Officine-Zero (Roma), Ex-Colorificio liberato (Pisa), cooperativa Ri-Maflow (Milano) e diversi altri. Non è una rete e neanche un progetto di business dei poveri. La relazione che sta nascendo tra spazi sociali e di lavoro di città diverse è il frutto di azioni di cambiamento profondo
E’ rimasto sospeso a mezz’aria, porte aperte, senza ruote né sospensioni. Ricordo di un servizio che fu, quello dei treni notte, sostituiti da treni superveloci e da un nuovo management che pensa ai fatturati e di dimentica dei pendolari. Appeso lassù, con le vergogne all’aria, fa quasi tenerezza, se non che si parla di un “materiale rotabile” del valore di quasi 800mila euro. Ma non è l’unica cosa sospesa, nelle ex officine di Rail Service Italia (Rsi, ex Wagon Lits) di Roma dove tutto si è fermato come in un fotogramma dell’epoca. Sospese sono anche le storie della trentina di operai ancora rimasti, il cui valore di esperienza, di portati, di relazioni a differenza di un vagone diventato antiquariato, è inestimabile.
Sono le persone che, davanti allo sfacelo di questi 37mila metri quadrati a poche centinaia di metri dall’hub ipermoderno (e super vuoto) della Stazione di Roma Tiburtina, hanno scelto di non rimanere con le mani in mano, occupando la fabbrica per oltre un anno e mezzo ed aprendola al nuovo e, forse, al futuro. In stretta connessione con i loro compagni di Lecco in lotta. Dopo mesi senza lavoro, con la spada di Damocle della cassa integrazione straordinaria e dell’abbandono della nuova proprietà, la Barletta srl, che dopo averla acquistata l’ha dismessa nella speranza di una speculazione immobiliare proprio dietro al centro commerciale di Casal Bertone, dall’incontro tra i lavoratori ex Rsi, il Laboratorio urbano Reset e le esperienze in lotta ed in occupazione (a cominciare dallo Strike) nasce Officine Zero. L’acronimo, OZ, ricorda il luogo dove viveva il mago di un romanzo che, in modo allegorico, parlava di economia. Come si è fatto nella due giorni (1 e 2 giugno, foto in alto) di presentazione del progetto, dove si sono incontrate le esperienze in prima linea del nuovo movimento 2.0.
Scup, la Ri-Maflow in diretta da Trezzano, l’Ex Colorificio Liberato di Pisa, Almaviva e molti altri. Esperienze diverse che parlano di un netto cambio di marcia su come affrontare la crisi. Non c’è tempo di aspettare i 63 anni paventati dalla Cgil per ricreare lavoro, il cambiamento deve essere qui ed ora, perché il precariato, e le minacce della proprietà, non perdono tempo. Sulle ex Officine di Roma pende l’ultima parola del curatore fallimentare, che arriverà in settembre, sull’ex Colorificio Liberato di Pisa il rischio del sequestro e dello sgombero, perché una proprietà che ha dismesso oltre 14mila metri quadri di edificio può ancora accampare diritti. Quelli di proprietà, in un ordinamento giuridico che a volte si dimentica di avere persino inserito in Costituzione la «funzione sociale della proprietà privata». Perché il punto di caduta rimane quello, e si intreccia con le mille lotte locali o internazionali che attraversano i nostri tempi: dalla Costituente dei beni comuni, che cerca di trovare terze vie tra pubblico e privato; a chi sui territori si oppone alla privatizzazione dell’acqua, o alle enclosures del ventunesimo secolo che oggi hanno nomi più esotici, come Land grabbing e consumo di suolo.
Reset a Roma, ma anche il Distretto di Economia solidale di Pisa all’interno del Municipio dei Beni Comuni, e molti altri in altre parti d’Italia fungono da veri e propri ponti di connessione, tra un’economia solidale che parte dalle filiere e dall’impegno dei Gruppi di acquisto e soggetti in lotta che provano a modificare un futuro sospeso. Negli spazi dell’ex Rsi di Roma è già nato uno studentato popolare, vedrà la luce un progetto per il riuso ed il riciclo, si sta parlando di spazi per il co-working. E’ l’incontro tra le lotte e le proposte, tra lavoratori e precariato creativo ed è da questa integrazione che nascono le tante Officine Zero, che parlano di tentativi di riconversione, di fabbriche occupate, di spazi dismessi liberati. E di un movimento che sta crescendo e che comincia, in modo autorevole, ad interrogare la politica.
Dossier Fotografico
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che brutto acronimo ha la Rail Service Italia