
di Alessandro Pertosa*
Lo dico senza mezzi termini e sin dall’inizio. Così, proprio per essere chiari e togliere ogni dubbio. Io sto con Erri De Luca (#IoStoConErri). Sto con tutti coloro che affermano, scrivono e gridano al cielo che la Tav va sabotata. Sto con tutti coloro che ritengono illegittimo giudicare un’idea, un’opinione, uno scritto. In un paese normale – ma il nostro non è mai stato un paese normale – frotte di intellettuali si sarebbero autodenunciati quali sostenitori del sabotaggio alla Tav. Persino chi è a favore della Torino-Lione avrebbe dovuto farlo per una questione di principio. Perché è indegno di un paese civile pensare di poter scaraventare sul banco degli imputati uno scrittore, con l’accusa di aver istigato con la semplice parola alla sovversione. Ma cos’altro dovrebbe fare uno scrittore se non istigare a pensare, a mettere in discussione l’opinione prevalente, a sovvertire la cultura mainstream?
Per i magistrati inquirenti – il processo cominciato il 28 gennaio è stato rinviato al 16 marzo, saranno sentiti i testi ammessi dal giudice, intanto sono stati depositate le motivazioni della Corte d’Assise che ha assolto Chiara, Claudio, Mattia e Nicolò dall’accusa di terrorismo, ndr – Erri De Luca si sarebbe macchiato di un atroce delitto. Avrebbe osato sostenere che la Tav va sabotata e che le cesoie servono a chi si oppone a questa pessima opera per tagliare le reti, il filo spinato, per impedire lo stupro di una valle. Ebbene, se questo è il reato contestato, allora mi autodenuncio. Io affermo che la Tav va sabotata e che le cesoie devono essere usate ad oltranza per impedire la realizzazione di un’opera inutile e dannosa.

In un paese normale, dicevo, dinanzi a un sopruso così evidente, l’umanità pensante sarebbe scesa in piazza, avrebbe osato sfidare il potere in modo pacifico e non violento, certo, ma al contempo rigoroso, solido, aspro. Io credo fermamente nella convivialità fraterna, penso che sia necessario oltrepassare il dominio dell’uomo sull’uomo che sconquassa l’occidente, e ritengo che si debba uscire da questo orizzonte diabolico non con la violenza, ma con la pazienza della pace. Si badi, però, pacifismo non vuol dire coglioneria. Cristo, che suggeriva di perdonare settanta volte sette e invitava ad amare i propri nemici, decide un bel momento di prendere a frustate i mercanti e di cacciarli dal tempio. Perciò si è pacifici anche quando si mettono in atto pratiche radicali di resistenza. E far funzionare la testa, stimolare alla riflessione è una delle azioni rivoluzionarie più efficaci. Ma il potere non ci sta, reagisce senza misura quando davanti a sé ha la decorosa dignità del pensiero.
La questione è nota. Nel mese di settembre 2013, la LTF, ditta costruttrice della linea Tav Torino-Lione denuncia Erri De Luca «per avere, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, pubblicamente istigato a commettere più delitti e contravvenzioni ai danni della società LTF». Capite? Uno scrittore con il suo pensiero istiga a commettere atroci delitti, tanto che deve andare necessariamente sotto processo. Ora, se il metro è questo, quale pena bisognerebbe attendersi per coloro che con disgustosa prepotenza pretendono di schiacciare senza requie le ragioni di un’intera vallata, che della Tav non vuole proprio saperne? Chiaramente nulla: perché questi, gli esecutori materiali dell’opera, stanno col potere, lo foraggiano e quindi sono ampiamente tutelati. Mi si dirà: ma l’azienda vincitrice dell’appalto ha le autorizzazioni per procedere. Ebbene, ma qui è in gioco il metodo politico. Chi gliele dà le autorizzazioni? I governanti di Roma? Ma a Roma possono decidere per Roma. È ora di finirla con la retorica dello Stato a cui ci si deve sacrificare. Le ragioni di Stato, gli interessi di Stato, le strategie nazionali che passano sopra la testa delle persone, straziando le carni e i desideri di chi diventa apolide a casa sua. Se la facessero a Montecitorio la Tav. Respirassero loro un po’ d’amianto per una decina d’anni. Invece no: decidono che a mille chilometri di distanza – contro il volere della popolazione – la LTF deve scavare un tunnel che collegherà l’Italia al resto d’Europa. E tutto ciò, chiaramente, è necessario per far crescere il Pil. Attorno a questo progetto vi sono interessi politici ed economici talmente grandi che chi sabota getta il cuore oltre l’ostacolo: come il combattente romantico che sa di avere davanti a sé una corazzata tremenda, ma non si dà comunque per vinto.
Che la corazzata sia solida e ben protetta è evidente. A dimostrazione di quanto dico è il fatto, assai singolare, della denuncia-querela inviata dalla LTF non come vorrebbe la prassi in procura, bensì direttamente ai pubblici ministeri Padalino e Rinaudo. La ditta si sceglie addirittura i magistrati ai quali assegnare il procedimento: vi pare poca cosa? E perché proprio Padalino e Rinaudo?
Ma veniamo al punto. In nome del potere si processa un intellettuale per aver osato sostenere che la Tav va sabotata, e sì facendo avrebbe istigato e spinto altri a danneggiare strumenti appartenenti alla LTF. Un magistrato con un minimo di sensibilità e di cultura avrebbe archiviato tutto. Perché non bisogna essere linguisti raffinati per sapere che il verbo sabotare non incita in alcun modo alla violenza, e chi sabota compie atti di omissione, non fa, più che fare. Sabotare deriva da saboter, che a sua volta rimanda a sabot, zoccoli. Il sabotare è allora l’atto di «disturbare con gli zoccoli». Il sabotaggio è un atto di disturbo, e gli atti di disturbo, come è noto, esprimono difesa più che violenza. Chi sabota agisce nell’immediato per un fine più grande; la sua è un’azione di disturbo il cui scopo tende a impedire, rallentare e deviare il flusso dispotico che opprime proprio chi sabota.
Ma nossignore, i pubblici ministeri si ergono a linguisti di prima specie e pretendono di indicare il senso corretto in cui va inteso il termine sabotaggio. Ne sanno di legge, di semiotica, di semantica, di linguistica: sono onniscienti. Tuttavia, se solo avessero saputo leggere un semplice vocabolario (non il codice di diritto penale) avrebbero archiviato quell’assurda denuncia.
Perché allora non l’hanno fatto? Semplice ignoranza dell’italiano? Vi lascio l’agio di rispondere ciò che ritenete più opportuno. Il potere s’è messo in testa che la Tav si deve fare, «ce lo chiede l’Europa». Pertanto chi ostacola i lavori fa fare una brutta figura all’Italia e per questo deve essere perseguito duramente. Ma, scusate, se il metro con cui si giudicano i No-Tav fosse davvero quello della «brutta figura internazionale» che i tapini farebbero fare al nostro glorioso Stato, allora non saprei proprio a quanti anni andrebbero condannati i rappresentanti delle istituzioni degli ultimi vent’anni, che quanto a brutte figure internazionali non ci hanno risparmiato nulla.
Ma il problema non è solo linguistico e non riguarda unicamente il termine «sabotaggio». Perché i magistrati accusano De Luca di aver istigato, con le sue parole, altri a commettere dei reati. Ora qui siamo davvero all’assurdo. Questi magistrati non conoscono l’italiano – e passi –, ma in modo ancor più sconveniente dimostrano di ignorare persino Hume: probabilmente non hanno mai aperto un libro di filosofia. Perché se lo avessero fatto saprebbero che le connessioni causali sono semplici atti di fede. Non è possibile dimostrare che da un’azione A ne consegua una B. Noi generalmente crediamo che da A segua B, ma non è affatto vero.
Erri De Luca, allora, dovrebbe essere condannato dopo uno stravolgimento del vocabolario e dopo il disconoscimento delle conquiste filosofiche almeno degli ultimi trecento anni. Per l’accusa è certo – oltre ogni ragionevole dubbio – che da un’affermazione di Tizio (nella fattispecie De Luca) segua necessariamente l’azione di Caio (il temutissimo No-Tav). È la vecchia storia del post hoc, ergo propter hoc. Ci sarebbe da ridere se non si dovesse piangere.
Mi rendo perfettamente conto che questo mio articolo è poca cosa. Ma se a questo articolo ne seguissero molti altri, se gli intellettuali (o sedicenti tali) italiani cominciassero a scrivere, denunciare le intimidazioni pelose del potere, forse qualcosa potrebbe lentamente cambiare (qui e qui due appelli di solidarietà per Erri De Luca ndr).
Per parte mia posso solo concludere così: se l’opinione di De Luca è un reato, ebbene sono disposto a reiterarlo anch’io all’infinito. Credo sia doveroso come intellettuale libero, come italiano, come libertario affermare con Erri De Luca che la Tav va sabotata. La Tav va sabotata perché è nociva, va sabotata perché la popolazione locale non ha alcuna intenzione di farsi imporre da Roma un’opera impattante, violenta e mortifera. La Tav va sabotata perché in gioco c’è molto di più di una semplice linea ferroviaria. In gioco c’è la libertà d’espressione. Quella libertà che stanno tentando di toglierci surrettiziamente. Per questo motivo, io sto con Erri.
Sabotate, sabotate e sabotate ancora.
Sabotiamo all’infinito la Tav.
Sabotiamola, ognuno per ciò che gli compete.
* Filosofo e docente universitario, Alessandro Pertosa scrive irregolarmente di filosofia, economia, teologia, bioetica, decrescita. Il sul ultimo libro è “Dall’economia all’eutéleia”
DA LEGGERE
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Grande partecipazione al corteo No Tav di Torino. Nuove iniziative
Pertosa parla, parla, parla ma la realtà è che il boicottaggio si è fino a oggi tradotto in danni materiali. Che io come contribuente pago (LTF, nata a seguito di un trattato tra due Stati, non è una società con capitale privato come crede de Luca). Impormi di pagare cifre anche infinitesimali resta – al di là di ogni elucubrazione linguistica – una violenza esercitata anche nei miei confronti.
Oltretutto sulla scorta di motivazioni che a loro volta costituiscono violenza alla verità. Come la storia del tunnel di Chiomonte che secondo De Luca vomiterebbe amianto e uranio quando anche ARPA ha riconosciuto che dopo più di 2 km di scavo non se ne è ravvisata la benché minima presenza. E poi, questa retorica della “valle intera” che sostiene la protesta! Ma se alle ultime regionali i partiti contrari alla NLTL hanno avuto il 35% dei voti! E a Susa è stato eletto Plano con un vantaggio di sole 7 schede !!!
In Svizzera – al tempo del referendum sui 127 km di tunnel ferroviari – i contrari furono la stragrande maggioranza nel cantone di Uri, ovvero in quello maggiormente interessato dai lavori, ma al responsorio referendario non seguì alcun boicottaggio (il referendum in Italia non vollero neppure i No Tav). Ed anche in Savoia c’erano i contrari all’opera, ma si sono scavate tre discenderie senza che si vedesse una cesoia e, conseguentemente, un poliziotto.
Qui non è questione di PIL, caro Pertosa, ma di due milioni e mezzo di TIR che valicano ogni anno l’arco alpino occidentale persino in tempi di recessione. E’ una questione di riequilibrio modale, ovvero di una politica dei trasporti più ecosostenibile. Ed è a tal fine dopo 20 di studi, consultazioni, programmi e atti normativi l’UE sta realizzando la rete ferroviaria centrale articolata in 9 corridoi interconnessi e interoperabili. Perché senza il requisito della maggiore capacità di trasporto dei singoli treni la rotaia non potrà mai essere competitiva con la strada. Peccato che quella capacità sulla vecchia linea del Fréjus non la si raggiunga neppure con le costosissime doppie e triple trazioni oggi indispensabili. E che i decrescisti italiani si trovino paradossalmente sulla stessa sponda di petrolieri, gestori autostradali, compagnie aeree e settori arretrati della trasportistica.
Letto l’articolo del prof.Pertosa:perfetto nello stile e totalmente condivisibile nei contenuti.
Rispondo invece alla critica di Beppe Gillio.Leggendo,intendo per chi non ha alcuna competenza
tecnica,sembrano osservazioni dettate da una sensibilità ambientalista e da una profonda conoscenza di politica trasportistica.In verità le parole del sig.Gillio (lasciamo per carità di Dio un
commento sul fatto che l’autore si rammarichi di pagare qualche euro per i ritardi dell’opera dovuti all’azione dei no-tav…Perchè non si rammarica invece della somma ben più consistente
che deve sborsare per la mancata gestione del territorio,per le grandi opere inutili,etc. frutto di una classe dirigente ignorante e rapace?)rappresentano un’accozzaglia di banalità,luoghi comuni e nessuna conoscenza di settore. Probabilmente non sa che la Svizzera è un Paese di transito e non di destinazione(al contrario dell’Italia),che la linea attuale è stata ammodernata di recente,che viene utilizzata al 25% (ed è in calo..),che il treno può sostituire il trasporto su gomma solo su lunghe distanze(non sto a spegare il perchè-il sig.Gillio sicuramente ne conoscerà i motivi…),che tra economie sature i traffici commerciali non possono aumentare,etc.Nel caso voglia confrontarsi ed esprimere le proprie ragioni SI-TAV,
invito il sig Gillio ad organizzare un confronto dove,quando e con chi vuole-anche nel cortile
di casa sua-con un tecnico No-tav,ovviamente su basi rigorosamente scientifiche.saluti
sergio simonazzi PS lascio la mail nel caso vi sia risposta affermativa:
Caro Simonazzi, sono assolutamente disponibile a un confronto, anche pubblico. Per cui non mancherò di contattarla via e-mail. Del resto ho tante volte sollecitato confronti, diretti o in rete, ma sempre senza esito (per esempio non mi è pervenuta una sola risposta ai quesiti che qui ponevo: http://www.silviafregolent.it/wp-content/uploads/2013/06/Replica-alla-mozione-parlamentare-sulla-NLTL.pdf ).
Poiché seguo il tema da anni, ho raccolto un vastissimo database che non accoglie soltanto le valutazioni di tecnici No Tav che l’appagano (e che pure credo di conoscere a fondo) e che la mancanza di conoscenze che mi attribuisce sia di fatto una sua semplice aspettativa.
Circa il rammarico di spesa a mio carico – che pur ho definito infinitesimale – ne ho fatta una questione di principio (rivolgendomi a un filosofo, rivendicavo coerenza logica e concettuale), non per questo non sono parimenti risentito nei confronti di altri pesanti costi sociali o mancati investimenti (penso per es. che la portaerei Cavour, strumento di guerra, è costata più di quanto costerà all’Italia il tunnel di base; eppure senza ondate o semplici aliti di protesta). Ma nel primo caso ho modo di esprimere un dissenso politico; nel secondo, contro i sabotatori, non ho strumenti.
Lei entra poi nel merito del tema con un solo argomento, ma non ha buon gioco perché quanto scrive si ritorce implacabilmente contro le sue conclusioni. Infatti, proprio perché in Svizzera il traffico è soprattutto di attraversamento è stato possibile applicare una tassa molto elevata su quello stradale (la TTPCP). E il risultato è il 67,5% di traffico su rotaia raggiunto nel primo semestre 2014. Poiché il traffico dell’arco alpino occidentale è invece per almeno i 2/3 di scambio, una pari tassazione (comunque vietata dall’UE in misura siffatta) costituirebbe un forte deterrente alle esportazioni, oggi giocate al centesimo con la concorrenza, e in più ricadrebbe fatalmente sui consumatori a livello di importazioni. Ricette particolarmente sconsigliabili in tempi di recessione e forti disagi sociali.
Ma proprio di qui discende la ragione di rendere la ferrovia economicamente competitiva. Che pure è cosa che neppure i recenti interventi sulla linea consentono. Infatti i costi continuano a essere estremamente elevati, al punto che è più vantaggiosa per gli autotrasportatori l’autostrada del Fréjus anche benché un TIR paghi oltre 300 euro di pedaggio.
Il problema non è poi relativo soltanto a una tratta, perché, come dicevo nel precedente intervento, la Torino-Lione è parte di una rete. Per cui il contenimento delle emissioni e dei consumi energetici non è quello relativo a 240 km di tragitto ma ai più di 1.000 che percorre tanta parte della merce proveniente dalla Spagna (25%) o dal nord Europa o che attraversata la pianura padana prosegue il viaggio oltre i confini italiani.
Il problema è stato oggetto a livello europeo di un dibattito ultraventennale. Si potrà dissentire dagli esiti, ma non ignorarli. Del resto se il 96% dei senatori francesi ha approvato il nuovo trattato sulla NLTL e l’84% dei parlamentari europei ha approvato la nuova Ten-T vuol dire che l’“accozzaglia” di ragioni (come lei la definisce), qualche non insignificante consenso lo trova. Anche se in Italia sono alquanto ostracizzate, per ignoranza dei sostenitori e fanatismo degli oppositori.
Mi limito a citare gli studi più recenti (preceduti da tanti altri) in cui si considera e riconosce il ruolo dell’opera:
http://ec.europa.eu/transport/themes/infrastructure/ten-t-guidelines/corridors/corridor-studies_en.htm
http://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2014/529081/IPOL_STU(2014)529081(ANN01)_EN.pdf
Il primo è uno studio tecnico richiesto dal Parlamento europeo che riconosce la piena congruità della NLTL alle esigenze della rete centrale (benché con denuncia implacabile di tutti gli errori commessi dai promotori italiani) e uno studio tecnico svolto per la Commissione europea sul corridoio mediterraneo.
Si potrà dissentire dai risultati, ma credo un tantinello azzardato ricondurli a semplici matrici di mafia o di “rapacità” nazionali.
Cordialità