
A “Otto e mezzo”, la trasmissione condotta da Lilli Gruber, si riunisce un gruppo di autorevoli pedagogisti (la preside della scuola di Bari Tina Gesmundo, Anna Foa, Pino Corrias, Beppe Severgnini e Tarantino della Fondazione Feltrinelli) a parlare del caso della preside della scuola di Bari che ha accusato i genitori di non occuparsi dei figli se non per trasmettergli il mito del successo e del denaro. Di seguito Corrias dice che è l’egemonia della destra a produrre tutto ciò. Severgnini incespica sulle parole ma viene fuori che le famiglie invadono la vita dei figli e li iperproteggono. Poi salta fuori che i genitori sono disposti a proteggere i figli anche quando bullizzano o martirizzano qualche compagno. Severgnini propone il 7 in condotta. Gesmundo dice che lo usa ma non basta. Foa accusa la scuola di non trasmettere più la cultura e Tarantino rincara: occorre rimettere la cultura al centro e fare la scuola innovativa, che non si capisce però quale sia (a proposito, il papa sabato 23 novembre racconta un episodio della sua infanzia in cui aveva detto una parolaccia alla maestra e i suoi genitori prima gli impongono di scusarsi poi a casa lo riempiono di botte, lui è compiaciuto che ai suoi tempi tra scuola e famiglia ci fosse pieno accordo).
È bello vedere che il dibattito sulla scuola ai nostri tempi ha questa qualità nelle trasmissioni popolari…
Intanto non c’entra niente la cultura di destra, o meglio, la cultura di destra, quella del neoliberismo scatenato, del successo, della competitività e dell’individuo l’hanno sottoscritta tutti, senza esclusione, dalla sinistra alla destra per anni e anni. E questo è il risultato. Specie a scuola e all’università. I genitori semplicemente non sono più disposti a prendere i figli a calci in culo come vorrebbero severgnini e il papa. E se è vero che alcune categorie di essi iperproteggono i figli c’è anche da dire che da certi insegnanti li iperproteggerei anch’io e che il punto semmai è rendere possibile ai figli di ritornare ad avere una vita ricca di scoperte, di avventura (anche culturale) e di apprendimenti sociali in un contesto che non sia quello reclusorio e sanzionatorio della scuola.
La cultura si tratterebbe di capire cosa sia, specie oggi, visto che poi tutti si inchinano all’ingresso in massa delle tecnologie digitali. La cultura è nel mondo, non solo e non necessariamente nei libri. Ma qua si vuole risollevare le sorti della cultura “monumentale” e “antiquaria” per dirla con Nietzsche, in un tempo in cui anzitutto occorrerebbe vedere quella cultura, almeno quella buona, incarnarsi in qualche fatto concreto e non restare un feticcio buono solo per martirizzare gli allievi di scuola.
Il mito del successo e del denaro (che data almeno da un centinaio d’anni) gronda da ogni parte, è una pioggia incessante che impazza da ogni immagine ma soprattutto da ogni esempio di un’umanità arrivata alla canna del gas e che non ha più uno straccio di vita decente (impegnata solo a riempirsi l’agenda di ogni fare senza ragione che non sia appunto quello della visibilità e del denaro) da presentare ai propri figli. Noi tuttavia risolveremo tutto con un po’ di 7 in condotta, con i rinnovati calci in culo e con una buona dose di giaculatorie contro le famiglie le quali non sono mai state tanto confuse e disorientate come oggi. Alla pari egli insegnanti, che cercano di difendere la scuola un po’ come si difendeva Fort Apache e senza rendersi conto che la scuola (anche quella austera che piaceva a tutti i gesuiti superstiti che ogni tanto vanno a pontificare e straparlare in tv) è finita da un pezzo e che l’unica scuola rimasta è quella della rete cui ci si può opporre o almeno cercare di praticare un qualche tipo di elaborazione solo restituendo esperienze di qualità ai ragazzi e ai bambini, nel mondo, imparando a fare i conti con un’epoca feroce guardando in faccia e analizzando a fondo quello che accade ogni giorno nelle nostre strade, nelle nostre aziende e in quel grande supermarket che è diventata ogni frangia della nostra vita.
Paolo Mottana è tra i promotori dell’Associazione “La città educante e l’educazione diffusa”
Ma sempre il papa dovete citare!! Non ce la fate proprio!
Soprassediamo sul livello delle nostre trasmissioni televisive e degli ospiti “tuttologi” e diciamo chiaramente, ma senza la pretesa di enunciare verità, che le scuole oggi (ma forse anche ieri) sono istituzioni complesse dove si tenta di coniugare saperi ed educazione. Con magri risultati, considerando che il dibattito spesso si esaurisce all’interno del ” cortile” scolastico senza efficaci, costanti contaminazioni con la “vita” che scorre fuori. Un “bagno di realtà”, con le sue contraddizioni, ovviamente filtrato dalla sensibilità educativa degli operatori scolastici è un obiettivo da perseguire, consapevoli che gli obiettivi spesso possono non avere livelli sicuri di successo.
Per evitare di essere frainteso, rilancio per esplicitare la seguente riflessione:
*o le scuole non riescono ad intercettare le problematiche sempre più complesse che la società di oggi pone;
*oppure, soddisfatte del loro modello autoreferenziale, credono di risolvere le difficoltà con i tradizionali metodi “scolastici” (vedi la battuta “storica” del Papa), cucinati all’interno delle mura istituzionali.
Ovviamente occorre sfuggire dalle facili generalizzazioni e riconoscere che molte scuole tentano il possibile e l’impossibile. Ma hanno intrapreso il percorso più idoneo, dopo essersi interrogate a lungo su eventuali “fallimenti”?
“Fai scuola non per fare un dono, ma come un debito da pagare e un dono da ricevere”. Lorenzo Milani
La scuola oggi , specchio della societa della mercificazione in cui viviamo, ha sempre avuto come obiettivo quello di far adattare un ragazzo alla societa capitalista, uccidendo in lui qualsiasi senso critico.
Come gia diceva Illich, la scuola è quella agenzia pubblicitaria che deve farti credere di avere bisogno della società cosi com’è.