C’è un filo rosso che lega le numerose e diverse comunità nate negli ultimi anni intorno alla gestione di beni comuni. Un filo che intreccia azioni e percorsi teorici ma anche esperienze maturate in angoli del mondo differenti, e che si nutre del confronto tra realtà di base: dopo Napoli e Venezia, doppio appuntamento, prima a Casa Bettola, casa cantoniera autogestita di Reggio Emilia. E poi a Mondeggi. Due tappe con cui contribuire a creare una nuova cultura politica
di Casa Bettola Casa Cantoniera Autogestita e Mondeggi Bene Comune
Quello delle donne e degli uomini dei beni comuni è un cammino ormai decennale, che nel suo divenire si è fatto carico della notevole complessità insita sia nel costrutto sia, ancor più, nella “pratica dei beni comuni”: pur avendo alle spalle un percorso importante di elaborazione e sperimentazione, esso ha infatti implicazioni di valenza trasformativa tale da richiedere un campo di pensiero e d’azione costantemente aperto ai contributi che possono scaturire dal confronto tra le esperienze in atto e tutte le culture politiche che le sorreggono.
I fatti hanno sin qui dimostrato che le scorciatoie che producono teorie e proposte di legislazione/normazione calate dall’alto e avulse dalla realtà esperienziale entrano facilmente in rotta di collisione con lo statuto dei beni comuni, per sua natura dinamico e legato in modo indissolubile a percorsi sperimentali che, nelle ormai numerose realtà territoriali in cui hanno luogo, debbono confrontarsi allo stesso tempo con la vita vissuta delle persone e la dimensione socio-istituzionale e politica, locale e non solo.
Ma il confronto deve avvenire anche e soprattutto tra le diverse realtà di base, associazioni e singoli che si stanno impegnando per dare continuità al percorso avviato anni or sono per il riconoscimento di questa tipologia di beni comuni, per ‘fare comunità’ e costruire sintesi collettive in divenire intorno alle lotte per il diritto ad essi. In tal senso il metodo dei beni comuni – come si sviluppano ed evolvono teorie e pratiche – è importante almeno quanto ciò che viene considerata la loro sostanza trasformativa, ovvero il cambiamento profondo ed epocale indotto da un radicale rovesciamento dell’idea di proprietà, privata o pubblica che sia.
Per questo i percorsi teorici e di azione politica devono a nostro avviso andare di pari passo con le esperienze “dal basso”, le sole che in questi anni sono riuscite a ridestare le coscienze sopite di cittadini qualsiasi attorno sia alla difesa dei beni lasciati in stato di abbandono o messi in vendita (o tutte e due le cose) dagli enti gestori, sia all’idea di custodire, gestire e rivitalizzare tali beni per consegnarli alla popolazione con una rinnovata (e magari insospettata) valenza civile e sociale. In queste pratiche si è dimostrato di poter dare senso e concretezza all’idea di partecipazione e democrazia deliberativa diffusa, strutturalmente legata al “farsi” dei beni comuni, che procede per acquisizioni e avanzamenti condivisi, anzi da questi trae linfa vitale e insegnamenti fondamentali per la costruzione delle teorie e delle piattaforme di lotta.
Negli anni le varie realtà disseminate sul territorio nazionale hanno fisiologicamente percepito la necessità di un confronto reciproco per il completo sviluppo delle singole esperienze. Tale percorso ha iniziato a muovere i primi passi alcuni anni fa per poi sfociare negli incontri nazionali dell’aprile 2018 a Venezia e del febbraio 2019 a Napoli. Quest’ultimo appuntamento, promosso dall’Asilo (ex Asilo Filangeri), ha inteso avviare finalmente la costruzione di una piattaforma comune tra tutti i soggetti interessati ad essere parte di un progetto collettivo e cooperativo, condividendo direzioni di senso e tracciando insieme mappe per la messa in comune e la sperimentazione di pratiche, saperi, strumenti sociali, giuridici e amministrativi capaci di sfidare e modificare lo stato di cose presenti. In quest’ottica, le prossime tappe del percorso si stanno costruendo a cura di due realtà ormai considerate “veterane” dei beni comuni, Casa Bettola di Reggio Emilia e Mondeggi di Firenze, che, cogliendo l’occasione dei festeggiamenti per i rispettivi compleanni (entrambi cadono in questo periodo, dieci anni per Casa Bettola e cinque anni per Mondeggi), mettono a disposizione i loro spazi-beni comuni per proseguire il percorso avviato a Napoli, con due eventi ravvicinati che dovrebbero dare un forte impulso alla discussione sul tema.
A Casa Bettola la prima tappa, il 21 e 22 giugno prossimi. Al centro del confronto di questa due giorni, dal suggestivo titolo “RIUSA & PROGETTA. INCONTRO NAZIONALE DEI BENI COMUNI EMERGENTI”, i temi che in questi anni sono emersi con più forza negli incontri già realizzati tra le diverse realtà attive nelle discussioni e nelle sperimentazioni sui beni comuni, e che in particolare hanno caratterizzato la riflessione, tuttora in corso, sull’esperienza di riconoscimento di Casa Bettola “bene comune” quale spazio ad uso civico e collettivo.
I nuclei tematici individuati hanno titoli evocativi, scelti per stimolare, se possibile, suggestioni e connessioni inedite. Verde/rosso I colori dell’economia circolare, Fatti più in qua Comunità dialoganti e relazioni di prossimità, Né di qualcuno né di nessuno Strumenti per la gestione diretta.
Ciò che si vorrebbe favorire, attraverso la creazione di gruppi di discussione e lavoro interagenti, è in primo luogo la ricerca di connessioni istituenti per evidenziare come i beni comuni emergenti siano già, nonostante la marginalità a cui sono relegati, un paradigma di riferimento per aree di sapere, azioni e attività che non hanno dimora né collocazione formale negli attuali assetti economici, sociali, giuridici.
Le connessioni tra beni comuni ed economia, per esempio. Concetti come economia circolare, cooperazione di comunità, capovolgimento del paradigma economico vigente. Attività come mercatini di produttori e osterie autogestite, coworking, che producono reddito di segno diverso da quello della produzione capitalistica. Lavoro (lavori) di cura e di riproduzione sociale, disconosciuto e sfruttato, da assumere come impegno comune, diffuso e distribuito, riconoscendo ad esso il valore incommensurabile per la riproduzione della vita collettiva. Tutto ciò richiama a economie “altre”, che non rispondono alle logiche predatorie del mercato neo-liberale e possono avere nel paradigma dei beni comuni un punto di riferimento importante per “accasarsi”.
Ma anche le relazioni tra beni comuni e territorio stimolano a trovare nessi costituenti per una nuova idea di città, dove il prender parte alla vita delle comunità territoriali e alle pratiche di autogestione diventa la palestra per allenarsi a forme di democrazia auto-istituita, alla costruzione delle decisioni che riguardano la vita collettiva, alla cooperazione attiva nei processi di costruzione del “comune”. I rapporti di prossimità come occasione di autentico scambio di “cose” materiali e valori immateriali; il vicinato che fa scoccare scintille di solidarietà e mutualismo; i quartieri come spazi per esercitare a pieno titolo, in qualità di abitanti della Terra, la ritrovata democrazia “di base”; le comunità reali che si definiscono per comunanza di interessi e bisogni, al di là dei confini formali tracciati; l’uso civico degli spazi recuperati alla vita come modus operandi di un nuovo tipo di collettività responsabile. Ed ecco che la dimensione territoriale può essere fonte di ispirazione per una mappatura dei beni comuni che non si sovrappone al territorio, ma lo travalica mettendolo in relazione con territorialità inedite al di fuori dei confini stabiliti.
Un aspetto che unisce tante esperienze territoriali nelle loro differenze è la necessità di trovare nuovi strumenti per la gestione diretta. Che gli spazi siano riconosciuti come spazi ad uso civico e collettivo, che siano in uno “stato di occupazione” o che dispongano di una convenzione, la ricerca di forme per l’autogoverno è trasversale. Dobbiamo dunque interrogarci su quali processi partecipativi possiamo attivare in contesti che non appartengono né ad un proprietario, pubblico o privato, né ad un gruppo ristretto di persone, ma piuttosto alle centinaia di persone che insieme contribuiscono al recupero degli spazi e, grazie alla cooperazione di base, li rendono luoghi vitali per il territorio. Su come creare strumenti condivisi per la gestione diretta dei beni comuni emergenti e degli spazi ad uso civico, con il desiderio di aprire sempre di più le loro porte alla città e, viceversa, di far emergere una nuova idea di società sul territorio. Su come scrivere carte per l’uso civico – anche in quei contesti dove il riconoscimento come spazio ad uso civico collettivo non è ancora possibile su un piano giuridico – e su quali criteri e modalità adottare perché la scrittura sia un atto politico realmente partecipato e condiviso.
Il fine settimana successivo (29 e 30 giugno), a Mondeggi, verranno sviluppate e/o affrontate le tematiche che non avranno trovato spazio sufficiente a Reggio Emilia, in particolare le due seguenti.
Gli aspetti giuridici dei beni comuni, cardine del confronto tra le varie realtà, su cui si svilupperà la discussione partendo dalle conclusioni dell’appuntamento napoletano di febbraio e proseguendo sulla linea che sarà stata tracciata a Reggio Emilia la settimana precedente. In particolare, potranno essere valutati percorsi e strumenti nuovi e/o innovativi in grado di far compiere significativi passi in avanti a tutte le realtà che rivendicano il riconoscimento di un bene comune. Pensiamo, ad esempio, alla valutazione di nuove istituzioni come le “cooperative di comunità”, all’aggiornamento di concetti giuridici che risalgono addirittura al diritto romano come l’“usucapione”, a un possibile inizio di dialogo con l’associazione dei comuni o a metodologie per dare al concetto di bene comune una valenza urbanistica. Pensiamo anche, e soprattutto, al confronto con gli estensori del format del regolamento sulla gestione dei beni comuni – adottato da moltissime amministrazioni locali del Paese – iniziato a Roma pochi giorni fa, che potrebbe portare alla stesura di emendamenti per l’articolato finalizzati a rendere il testo “utile” per tutte le realtà territoriali.
Il secondo argomento che potrà essere affrontato è quello della comunicazione: tema fondamentale, che generalmente non viene curato a sufficienza all’interno delle varie esperienze perché sacrificato sull’altare dell’urgenza, come spesso accade quando si è incalzati dall’impellenza del “fare”. Il tema è assai vasto e, per poterlo approfondire al meglio, dovrebbe essere declinato in vari modi e secondo diverse prospettive.
- L’ottimizzazione della comunicazione all’interno della comunità, in modo che tutti – indipendentemente dal loro grado di coinvolgimento – possano essere sempre informati di iniziative, attività, eventi di qualsiasi tipo.
- Un’efficiente comunicazione tra le varie realtà nazionali, che sinora si è soprattutto basata su rapporti personali o su mailing list decisamente parziali: solo riuscendo a trovare un modo funzionale e incisivo di comunicare potremo coinvolgere esperienze nate da poco e rendere la rete un vero strumento di solidarietà sociale e politica e di arricchimento reciproco.
- L’utilizzo di strumenti comunicativi adeguati per “controbattere” i pregiudizi che naturalmente crescono nell’ambito delle comunità di cittadini più prossime, in modo da poter argomentare la bontà dello statuto dei beni comuni, senza entrare in tecnicismi politici o giuridici e al di fuori di slogan e concetti politicamente preconfezionati;
- “last but not least”, definire modalità e linee di dialogo con gli enti pubblici di riferimento, in modo da veicolare nel modo più efficace le nostre rivendicazioni politiche e da renderle comprensibili a una classe politica che – a parte rarissime eccezioni – ha dimostrato di non avere gli strumenti concettuali e culturali per comprendere appieno la complessità dei beni comuni.
Appuntamento a Reggio Emilia e Mondeggi, dunque, nei prossimi fine settimana dedicati ai beni comuni emergenti, per incontrare persone e idee in cammino, condividere esperienze in progress, tracciare nuove prospettive di impegno e lotta all’altezza dell’ardua ma appassionante sfida che ci attende.
Reggio Emilia, Evento facebook
Mondeggi, Evento facebook
Mario Santi dice
da Venezia, la restituzione di un corso di scrittura spiega come nasce una comunità (delle Vida)
https://ytali.com/2019/06/17/una-vida-da-raccontare/