Una grande ricerca a scala mondiale mette in luce la trama sottile quanto preziosa che potenzialmente unisce oltre mille esperienze di economia sociale e solidale. Sono realtà spesso complesse e molto diverse tra loro, esprimono grande ricchezza di pratiche e valori affini e tutte provano a trasformare concretamente non solo le relazioni interne e il proprio agire ma anche i territori e le comunità che li abitano. Dall’agricoltura ai servizi, un’intera galassia di soggetti resiste e si sviluppa anche in ambiti difficili e ostili indicando così notevoli potenzialità di cambiamento reale nella vita quotidiana e nella convivenza sociale. Il concetto ancora “aperto” di economia trasformativa indica dunque una strategia di transizione sistemica promuovendo e mettendo in una relazione da costruire giorno per giorno nuove forme e strutture di sviluppo locale profondamente alternative alla struttura economica dominante. Se ne parla il 26 ottobre al Salone dell’editoria sociale di Roma
Le molteplici crisi ormai “permanenti” (finanziaria, economica, ambientale e sociale) che stanno causando danni crescenti per le popolazioni e gravi squilibri per il pianeta, stanno generando in tutto il mondo forme di resistenza, sempre più diffuse e multiformi, che provano a proporre a livello locale modelli alternativi di produzione, distribuzione, consumo e risparmio. Queste esperienze si percepiscono e hanno connotazioni diverse a seconda della longitudine e della latitudine ma hanno in comune alcuni valori e criteri che ne definiscono i contorni e che rifiutano e contrastano profondamente il paradigma di sviluppo dominante. Nel loro insieme, peraltro, costituiscono una economia in fase embrionale, allo stato nascente.
Questo quadro è bene evidenziato nella recente ricerca, coordinata dall’associazione Fairwatch “Economia trasformativa: opportunità e sfide dell’economia sociale e solidale in Europa e nel mondo” nell’ambito del progetto “Social & solidarity economy as development approach for sustainability (Ssedas) in Eyd 2015 and beyond” (iniziativa sostenuta dall’Unione europea di cui è capofila l’ong Cospe).
Oltre ottanta ricercatori, 550 interviste e mappature per uno spaccato di 1.100 pratiche di economia sociale e solidale che coinvolgono, da sole, più di 13mila persone. La ricerca ha tentato di raccontare la trasformazione concreta dell’economia nei territori e nelle comunità ai tempi della crisi, coinvolgendo ambiti diversi – dall’agricoltura ai servizi e riflettendo le peculiarità di ogni contesto nazionale. È stata condotta, infatti, in 32 paesi, 23 dei quali membri dell’Ue (46 territori) e 9 in America Latina, Africa e Asia (Bolivia, Brasile, Uruguay, Mozambico, Tunisia, Palestina, India, Malesia, Mauritius). La racconta le pratiche più significative di economia sociale e solidale capaci di una progettualità innovativa, orientata alla costruzione di un modello di sviluppo locale alternativo a quello dominante.
Quello delineato non è un “programma di sviluppo” organico, sostanzialmente uguale in territori e stati tanto diversi tra loro, tra i quali le distanze non sono solo geografiche. Rivela, però, che realtà analoghe sono emerse in pochi anni in società lontane, che valori profondamente umani stiano caratterizzando attività economiche così simili in alcuni contenuti e obiettivi concreti, soprattutto che un anelito verso relazioni interpersonali e collettive più ricche e innovative sia sostanzialmente comune in territori apparentemente agli antipodi. Ad ogni latitudine considerata, tuttavia, il processo di economia sociale e solidale incrocia le intenzioni (almeno dichiarate) delle principali strategie di politica pubblica verso uno sviluppo sostenibile, attraverso la pratica concreta e quotidiana di alcune costanti: l’auto-organizzazione collettiva per sostenere la vita (umana e non umana); il coordinamento democratico delle imprese economiche e sociali; l’autonomia delle imprese; il lavoro e la proprietà collettiva e/o partecipata (sharing) all’interno di soggetti e reti; un’azione civica e sociale partecipativa all’esterno di questi soggetti e delle loro reti; formazione e apprendimento permanente; la trasformazione sociale incentrata sui bisogni dell’essere umano e sull’ambiente.
È come se una ricerca (così poco tradizionale, così facilmente condivisa malgrado gli ostacoli di lingua e di cultura) avesse scoperto una trama sottile e fragile, anche se formata da realtà così radicate nelle rispettive società, che segnala la sua presenza in un gioco di originalità e sensibilità che chiedono senza voce di evolvere e di entrare in contatto. E non si tratterebbe di stimolare elaborazioni teorico-politiche o di inventare nuove forme di rapporti costruttivi tra pubblici poteri e esigenze sociali non coperte, ma solo di alimentare attentamente i processi di collegamento, imitazione, riproduzione e moltiplicazione (già emersi anche se non previsti) di realtà che già hanno di mostrato ampiamente di sapere sopravvivere ed evolvere perfino in ambienti difficili od ostili.
Tutto questo ci ha portato a introdurre un concetto ancora “aperto” di economia trasformativa che nella concreta realizzazione di ogni esperienza e attività, indica una strategia di transizione sistemica, per promuovere forme e strutture di sviluppo locale, alternative alla struttura economica dominante e ben diverse da essa. Questa prospettiva si può realizzare attraverso la creazione o il potenziamento di reti o distretti che mettono in relazione sinergica attività, imprese e iniziative ( forme di economia sociale, solidale, collaborativa, circolare, di transizione, ecc., le denominazioni e le forme di organizzazione si moltiplicano e mutano continuamente), che operano in ambito socioeconomico, sono essenziali per soddisfare le necessità della vita quotidiana, ma che ormai profilano forme complesse e strutturate di convivenza sociale.
Le relazioni tra queste entità dovranno essere il risultato di una visione partecipata e fare parte di una “Matrice economica produttiva”, che sia la fonte creativa di nuove società, ben diverse da quelle attuali. Queste mireranno a definire un flusso di scambio di beni e servizi e di conoscenze, orientandolo ad un processo definito di sviluppo locale, che ponga al centro forme e stili di vita che si preoccupano delle persone, delle comunità e dell’ambiente. Soprattutto, che si proponga di ridurre le diseguaglianze, di favorire l’innovazione sociale, e una gestione, comunitaria e partecipativa, dei beni comuni di ogni territorio. Ognuna di queste prospettive richiede di essere articolata e rivisitata nel tempo, nonché approfondita per far emergere eventuali difficoltà e le tante potenzialità. Però ognuna di esse è urgente e richiede di avviare in tempi stretti intensi processi di transizione, onde attuare una pluralità di forme alternative per i processi e le modifiche sociali desiderati.
Si intravede la possibilità di creare schemi economici territoriali più complessivi, che operino verso modelli di alternative reali, anche in modo sperimentale, partendo da un insieme di organizzazioni che abbiano una conoscenza reciproca e specifici obiettivi (distretti economici di solidarietà, piani condivisi di sviluppo agricolo locale, reti e filiere di economia cooperativa, ecc.). Queste prospettive si proiettano oltre l’ambito della ricerca, ma possono trovare in essa il punto di partenza per progettare processi più complessi ed esigenti, come anche la possibilità di replicare più profonde trasformazioni, di grande interesse per la popolazione locale.
Questo lavoro ha prodotto anche una mappatura denominata “Susy Map“ grazie alla quale è possibile conoscere direttamente le esperienze di economia alternativa presenti in Europa. Queste realtà sono vere alternative reali al modello economico mainstream, o come dimostra questo rilevamento sono aumentate nel corso degli ultimi anni, diversificandosi sempre più e diventando maggiormente fruibili per tutti. Più di 500 iniziative sono già state inserite nella SuSY Map, oltre 160 sono basate in Italia, fra le regioni Emilia-Romagna, Toscana, Puglia e Veneto. La mappatura realizzata può esser un importante strumento per facilitare gli scambi delle attività territoriali, mostrando come modelli alternativi di economia possono articolarsi e funzionare, contribuendo ad un’innovazione sociale ed al cambiamento di questo disastroso modello di sviluppo.
Informazioni sul sito al sito del progetto SUSY – SUstainable and Solidarity economY
Per scaricare la sintesi ragionata del Rapporto in Italiano vai qui
Evento
Il 26 ottobre a Roma presso il Salone dell’Editoria Sociale ci sarà un confronto su Sfide e opportunità per un'”Economia Trasformativa”. Vedi qui
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