Nessuna normativa e nessuna legge fisica impediscono ad Amazon, Google, Facebook/Whatsapp/Instagram, Apple, Samsung, Microsoft di assemblare i dati delle nostre preferenze musicali, dei libri che acquistiamo, delle immagini delle telecamere che ci ritraggono a spasso, del tipo di cibo che compriamo, della posizione Gps del nostro cellulare, dello smartwatch che misura i passi e i battiti del cuore, perfino delle emozioni che emergono da ciò che scriviamo, e di come quelle emozioni variano in rapporto a chi abbiamo incontrato, all’ora, al tempo trascorso dall’ultimo pasto, a quanto abbiamo camminato… Lasciamo da parte il “complottismo”, abbiamo almeno due domande. Come possiamo difenderci e farci mangiare vivi il meno possibile? Cosa possiamo fare per essere un po’ meno complici?
Tratta da unsplash.com
La nostra vita è sempre più virtualizzata. Anzi, la virtualizzazione è ormai una condizione indispensabile per sopravvivere. Non puoi riempire il modulo più semplice, senza dare almeno un indirizzo mail e il numero di un cellulare. La virtualizzazione assume innumerevoli forme diverse: dalla carta d’identità con il chip elettronico alle istruzioni al drone che porta esplosivi, al navigatore sull’auto… La cosa fondamentale è capire che queste virtualizzazioni apparentemente diverse, sono separate tra di loro soltanto da un sottile muro di password, o da leggi la cui applicazione è quasi impossibile controllare.
Non possiamo nemmeno contare sul muro della concorrenza, come quello che una volta separava la sfera statunitense da quella sovietica del mondo: Amazon, Google, Facebook/Whatsapp/Instagram, Apple, Samsung, Microsoft sono ciascuno un monopolio nel proprio campo, intimamente legato agli altri monopoli; e tutti sono legati a stati-nazione (Usa e secondariamente, Cina) con i propri interessi di dominio militare.
I dati possono scivolare da una categoria all’altra, per negligenza anche nostra, per hackeraggio, per modifica a qualche clausola contrattuale che comunque pochissimi leggono, o magari perché una ditta fallisce e i suoi creditori hanno diritto a spartirsi i capitali, tra cui giocano un ruolo decisivo proprio i dati.
Anzi, possono scivolare per legge:
“Il governo USA il 23 marzo 2018 ha emanato il “Cloud ACT” per il quale le autorità governative (ad esempio la NSA) possono accedere al Cloud (fisicamente i “server”) delle società statunitensi ed accedere ai dati da loro raccolti nei loro server anche se provenienti da paesi europei, cfr. qui“
Nessuna legge fisica impedisce di assemblare i dati delle mie preferenze musicali, dei libri che acquisto, delle immagini delle telecamere che mi ritraggono a spasso, del tipo di cibo che acquisto al supermercato, della posizione GPS del mio cellulare, dello smartwatch che misura i passi e i battiti del cuore, delle emozioni che emergono da ciò che scrivo, e di come quelle emozioni variano in rapporto a chi ho incontrato, all’ora, al tempo trascorso dall’ultimo pasto, a quanto ho camminato… Finché sono solo i dati miei, poco importa. Ciò che è in ballo è infinitamente più importante: se qualcuno mette insieme quei dati per centinaia di milioni di persone, riuscirà a prevederne e controllarne i comportamenti.
Un conto è sapere che Miguel Martinez ha due gatti e quindi mandargli la pubblicità di cibo per gatti, che probabilmente è ciò a cui pensiamo quando sentiamo parlare di privacy. Un altro è sapere che per motivi che nessuno capisce, uno studio svolto su mezzo miliardo di casi dimostra che avere un numero pari di gatti e un numero pari di lettere nel cognome comporta un alto rischio assicurativo. L’esempio è volutamente buffo, perché è esattamente il tipo di dato non intuitivo, da cui noi non ci possiamo difendere preventivamente, se non evitando di mettere il dato stesso nelle mani altrui.
Nessuna legge fisica impedisce poi la conservazione a tempo indeterminato di tutta questa mole di dati:
“In Usa nessun dato viene mai eliminato, per la semplice ragione che in Usa non esiste il diritto all’oblio. Ne consegue che quando noi cancelliamo qualsivoglia dato, o ad esempio ci cancelliamo da Google, Whatsapp o Facebook, questo non significa che i dati che abbiamo inserito vengano cancellati ma solo che non sono più resi “pubblici”.
E non sappiamo cosa si potrà fare tra vent’anni con dati che oggi ci appaiono innocui.
Permettetemi di giocare per una volta la Hitler Card, non solo perché voglio vincere facile, ma perché questa volta ha un preciso senso storico: dati insignificanti nel 1918 – la fattura per una circoncisione, l’acquisto di un libro di preghiere in ebraico – avrebbero potuto assumere un valore improvvisamente interessante nel 1938.
Ovviamente non è possibile alcuna resistenza vincente, ma cosa possiamo fare, individualmente, per farci mangiare vivi il meno possibile, e per essere il meno possibile complici? Cerchiamo di scambiarci piccoli consigli di sopravvivenza.
* Miguel Martínez è nato a Città del Messico, è cresciuto in giro per l’Europa e soprattutto in Italia, ed è laureato in lingue orientali (arabo e persiano). Di mestiere fa traduttore e trascorre molto tempo in un giardino comunitario di Firenze. Questo il suo mai banale blog.
Giustissimo e, in aggiunta, non si deve neanche pensare che la difesa (e l’attacco, il suo specchio) siano l’unico modo di rispondere. Si può evolvere, per esempio:
https://xdxd-vs-xdxd.medium.com/i-principi-del-nuovo-abitare-39aa6ba9c74b
e
https://xdxd-vs-xdxd.medium.com/the-illustrated-principles-of-nuovo-abitare-5f2e63bbb9fc
Inizio a esplorare questa cosa: https://www.humanetech.com/?fbclid=IwAR1sLfgkQm6hms8mcCYsNmAdVkThFHr9QsY0lcYw4XmPR1w3-8DO2KUg8BA
Iniziamo dalle cose più semplici, ad esempio usare il browser Firefox https://www.mozilla.org/it/firefox/new/ e poi passare a Linux https://www.linux.it/
…e per chi ha poca dimestichezza con il linguaggio telematico si può utilizzare semplificazione ?
“e per chi ha poca dimestichezza con il linguaggio telematico si può utilizzare semplificazione ?”
Esatto, è quello che si cerca di fare con questa serie: siamo persone “normali”, che vogliono fare una vita “normale”, ma non farci mangiare vivi.
A questo punto sono fondamentali i consigli di tutti.
Quando è possibile, fornire dati falsi.
Per un’approfondita e documentatissima analisi vi consiglio l’ormai famosissimo “Capitalismo della sorveglianza” di Soshana Zuboff
> Ovviamente non è possibile alcuna resistenza vincente,
> ma cosa possiamo fare, individualmente, per farci mangiare vivi il
> meno possibile, e per essere il meno possibile complici? Cerchiamo di
> scambiarci piccoli consigli di sopravvivenza.
Approfittiamo per consigliare le innumerevoli guide riportate sul sito web de “Le Alternative”, dove viene riportata una interessante rassegna sui software alternativi a quelli che ci monitorano continuamente.
(link: https://www.lealternative.net )