenuti “poco probabili”. Ovviamente non possiamo dedurre che ciò che abbiamo vissuto si ripeterà nei prossimi anni, però non possiamo evitare di essere almeno preoccupati.
E il rapporto afferma che non si possono escludere cambiamenti improvvisi e superamento di punti critici del sistema climatico in risposta al riscaldamento climatico, ad esempio un forte aumento nello scioglimento della calotta antartica o l’accelerazione del deperimento delle foreste.
E’ invece considerato molto probabile che l’Atlantic Meridional Overturning Circulation (AMOC) si indebolisca nel corso del 21° secolo in tutti gli scenari di emissioni, ed è possibile un brusco collasso prima del 2100. Se tale collasso dovesse verificarsi, causerebbe bruschi cambiamenti nell’andamento degli eventi meteo e nel ciclo dell’acqua a livelloregionale.
Vengono poi evocati eventi naturali imprevedibili e rari, non collegati all’influenza umana sul clima, che possono portare a conseguenze a bassa probabilità ed alto impatto.
Per esempio una sequenza di grandi eruzioni vulcaniche esplosive nel giro di decenni si è verificato in passato, causando sostanziali perturbazioni del clima globale e regionale per diversi decenni. E poi segue una precisazione destinata a suscitare molte perplessità “tali eventi non possono essere esclusi in futuro, ma a causa della loro intrinseca imprevedibilità non sono inclusi nella serie illustrativa di scenari a cui si fa rimento nel rapporto”.
E quindi le valutazioni di rischio complessive sarebbero in qualche misura poco significative, poichè terremoti ed eruzioni vulcaniche si verificano continuamente con effetti anche molto gravi (vedi quanto è successo ad Haiti pochi mesi fa, ma gli esempi sono numerosi).
Come letture, suggeriamo:
Lauca Mercalli, Non c’è più tempo, come reagire agli allarmi ambientali, Serie Vivere Sostenibile del Corriere della Sera, Media Group, Milano, 2020
Aurélien Barrau, Ora, la più grande sfida della storia dell’umanità, ADD Editore, Torino, 2020
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