Eppure molto già si sa e – volendo – molto già si potrebbe fare per ridurre i rischi e migliorare la salute dei bambini e dei giovani: un articolo comparso su Pediatrics a novembre 2016 dal titolo emblematico: “Strategie ambientali ed economiche per la prevenzione primaria del cancro nelle prime fasi della vita” ha stimato che siano oltre 7.000 i casi di cancro infantile evitabili ogni anno negli Stati Uniti, riducendo le esposizioni ambientali nocive. Ridurre le esposizioni ambientali non è una utopia, visto che, nel medesimo articolo, si porta l’esempio del Massachusetts in cui, dal 1990 al 2010, le misure ambientali adottate hanno portato ad una riduzione di oltre il 90% nelle emissioni di cancerogeni noti o sospetti quali cadmio, cromo, ftalati, etilene ossido, formaldeide, metilene, tricloroetilene, percloroetilene.

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In Italia la situazione ambientale è a dir poco drammatica, basti pensare ai livelli di polveri sottili presenti in queste settimane nelle nostre città o quanto si sta registrando in Veneto in cui si prevede l’utilizzo di plasmaferesi per abbassare i livelli di composti perfluoroalchilici (Pfoa, Pfas). Ed è ormai noto che le sostanze estranee presenti nei nostri corpi passano dalla madre al feto, problema su cui si concentra sempre più l’attenzione dei professionisti che si dedicano alla salute riproduttiva. Una indagine condotta su 268 donne in stato di gravidanza negli Stati Uniti ha ricercato nelle loro urine o nel sangue la presenza di 168 diverse sostanze chimiche suddivise in dieci categorie: metalli pesanti (mercurio, piombo, cadmio), composti organici volatili, ritardanti di fiamma, policlorobifenili (PCB), idrocarburi policiclici aromatici (IPA), pesticidi organofosforici, pesticidi organoclorurati, ftalati, fenoli, composti perfluorinati, riscontrando che esse sono presenti in percentuali variabili dall’88 per cento al 100 per cento dei soggetti.

Credo che il mondo medico ed accademico nel nostro paese abbiano una responsabilità non indifferente nel non affrontare con la necessaria decisione le questioni ambientali e che – ancora una volta – il prezzo più alto di questa voce troppo fievole, per non dire assente, lo paghi l’infanzia. Purtroppo non esistono vaccini contro l’inquinamento, ma vorrei che le voci che con tanta enfasi si sono ovunque levate per promuovere le pratiche vaccinali nei bambini, si levassero anche per difenderli dal cancro e dai rischi ambientali.

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* Oncoematologa a Forlì, Patrizia Gentilini fa parte del Comitato Scientifico Isde e di Medicina democratica ed è tra i primi firmatari di questo appello Siamo angosciati. Il grido dei medici. Questo articolo è apparso su un blog del fattoquotidiano.it (con il titolo Tumori, il numero dei bimbi che si ammalano sale anche a causa dell’inquinamento) ed è qui pubblicato con l’autorizzazione dell’autrice