Per una volta, quando parliamo di lotte dei popoli indigeni e di recupero della terra, non siamo nel Sud del mondo. La lotta dei Sámi va collocata nella regione centrale della Norvegia, minacciata dalla decisione, presa alcuni anni fa, di collocarvi un enorme complesso di parchi eolici: la cosiddetta transizione ecologica a spese dei diritti degli indigeni. Malgrado i pronunciamenti della Corte Suprema finlandese (2021) e dell’Onu, le oltre 150 turbine hanno continuato a funzionare fino all’ennesima protesta dei giorni scorsi sostenuta, tra gli altri, anche da un nutrito gruppo di artisti e da Greta Tunberg. Poi, finalmente, sono arrivate le scuse pubbliche del governo di Oslo a cui, si spera, seguano questa volta i fatti
Mentre nell’immaginario collettivo i paesi nordici rimandano ad idee progressiste, politically correct, il simbolo della efficienza ambientalista e del rispetto dei diritti civili, una società che funziona ( pur avendo altissimi tassi di suicidio ) comparata ad altre (basti ricordare il caso della famiglia Finlandese scandalizzata dalla scuola italiana) la realtà non sembra corrispondere a tale immaginario.
Fosen Vind, è un complesso di sei parchi eolici onshore a Fosen, nella Norvegia centrale; Roan wind farm è stato il primo ad essere completato. Cinque giorni dopo la sua apertura, il 20 agosto 2016, duecento persone si radunarono nel cantiere per protestare contro il progetto. Norges NaturnForbund, una delle più grandi organizzazioni ambientali norvegesi con circa 24.000 membri, si era unita ai rappresentanti Sámi nel criticare la scelta del sito come un importante habitat di renne di grande importanza per i pastori del sud di Sápmi, le terre Sámi.
Nel 2021 la Corte Suprema della Norvegia aveva dichiarato che le turbine erette nei parchi eolici violavano i diritti dei Sámi ai sensi delle convenzioni internazionali. La sentenza ha inoltre riconosciuto che l’allevamento delle renne è un diritto culturale del popolo Sámi.
Dopo 500 giorni il parco continua a funzionare in un’area destinata non solo all’allevamento ma anche al parto delle renne, considerato nella cultura Sámi un momento particolarmente importante per l’intera comunità. Trattasi della violazione dei loro diritti, come sancito dalle Nazioni Unite, della loro pratica ancestrale di allevamento, come riconosciuto dalla sentenza, e di una comprensione della vita comunitaria.
In risposta a tale abuso, la scorsa settimana i manifestanti Sámi hanno bloccato l’ingresso al Ministero del petrolio e ad altri edifici governativi ad Oslo chiedendo la rimozione delle turbine e sostenendo che una transizione verso l’energia verde non può essere a spese dei diritti indigeni.
Tra i manifestanti l’artista e attivista Ella Marie Hætta Isaksen, la leader di NSR-Nuorat Elle Nystad, la leader di Nature and Youth Gina Gylver, e l’attivista ambientale Greta Thunberg. Dopo una settimana di proteste i manifestanti hanno ottenuto quello che volevano, almeno l’inizio di un processo che gli è dovuto da 17 mesi.
Le proteste hanno spinto infatti il ministro del petrolio ed energia, Terje Aasland, ad annullare una visita ufficiale in Gran Bretagna e a pubblicamente chiedere scusa, in nome del governo norvegese, ai rappresentanti indigeni Sámi per la costruzione di turbine eoliche in terre Sámi, definendo tale atto come una “violazione dei diritti umani”, e sollecitando la ricerca di una soluzione che consenta la coesistenza della produzione di energia nell’area nel rispetto della autodeterminazione Sámi sulle proprie terre.
I proprietari di Fosen Vind Farms, tra cui Norwegian Utilities Statkraft – responsabile dell’esecuzione del progetto -, TroendeRengi, Nordic Wind Power DA, un consorzio di partner di infrastruttura energetica, e la società elettrica svizzera BKW (BKWB.S) partner del progetto, hanno dichiarato di voler impegnarsi nel trovare una soluzione. Le dichiarazioni fanno seguito ad un incontro con il presidente del Parlamento consultivo Sámi della Norvegia, Silje Karine Muotka, che aveva richiesto pubbliche scuse da parte del governo.
I rappresentanti Sámi rivendicano che una transizione all’energia verde non puó avvenire a spese dei diritti indigeni e richiedono la rimozione di 151 turbine e dozzine di chilometri di strade costruite all’epoca della costruzione del complesso eolico.
Sostengono che la vista e il suono delle turbine eoliche spaventano gli animali che pascolano nelle vicinanze, e quindi mettono a repentaglio tradizioni secolari e che quella terra non può essere espropriata per tali progetti.
Nella petizione, parte della campagna di Amnesty International, Maja Kristine Jåma, rappresentanti Sámi a Fosen dichiara “La gente non capisce perché stiamo combattendo contro l’energia eolica, che dovrebbe essere così “verde”. Ma non riesco a vedere cosa ci sia di “verde” nel distruggere la natura e mettere da parte un popolo che usa la natura in modo sostenibile”.
Il caso della Corte Suprema – vinto dai Sámi – si è incentrato sui loro diritti culturali in base alle convenzioni internazionali. La sentenza non ha esplicitato il destino delle 151 turbine ma, secondo l’avvocato Knut Helge Hurum che rappresentava i pastori Sámi il verdetto significa che le 151 turbine eoliche sono illegali e pertanto devono essere smantellate.
La decisione della Corte, lo scorso anno, aveva sorpreso la Fosen Vind che aveva dichiarato che avrebbe atteso una risposta da parte del ministero dell’energia prima di fare ulteriori commenti. Resta ora da vedere cosa accadrà dopo che il ministro ha dato la sua pubblica risposta.
Mentre le immagini rimandano alle proteste dell’Alta Movement anche la Sámi Dáiddačehpiid Searvi – Associazione degli artisti Sámi, ha presentato una petizione in cui dichiara “Come artisti e operatori culturali, riteniamo grave che la Norvegia utilizzi l’arte Sami per promuovere gli interessi norvegesi in vari contesti, mentre la popolazione Sami non viene garantito il suo diritto all’autodeterminazione e i suoi diritti sono costantemente violati dal autorità”.
Gli artisti si uniscono al comitato giovanile del NSR-Nuorat, e a Natur og Ungdom (Nature and Youth) in solidarietà ai Sami di Fovsen/Fosen. L’Alta Protest Movement furono una serie di proteste in Norvegia tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 contro il dragaggio del fiume Alta-Kautokeino per la costruzione della idroelettrica più controversa nella storia del paese. Il conflitto, iniziato dalla comunità locale e associazione ambientaliste per la protezione delle scorte esclusive dei salmoni, si trasformò in una questione dei diritti delle popolazioni indigene, sia nazionali che globali.
L’azione ha catapultato le richieste di sovranità indigena in prima linea nella politica dell’epoca e si è trasformato in un movimento inaspettatamente ampio di solidarietà in cui gli artisti Sámi hanno svolto un ruolo centrale.
Giuliano Testa dice
Sono quelle cose che fanno bene all’anima e alla volontà di combattere per i diritti calpestati dei più poveri, dimenticati e emarginati