È possibile ripensare l’educazione durante il tempo della pandemia? Non si tratta di una una domanda inopportuna perché ragionare di educazione significa pensare a un’idea di società diversa, soprattutto se la discussione parte dall’importanza dell’outdoor education, anche come risposta alla diffusione del contagio. Usciamo. Il tempo dell’educazione all’aperto è un e-book, curato dalla redazione di Comune in collaborazione con la Rete di Cooperazione Educativa, con analisi, racconti di esperienze (per lo più maturate in scuole pubbliche) a due manifesti (I diritti naturali dei bambini e della bambine, di Gianfranco Zavalloni, e il Manifesto dell’educazione diffusa). L’e-book – qui scaricabile gratuitamente – raccoglie interventi di Sonia Coluccelli, Franco Lorenzoni, Paola Tonelli, Paola Nicolini, Gruppo di ricerca interuniversitario “Educazione e Natura”, Andrea Staid, Paolo Mai, Catia Castellani, Paolo Piacentini, Carlo Ridolfi, Dimitrios Evangelou, Francesca Lepori, Terry Marinuzzi, Anna Chiara Viviano, Enza Galluzzo, Cosetta Lomele, Fiorella Nicolini e Ilaria D’Aprile
Quando orrore e angoscia fanno di tutto per dominare incontrastati, la prima via di fuga resta non rinunciare al pensiero, la seconda è osare. È possibile immaginare e sperimentare nuove forme di vita sociale? È possibile ripensare l’educazione durante il tempo della pandemia? Possono sembrare domande fuori luogo in questo momento, ma sono invece decisive, perché soltanto se si riesce a rispondere sì a quelle domande, soltanto se si riesce a ribaltare la vita di ogni giorno nel corso della tormenta epidemica e sociale, è possibile cominciare a sottrarsi al cattivo presente.
Secondo Laura Costa Reghini e Chiara Rendano, maestre nella scuola primaria Palli di Genova, è possibile, ad esempio, trasformare l’anno scolastico più difficile in qualcosa di indimenticabile. Le prime settimane del nuovo anno vissute ogni giorno dai bambini e dalla bambine della Palli tra boschi e spiagge sembrano confermarlo.
Alberto Manzi diceva che una maestra o un maestro possono insegnare ai bambini e alle bambine il ciclo dell’acqua e se lo fanno in modo didatticamente adeguato lo capiranno. Tuttavia, “se un bambino ha avuto esperienza della pioggia sul viso, quell’apprendimento sarà diverso. L’ambiente esterno diventa il campo di esperienza…”. Ecco perché abbiamo bisogno di uscire. Non si tratta solo di evitare gli spazi chiusi per ridurre il contagio. Abbiamo bisogno di fare scuola all’aperto, di uscire dagli schemi e dagli schermi. E non basta neanche uscire: occorre imparare a pensare in modo critico, agire e costruire relazioni sociali in modo diverso, occorre mettere in discussione l’idea di spazio e quella di tempo intorno alle quali sono pensate la società e la scuola. Occorre formarsi all’educazione all’aperto, ma al tempo stesso occorre la scaltrezza per partire qui e ora. Insomma, è possibile iniziare ad uscire anche per prendersi cura di un piccolo angolo del cortile scolastico.
Ad uscire fuori dagli schemi è stato, in primavera, l’invito Una scuola speciale per tutti e tutte, promosso da Francesca Lepori (pedagogista, fondatrice dell’Asilo Bosco Caffarella di Roma) sulle pagine web di Comune. L’invito proponeva, già in aprile, una manutenzione straordinaria dei giardini e cortili scolastici in vista della riapertura della scuola a settembre: in pochissime ore ha raccolto moltissime adesioni, il post su facebook oltre 100.000 visualizzazioni, qualche giorno dopo un appello affine è apparso su alcuni grandi media. L’outdoor education e l’educazione diffusa sono diventati improvvisamente temi discussi, certo non sempre in modo approfondito, da numerosi insegnanti, genitori, educatori.
Usciamo. Il tempo dell’educazione all’aperto raccoglie punti di vista diversi da quelli dominanti e racconta esperienze maturate soprattutto in scuole pubbliche. I primi interventi (Sonia Coluccelli, Franco Lorenzoni, Paola Tonelli, Paola Nicolini, Gruppo di ricerca “Educazione e Natura”, Andrea Staid, Paolo Mai, Catia Castellani, Paolo Piacentini, Carlo Ridolfi, Dimitrios Evangelou) ragionano su come e perché ripensare il rapporto tra scuola e territorio. La seconda parte (Francesca Lepori, Terry Marinuzzi, Anna Chiara Viviano, Enza Galluzzo, Cosetta Lomele, Fiorella Nicolini e Ilaria D’Aprile) racconta invece quanto già accade in alcuni angoli di Roma, Bari, Genova, Urbino e perfino tra i rami di un pioppo di Palombara, alle porte di Roma. Due manifesti, infine, quello su I diritti naturali dei bambini e della bambine (di Gianfranco Zavalloni) e il Manifesto dell’educazione diffusa pubblicato su Comune nel 2018 – e ora anche nel libro di Paolo Mottana e Giuseppe Campagnoli, Educazione diffusa, Istruzioni per l’uso (Terra nuova ed.) – disegnano alcuni dei nuovi sentieri sui quali camminare insieme.
SOMMARIO:
PARTE PRIMA / PENSARE
Per cominciare offriamogli il mondo Sonia Coluccelli
Immaginare e dar vita a nuovi spazi Franco Lorenzoni
Sete d’aria Paola Tonelli
Fare una scuola fuori dalla scuola Paola Nicolini
L’educazione all’aperto Gruppo di ricerca “Educazione e Natura”
La scuola conviviale Andrea Staid
Smettiamo di delegare Paolo Mai
Scuola, bellezza e territorio Catia Castellani
Giocare nel parco è un pericolo per chi? AA.VV.
Mettiamoci in cammino Paolo Piacentini
Cinema all’aperto Carlo Ridolfi
Noi siamo natura Dimitrios Evangelou
PARTE SECONDA / FARE
I luoghi dell’esperienza viva Francesca Lepori
Un giardino di comunità Terry Marinuzzi
L’aula mondo Anna Chiara Viviano
Un luogo privilegiato Enza Galluzzo
La logopedia è una casa sull’albero Cosetta Lomele
La nostra scuola diffusa Fiorella Nicolini
Cassetta degli attrezzi Ilaria D’Aprile
APPENDICE
Manifesto dell’educazione diffusa aa.vv.
I diritti naturali dei bambini e delle bambine Gianfranco Zavalloni
alberto dice
Stupendo