Cosa significa in questo tempo di catastrofi sociali e ambientali fare politica? Di certo abbiamo bisogno di riconoscere le molte forme del potere, da quelle imposte dall’economia di mercato a quelle esercitate in azioni solidali. Abbiamo bisogno di recuperare e reinventare le esperienze di chi, come le comunità del Chiapas e i popoli curdi, hanno dato un significato nuovo alla parola autogestione, perché il mondo non si cambia in profondità dai governi. Ma possiamo cercare risposte a quella domanda, scrive Gian Andrea Franchi, anche nell’incontro con il corpo dei migranti e dalla loro libertà di movimento: scopriremmo così il bisogno prima di tutto di imparare ad accettare l’incertezza e il vuoto, il bisogno di mettersi in discussione ogni giorno continuando ad agire e l’antica capacità di accettare la visione dell’esistenza come resistenza
Nel testo pubblicato su Comune intitolato La politica come possibilità di fare esperienza, avevo considerato l’immaginazione come il cuore di questa essenziale possibilità. Tuttavia, quel complesso emotivo-rappresentativo che chiamiamo “immaginazione” comporta il rischio che Simone Weil indica nei suoi Cahiers con la nozione di “imagination combleuse”: l’immaginazione colma il vuoto con raffigurazioni che servono soltanto a calmare l’angoscia. Simone Weil ritiene di poter sfuggire a questo rischio mediante l’assoluta trascendenza della “grazia”:
Il pensiero della morte esige un contrappeso, e questo contrappeso – a parte la grazia – non può essere che una menzogna (Simone Weil, Quaderni, II, Adelphi, p. 59).
Per chi non può accogliere questa impostazione, considerando anch’essa frutto di un’imagination combleuse spinta al limite, non rimane che l’accettazione del rischio nella continua ricerca del senso della propria esistenza nel contesto dell’esistenza degli altri: è quello che possiamo chiamare politica.
Da questo rischio si può tentare di sfuggire – mai del tutto – partendo dai bisogni vitali del corpo. Nel mio caso (analogo a quello di tante e tanti altri), l’incontro con corpi migranti. Più precisamente: corpi di profughi. L’incontro politico col corpo può riguardare, ovviamente, molte altre situazioni: è nella storia delle rivolte popolari, della lotta di classe, partire dai bisogni vitali del subalterno, dell’oppresso, dello sfruttato. Insiste, però, inesauribile, la domanda: come possiamo distinguere un’immaginazione politica costruttiva o creativa dall’imagination combleuse?
L’azione politica
L’attività politica, a differenza dell’attività umanitaria che si limita ad alleviare la sofferenza e quindi a renderla sopportabile, deve inserire l’inevitabile, umanissima, ricerca di senso nel contesto dinamico di una situazione concreta – quella nella quale ci si trova a vivere e quindi ad agire –, dotata però di conseguenze potenzialmente valide per tutti, non solo per i soggetti di un’area particolare di sofferenza: è questo che distingue l’azione politica come tale.
Le trasformazioni sociali, nate con un’intenzione liberatoria e costruttiva di forme di vita migliori, quando avvengono, possono produrre effetti che durano per un periodo o una fase storica, più o meno lunga; possono essere aleatorie o anche contraddittorie: l’effetto futuro di azioni ha sempre un amplissimo margine d’imprevedibilità.
Il dominio sugli altri
La previsione di effetti futuri si è rivelata spesso puramente immaginaria, nella valenza combleuse della parola. Prevale allora in chi opera il bisogno soggettivo di senso, (quale dato antropologico) che può sposarsi perfettamente con il potere. Avere potere su altri, infatti, è un modo fondamentale per dare valore alla propria esistenza. Qui si apre una questione essenziale: l’importanza della relazione di potere a livello storico-politico, ma anche a livello di relazione personali.
Una delle ragioni fondamentali per cui la relazione di potere è capillarmente diffusa e così desiderabile sta proprio nel fatto che esercitare potere su altri esseri umani dà senso. Ne è anzi il modo più diffuso.
Nascita e morte
La vita, che nella nostra cultura occidentale ci rappresentiamo con le pratiche e il linguaggio delle discipline biologiche, mostra due aspetti essenziali che si richiamano fra loro: la nascita e la morte.
Il concetto di “nascita”, nel significato di apparizione al mondo di una nuova forma di vita, si può estendere anche al rapporto con l’altro: ogni incontro, ogni relazione può diventare una piccola rinascita. D’altro canto, ogni rapporto all’altro può ridursi a rapporto di potere, ma nel fondo di ogni rapporto di potere brilla la luce nera della possibilità di uccidere l’altro, nel senso di dominarlo, controllarlo. Nei rapporti “normali”, quotidiani, anche e soprattutto a livello psicologico, ciò avviene in innumerevoli modi, semplicemente superandolo in qualcosa, umiliandolo, mostrando una qualche superiorità. Ogni rapporto da superiore a inferiore, in qualsiasi situazione, implica un rimando, per quanto indiretto e sommesso, alla mortalità: una messa in discussione della capacità di esistere. Sulla relazione di potere, di comando, di dominio, per quanto minimo, aleggia sempre il soffio di una piccola morte: ogni subalternità è una piccola morte.
La vita ha dunque, ontologicamente, queste due fondamentali possibilità di relazione che a livello umano si complicano portando alle complesse formazioni storiche. Prima di tutto: perché la vita, soprattutto la vita umana, prosegua, ci vuole un minimo di accudimento per chi nasce, un minimo di amore. La famiglia patriarcale è stata l’ambito in cui il potere ha cercato di governare il quantum d’amore necessario per raggiungere un minimo di energia vitale. La storia umana è stata dominata dal tentativo di trovare questo minimo di equilibrio fra il quantum d’amore necessario per non produrre esseri umani mostruosi o folli o incapaci di sopravvivere e i sistemi di potere: dalla famiglia allo Stato.
L’economia di mercato
Ai nostri tempi, sembra che questo fragilissimo equilibrio stia cedendo a livello complessivo, sotto i colpi di una civiltà nata in Europa e divenuta mondiale, in una fase in cui i rapporti di potere nella forma chiamata “economia di mercato”, hanno bucato il livello della storia umana, coinvolgendo e mettendo in pericolo il delicato tessuto della vita intera. Per dirla in maniera sintetica, sembra che l’equilibrio complessivo tra vita e morte si stia alterando. L’economia di mercato parte dai bisogni primari della vita, cui la parola allude, ma li amplia a dismisura, costruendo su di essi un universo di potere, facendo dell’essere umano, o più precisamente di una parte di umani, dei predatori dall’appetito illimitato, che stanno divorando l’insieme della vita.
Ritornando alla problematica dell’immaginazione, è impossibile uscire da una situazione di incertezza e imprevedibilità, più o meno forte a seconda delle situazioni, legata ai limiti intrinseci della condizione umana. È il rischio della qualità trasformativa dell’impegno politico, che va sempre oltre e a latere rispetto all’immaginabile, al prevedibile e al progettabile. A certe dimensioni, può avere anche effetti catastrofici, individuali e collettivi, molto diversi e persino opposti a quelli previsti.
Nell’ambito dell’esperienza di chi scrive, quello che possiamo fare, tuttavia, per non cadere pienamente nella soggettività della ricerca di senso, è praticare il difficile equilibrio nella dinamica fra sé e gli altri, fra il proprio impegno e la situazione, sempre complessa e mai completamente rappresentabile. Cercare quindi un equilibrio nel rapporto fra la propria singolarità, gli altri e il contesto della situazione in cui ci si trova ad agire – nella consapevolezza che non potrà essere mai risolto -, è compito essenziale di chi si impegna politicamente.
Accettare l’incertezza, mettersi in discussione
Dobbiamo essere consapevoli, però, che, su questo aspetto fondamentale, dalla tradizione “rivoluzionaria” abbiamo ricevuto assai più problemi che soluzioni. Bisogna tenersi sempre stretti alla consapevolezza che le situazioni in cui ci troviamo a operare non sono mai del tutto oggettivabili in rappresentazioni. Spesso l’urgenza di sicurezza rappresentativa chiude l’insieme della situazione e l’aspettativa del futuro in rappresentazioni, individuali e collettive che nascono dalla proiezione del passato sul futuro proprio per l’urgenza e l’ansia di superare il passato. Chi ha vissuto esistenzialmente e politicamente il decennio 1965-’75 lo sa (o dovrebbe saperlo). Agire politicamente, in termini alternativi all’invasiva cultura dominante, al capitalismo, significa tradizionalmente capacità di costruire un progetto alternativo per modificare lo stato di cose presente. È necessario constatare, però, che tutti i progetti di cambiamento radicale, “rivoluzionario”, sono falliti nel lungo termine, anche quando parevano vincitori nel breve, perché non erano sufficientemente radicali: non avevano gli strumenti culturali per affrontare creativamente l’ignoto.
Così è accaduto, esemplarmente, con l’impostazione lenininista: in quanto alternativa reale al capitalismo, si è suicidata a Kronstadt. Questi progetti, infatti, erano ancora legati a schemi di quel passato da cui si voleva uscire, come il dispositivo statuale, modello implicito ed esplicito del concetto di partito.
Questo punto apre una questione, che possiamo chiamare ontologica: noi operiamo sempre con rappresentazioni che ci vengono dal passato. C’è una sorta di dialettica fra il pieno del passato e il vuoto del futuro che destabilizza il presente, in cui il passato tende a mangiarsi il futuro. La mancanza di rappresentazioni, infatti – il vuoto -, terrorizza. Bisogna, invece, imparare ad accettare l’incertezza, il vuoto, il dubbio… Oggi, quando ci affacciamo tutti su un futuro imprevedibile, questo atteggiamento è assolutamente necessario: una forte capacità esistenzial-intellettuale di mettersi in discussione, continuando ad agire. Non trovo nulla di meglio per esprimerlo in sintesi che l’ossimoro michelstaedteriano “disperata speranza”.
Autogestione
Per quel che riguarda una questione fondamentale, dovremmo aver imparato che con il potere non si supera la dimensione del potere: si sostituisce un potere con un altro.
Dovremmo aver imparato che, anche se ci sono differenze fra poteri – ci sono certamente poteri peggiori e poteri meno peggiori -, tutti i poteri sono simili nel fondamentale: c’è chi comanda e chi deve obbedire. Il potere è strutturalmente non emancipatorio. Non è certo una novità. Lo dicono da oltre due secoli gli anarchici. Costruttivamente, però, su come organizzare una società senza potere, sull’autogestione di vasti insiemi sociali, tutti ne sappiamo pochissimo – quasi nulla. Il nostro passato è su questo molto avaro di insegnamenti. Forse, ne sanno di più popolazioni o gruppi sociali che conservano la memoria di culture altre rispetto a quella di matrice europea.
Il messaggio più vivo, più aperto dal nostro passato – per quel che mi riguarda – viene da figure come quella di Rosa Luxemburg: di coloro che, senza cessar di lottare fino in fondo, hanno avanzato dubbi e cercato di capire piuttosto che fissarsi in una rigida convinzione da imporre con ogni mezzo. Anche una convinzione politica teoricamente valida – poniamo il collettivismo in agricoltura -, se imposta con la forza di uno Stato, diventa altro, diventa la coazione di un potere e perde ogni senso emancipatorio.
Oggi, siamo in una situazione che dobbiamo definire tragica per la mancanza di alternative in atto, o anche concretamente immaginabili, all’orrore esistente, accettato, o quasi, come normalità. L’orrore più grande è proprio quello che diventa normale. Questa situazione dipende dalla metamorfosi cancerogena di quella forma di dominio storico detta capitalismo dentro altre storie, finora ignorate dalla storia umana, ma che ne sono la base: la storia della vita e la storia della terra. Ciò ha cambiato tutti i presupposti del pensiero dell’azione politica. È necessario essere consapevoli dell’impossibilità storica di costruire un progetto sufficientemente articolato all’altezza della situazione in cui stiamo scivolando con l’inesorabilità dello scioglimento dei ghiacciai.
In un impegno concretamente situato, ritengo che dobbiamo trattenere della tradizione “rivoluzionaria” – per la pars destruens: l’indispensabile analisi critica marxiana del Capitale con tutti gli arricchimenti successivi, fra cui la luxemburghiana analisi de L’accumulazione del capitale, che rende conto della spinta alla rottura di ogni limite.
Per la pars construens: l’esigenza, confortata da pratiche sparse, di come dovrebbero essere i rapporti collettivi, tenendo conto del rapporto intrinseco fra singolo e collettivo, per cui l’uno non si dà senza l’altro e viceversa – contrariamente all’individualismo neoliberista di mercato, oggi dominante. Questo, però, è proprio quell’aspetto essenziale su cui la tradizione comunista e anche anarchica non sono riuscite a far luce in termini di progettualità e di costruzione concreta. Il punto cieco è stato il rapporto dinamico singolarità/collettività, manifesto con temporalità diverse, che non può essere rimandato ad un futuro indeterminato. Questo, a mio parere, il problema di fondo che la tradizione rivoluzionaria non ha voluto-potuto affrontare, cui è anche legata anche l’imposizione dei valori rivoluzionari tramite la costruzione di sistemi di potere.
Le comunità del Chiapas e i popoli curdi
Per quel che riguarda l’oggi, pur considerando anche i semi di contestazione e lotta in Occidente nelle esperienze degli ultimi decenni, forse bisogna guardare a situazioni storiche e sociali diverse da quelle della tradizione occidentale, come alcune situazioni sudamericane, fra cui quella del Chiapas. Voglio ricordare inoltre le difficilissime resistenze e forme di autogestione dei popoli curdi.
Nel caos regolato dei nostri tempi, di fronte all’aprirsi di un futuro che si presenta come un probabilissimo insieme di catastrofi, è necessario partire umilmente dall’humus concreto dell’esperienza: una situazione concreta che abbia insieme una valenza generale, avendo l’animo di affrontare un’oscurità situazionale, di navigare in un mare in cui non si intravvede ancora una terra, utilizzando con capacità critica gli strumenti culturali che pur abbiamo. Bisogna imparare a camminare nel buio, senza proiettare fantasmi sui muri del tunnel…
Partire dai corpi dei migranti
Per quel che riguarda la mia esperienza, questo modo consiste nel partire dai corpi dei migranti-profughi del confine orientale, in quello che è diventato il minuscolo tentativo chiamato Linea d’Ombra, nella convinzione che i migranti siano i portatori di un futuro irrappresentabile, ma di cui saranno i principali protagonisti quando vastissime parti della terra diventeranno invivibili (l’associazione Linea d’Ombra da alcuni anni ogni giorno, in piazza della Libertà, a Trieste, incontra i migranti della rotta balcanica, ndr). Nel loro game i migranti sono portatori di un diritto di libero movimento inaccettabile dagli Stati e di una critica pratica del confine, ma anche di un modo di vivere che, nell’incombenza di un tempo di catastrofi, si chiude nell’ossessione della sicurezza e di una normalità profondamente impregnata di razzismo.
Dobbiamo assumere una condizione storica indicata in maniera esemplare in un messaggio apparso qualche anno fa, sui muri calcinati di At-Tuwani (ma chissà in quante altre città e lingue), un minuscolo paese nella Palestina occupata dall’esercito e dai coloni dello Stato di Israele (la cui esistenza indica la tragica incapacità culturale di affrontare uno dei più gravi drammi storici del Novecento, ma anche una radice antica nel cuore dell’Europa). Un messaggio che chiama a una visione dell’esistenza come resistenza, meglio come re-esistenza. Sui muri di At-Tuwani si legge:
Esistere è resistere, resistere è esistere.
Gian Andrea Franchi, già professore di filosofia nei licei. Tra i suoi libri Una disperata speranza. Profilo biografico di Carlo Michelstaedter (Mimesis). È tra i promotori dell’associazione Linea d’Ombra di Trieste. Nell’archivio di Comune i suoi articoli sono leggibili qui.
Con Lorena Fornasir ha aderito alla campagna Dieci anni e più:
Cari amici e compagni di Comune vi invio, insieme a Lorena, un ringraziamento per la vostra esistenza, di una testata cioè che unisce informazione e riflessione. Di quest’ultima in particolare c’è tanto bisogno. Grazie!
Le Maleteste dice
Condivisibile in toto. https://laboratorivisionari.wixsite.com/lemaleteste/news/per-una-carta-popolare-dei-diritti-umani-e-del-pianeta
stella gaetano dice
“IL MONDO NON SI CAMBIA DALL’ALTO…NON SI CAMBIA CON I GOVERNI” ma i governi, mi viene da dire, cambiano peggiorano il mondo che vive già LA CATASTROFE…per es. è in atto IL GOLPE D’ESTATE…FERMIAMOLI!-
E’ L’ANNO PIU’ CALDO DI SEMPRE…E IL “PIU’ FRESCO DI QUELLI CHE VERRANNO” (Aggiunge TOZZI!) – E’ L’APOCALISSE IN ATTO
NE’ CON PIDDUISTI E FASCIOLEGHISTI NE’ CON I DRAGO LIBERISTI GUERRISTI; O TERZO POLO O ASTENSIONE DI MASSA- Campagna elettorale 2
In 10 o 15 , devastatori e predatori dell’ITALIA da diecine di anni, stanno decidendo-architettando come continuare. IL REGIME MEDIALE unificato , spartito tra B. i BOSS politicanti e i giornali padronali ma unito sull’essenziale, tiene bordone.- La campagna elettorale e’ TRUCCATA A PRIORI . LE ARMATE SONO GIA’ SCHIERATE-. IL POPOLO , quello che può ancora permetterselo, è al mare. Ed è escluso distante e sa di non contare niente. Il 50% non vota già , ma lorsignori se ne “fottono”.Anzi è meglio così. Basterà che votino i “clienti” o /e gli intruppati. Intanto si torna ai 40 gradi e più. IL PO è sempre in secca, come gli altri fiumi e i laghi. Il Mediterraneo “riscaldato” è anche a 30-32 gradi. Quindi, tutto peggiorerà. E quelli ancora sani di mente lo sanno già. MA NON LO SA L’AUTORITA’ (??) . Che niente ha fatto e niente farà. E’ andata a cercare GAS da nuovi “dittatori”e ora canta l’autonomia energetica “conquistata”. CON I FOSSILI RILANCIATI. La demenza CRIMINALE è AL POTERE.GLI SCIENZIATI E RICERCATORI che invitano a mettere al centro LA CRISI CLIMATICA non vengono né considerati né pubblicati. Mentre gli INTELLETTUALI SENZA POPOLO E DA TASTIERA si affannano e invocano IL RINSAVIMENTO di un “mazziere”, che non si capisce a quale titolo dispone e decide alleanze posti ecc. , facendo dei SONDAGGI (orientati e orientanti…) il sostituto oggettivo della REALTA’. IL PD , cari tutti, NON E’ MAI STATO DI “SINISTRA”. Se per “sinistra” si intende giustizia ecologica e sociale no alla GUERRA difesa della COSTITUZIONE ed essere dalla parte degli sfruttati… QUANDO SUL BRITANNIA FU DECISA LA PRIVATIZZAZIONE DEL PAESE DRAGHI ERA IL RELATORE-IDEATORE , MA C’ERANO ANCHE PRODI AMATO D’ALEMA. E il paese è stato “svenduto”, da tutti i governi, ai padroni per TRE LIRE. La legge sul conflitto di interessi e le TV non è stata mai fatta. E B. l’hanno combattuto i movimenti. E proprio mentre è acclarato che la P2 era dietro LA STRAGE DI BOLOGNA (e non solo!) tutti dimenticano che B. era membro della P2 con la tessera 1816. Che ha fondato F.I. con DELL’UTRI MAFIOSO. Che è stato il referente della trattativa STATO-MAFIA. Che ha pagato CRAXi che con AMATO che era il braccio destr, ha ( hanno) preso i soldi. E hanno abrogato la SCALA MOBILE . LA GUERRA “GIUSTA” L’HA FATTA D’ALEMA. Violando la Costituzione. L’art. 18 l’ha fatto fuori RENZI. Da MONTI a DRAGHI è la traiettoria e il PD di LETTA (621000 euro l’anno! E difende la “sua” classe!) che ha firmato 27 accordi con PUTIN e si è steso da GUERRAFONDAIO su NATO e DRAGHISMO-LIBERISMO dopo IL MONTISMO …IL PD è un partito di DESTRA e REAZIONARIO. Le elezioni si possono vincere solo CON UN TERZO POLO CHIARAMENTE ALTERNATIVO A PIDUISTI E FASCIO-LEGHISTI E AI DRAGHISTI-LIBERISTI LETTA-CALENDA-DI MAIO- RENZI- BRUNETTA-GELMINI-CARFAGNA ecc.ecc.. Perché questi signori, insieme, sono IL PARTITO LIBERISTA , il partito degli sfruttatori dei padroni dei ricchi dei fossili dei devastatori DELLA GUERRA della NATO dell’aumento delle spese militari…del loro arricchimento…LA REALTA’ E’ UN’ALTRA COSA, cari tutti, è il 50% che non vota più, sono i 13 milioni tra poveri assoluti e relativi, sono il 12% dei PENSIONATI A 500 euro e il 32% a 1000, sono i lavoratori con il salario fermo e diminuito del 2,9% in TRENTA ANNI…è lo schiavismo delle campagne…è IL PO e i fiumi e i laghi in secca, è LA PIANURA PADANA SUPER-INQUINATA, LA MARMOLADA e i ghiacciai che si sciolgono come mai ,è LA SICCITA’ e i 40 gradi che uccidono i vecchi i deboli (ma si nasconde e non si dice) la biodiversità e il futuro delle nuove generazioni… I 5 stelle alle elezioni (che hanno fallito e tradito le speranze del 32%) da soli favoriscono il gioco di lorsignori tutti. Avranno una rappresentanza minima e saranno fuori dal gioco politico. Sinistra italiana e Bonelli per uno strapuntino vendono l’anima? Ma ce l’hanno mai avuta?. NON RAPPRESENTANO L’ECO-PACIFISMO neanche lontanamente. E cosa c’entrano con gassificatori termovalorizzatori trivelle armi e guerra? E con Brunetta Gelmini ecc. ecc. ?Chi li voterà? STATE (stanno) SUICIDANDO L’ITALIA …. Cari tutti, forse siete ancora in tempo a smettere. E a mettervi a disposizione di movimenti e opposizione sociale. Invito tutti i movimenti e la società civile a RIBELLARSI ALLO SCEMPIO IN ATTO. Stanno completando IL GOLPE. Tutti questi signori NON CI RAPPRESENTANO. Rappresentano solo se stessi. Hanno governato (?) insieme. E CARO AZZARITI (il manifesto!) la Costituzione non è stata mai attuata ed è già di fatto “abrogata”. DI FATTO.IL DRAGHISMO ha concluso il viaggio del BRITANNIA. Ma chi l’ha attaccata è proprio il PD . CHE E’ L’ASSE PORTANTE DEL SISTEMA. Difenderla assieme a loro fa ridere. IL LIBERISMO E’ IL NUOVO FASCISMO. Tra l’altro, FORZA NUOVA NON E’ STATA “SCIOLTA”da D. e dai “migliori. Solo un grande movimento di ribellione e rivolta dal basso può salvarci. Cominciando col fermare IL GOLPE D’ESTATE.
Gaetano Stella –blogger – Lago di Chiusi 05-08-22
PASSAPAROLA !- blog.gaetanostella.it
Ferrante Elio dice
… sono frastornato. ho l’impressione che si stia intellettualizzando troppo.
e temo che ciò aumenterà la percentuale di non votanti. condivido tutto o quasi. cito il p 4 della Laudato sii: la crescita economica più prodigiosa, le prodezze tecniche più strabilianti, se non sono congiunte ad un autentico progresso sociale e morale , si rivolgono, in definitiva, contro l’uomo. con la speranza -presunzione di dare un piccolo contributo