Nel tempo delle passioni tristi, tanti e tante hanno trovato il tempo per discutere e scambiare esperienze a proposito di nonviolenza e servizio civile. Tra loro molti ragazzi e ragazze. Il Festival nazionale del Servizio Civile “50 anni di Obiezione per la Pace”, promosso a Roma, ha posto domande fondamentali, ha ricordato che esistono alternative al dominio della cultura militare, ha individuato diversi sentieri sui quali sarà importante non smettere di camminare insieme

Due giorni di festa che hanno avuto il loro culmine in alcune importanti richieste politiche, nel senso più alto e nobile del termine: rendere davvero universale il Servizio Civile, realizzando quell’aggettivo che da cinque anni lo definisce con una programmazione stabile di finanziamento per permettere a tutti coloro che vogliono farlo di vivere questa esperienza; affidare il Servizio Civile a un Dipartimento per la Difesa Civile e Nonviolenta, come luogo in cui viene pensato e amministrato insieme alle altre istituzioni che promuovono una difesa non armata (dai Vigili del Fuoco alla Protezione Civile), oltre dunque lo stretto ambito delle politiche giovanili; valorizzare l’esperienza del Servizio Civile che guarda oltre i confini, definendo uno status specifico per i volontari all’estero, stabilizzando lo strumento dei Corpi Civili di Pace. Lo hanno ribadito Laura Milani e Rossano Salvatore, tra gli altri, a nome della CNESC (Conferenza Nazionale Enti Servizio Civile, sigla che raccoglie ventinove enti di Servizio Civile Universale), a conclusione del Festival nazionale del Servizio Civile “50 anni di Obiezione per la Pace” che si è svolto venerdì 9 e sabato 10 settembre ai Giardini Verano di Roma.
Due giornate che hanno saputo scongiurare il rischio della “festa del reduce” e valorizzare invece una storia densa, profonda e ricca di senso come quella del Servizio Civile in Italia che quest’anno celebra i cinquant’anni anni dalla prima legge che, riconoscendo il diritto all’obiezione di coscienza al servizio militare, lo istituì nel 1972.


Un’ampia platea di dibattiti ha sviluppato i tanti temi in cui si traduce oggi la scelta nonviolenta che proponiamo ai nostri giovani: la crisi climatica, la partecipazione giovanile, la comunicazione in grado di raccontare i temi della pace, la guerra e lo sfruttamento delle risorse umane e ambientale, la politica come impegno e costruire una società più giusta per tutti. Questi e altri temi sono stati attualizzati poi negli otto stand che i diversi Enti hanno condiviso, incontrando e testimoniando la propria esperienza ai tanti giovani che hanno partecipato.


Il festival ha incluso anche una mattinata dedicata a chi il servizio civile lo sta vivendo in questo momento e si è trovato a Roma per raccontarsi e conoscersi: laboratori esperienziali, dinamiche di gruppo, narrazioni di esperienze, per scoprire o riscoprire la ricchezza di una istituzione con infinite sfaccettature. Incontri non tutti uguali, ma tutti diversamente compartecipi di un sogno da costruire insieme giorno per giorno: quello di una società solidale, accogliente, che sappia seminare speranza e guardare avanti. In una parola, nonviolenta.
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