Se passa il Ttip. Negli Stati Uniti, circa il 75% degli animali cresciuti nei sistemi intensivi per la produzione di carne ricevono nella loro alimentazione ormoni della crescita e la metà altri promotori della crescita, come la ractopamina, il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti ha calcolato con questi vantaggi comparativi che le sue esportazioni verso l’Europa potrebbero raggiungere un 3.983% nel settore della carne di maiale, un 966% nella carne bovina, un 901% nel latte in polvere e un 988% nei formaggi. Oltre a dissolvere i sistemi di produzione nazionali, l’ingresso di questa carne di animali culturisti ci eguaglierà con l’altra riva in molte altre cose: saranno omogenee le diete, uguali le obesità e si livelleranno anche i rischi di intossicazione alimentare
di Gustavo Duch
Se tutto andrà come le grandi multinazionali vogliono – recenti ricerche mostrano che 147 gruppi controllano il 40% del sistema mondiale delle corporation – nel giro di un paio di anni, con ogni probabilità, ci ammaleremo come la cittadinanza degli Stati Uniti. O almeno, sarà così se si approva il Trattato Transatlantico per il Commercio e gli Investimenti tra gli Stati Uniti e l’Europa, il TTIP.
Come spiega un rapporto di Amigos de la Tierra, con il TTIP operativo, nel caso del bestiame e degli alimenti di origine animale, ci troveremo in una situazione paradossale. Laddove per i sistemi produttivi europei si continuerà a esigere la conformità alla normativa attualmente vigente in materia di igiene degli alimenti, si permetterà l’importazione dagli Stati Uniti di prodotti a base di carne al di sotto dei suoi standard di qualità. Che, anziché esistere per garantire la sicurezza alimentare e il benessere animale, spariscono per facilitare la produzione di quanta più carne e nel minor tempo possibile, come una catena fordista di montaggio di automobili.
Con questi vantaggi competitivi (negli Stati Uniti, approssimativamente il 75% degli animali cresciuti nei sistemi intensivi per la produzione di carne ricevono nella loro alimentazione ormoni della crescita e il 50% riceve altri promotori della crescita, come la ractopamina), il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti ha calcolato che le sue esportazioni verso l’Europa potrebbero raggiungere un 3.983% nel settore della carne di maiale, un 966% nella carne bovina, un 901% nel latte in polvere e un 988% nei formaggi.
Oltre a dissolvere i sistemi di produzione nazionali, l’ingresso di questa carne di animali culturisti ci eguaglierà con l’altra riva in molte altre cose: saranno omogenee le diete, saranno uguali le obesità e, come ho detto all’inizio, si livelleranno anche i rischi di intossicazione alimentare.
Il caso più illuminante, ma ci sono molti altri esempi, sono le infezioni da E. coli verocitossico, quella che cinque anni fa è stata attribuita ad alcuni cetrioli iberici, e che è responsabile di condizioni patologiche molto gravi, in alcuni casi mortali. Questo batterio ha principalmente sede, o serbatoio in termini scientifici, nel tratto intestinale dei ruminanti. Quando questi vengono allevati in convivenze ristrette e massificate, e quando dopo lunghi viaggi giungono nei mattatoi, sporchi dei loro stessi escrementi, le condizioni sono ottimali perché contaminino la carcassa degli animali in fase di lavorazione.
Se inoltre i macelli sono sempre di meno e più grandi, si trasformano in una eccellente e concentrata via d’uscita per la dispersione di questo patogeno in ciascun vassoio di carne macinata. I dati, ancora una volta, sono chiari. Mentre in Europa, nel 2014, sono stati confermati 5.955 casi di intossicazione da E. coli verocitossico, negli Stati Uniti la cifra è salita a 265.000.
Moriremo, sì, ma con l’insegna della cittadinanza globalizzata.
Questo articolo che compare su Comune-info con il consenso di Gustavo Duch è stato pubblicato su Palabre-ando con il titolo Los pepinos de Estados Unidos. Traduzione per Comune-info: Daniela Cavallo
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