
Il successo di Donald Trump ha alcune analogie con quello che ha riguardato Silvio Berlusconi in Italia negli ultimi trent’anni. Quali sono le ragioni profonde?
La modificazione dei confini tra privato e pubblico, che comincia alla fine anni Sessanta (televisione, pubblicità), non poteva non intaccare anche la separazione tra il corpo e la Polis, tra la persona e il cittadino, tra la sessualità e la politica.
I movimenti non autoritari degli anni Settanta – quello della scuola e il femminismo – hanno interpretato questo cambiamento come ricerca di “nessi”, che ci sono sempre stati, tra poli contrapposti, come la scoperta della politicità di ciò che è stato considerato “non politico”: corpo, sessualità, vita intima, ecc. Lo slogan del femminismo “Il personale è politico” intendeva dire che nel vissuto della persona c’è una storia non scritta, esperienze universali dell’umano “privatizzate e naturalizzate”, che andavano ricollocate dentro la storia, la cultura, la politica, là dove sono sempre state. Voleva dire ripensare radicalmente la politica, portarla alle radici dell’umano, ma anche uscire dalla separazione tra il cittadino e la persona, tra tra ciò che abbiamo chiamato “privato” e la vita personale.

Quello che è successo purtroppo è che, in conseguenza di questa modificazione, anziché verso la scoperta di “nessi” si è andati verso la privatizzazione delle istituzioni, delle figure o dei ruoli di potere. Come ho scritto in Amore e violenza – “Se il potere diventa femmineo” (in riferimento al successo di Berlusconi) – “il consenso di cui gode il Presidente del Consiglio si appoggia in gran parte sul piano inclinato della sua scarsa credibilità istituzionale, su quello che è riuscito a conservare di comune e quotidiano rispetto alla massa anonima dei cittadini. Il tratto esibito di “seduttore sedotto” (…) lo avvicina alla figura accattivante per entrambi i sessi, di una mascolinità che non disdegna inclinazioni femminee, che alla prova muscolare preferisce l’abbellimento, alla voce imperiosa la battuta di spirito e l’allusione maliziosa o il gesto impertinente dell’eterno fanciullo…”.
Un altro fenomeno, che può essere collegato alla modificazione dei confini tra privato e pubblico, personale e politico, è la capacità che hanno le parole, le verità, che escono dagli interni di famiglia di “sprivatizzare”, o, visto da un altro lato di “politicizzare” fenomeni che vengono solitamente liquidati come “casi di cronaca”. Ne sono un esempio gli interventi di Gino e Elena Cecchettin, dopo il femminicidio di Giulia. I “nessi” – tra la violenza contro le donne e il potere maschile, tra il ruolo di un padre e l’appartenenza a un genere, in questo caso, sono comparsi con una indiscutibile evidenza, tanto che le intuizioni e consapevolezze del femminismo hanno occupato le prime pagine dei giornali.
Nella crisi delle democrazie occidentali, oggi sempre più evidente, non si può non riconoscere gli effetti di una modificazione dei confini, e quindi da tutti i dualismi che abbiamo ereditato, a partire da quello tra il corpo e la polis, la persona e il cittadino. La comparsa dei “soggetti imprevisti”, di cui ha parlato Carla Lonzi all’inizio degli anni Settanta, resta un passaggio che ha cambiato la storia e le sue istituzioni, l’idea stessa di rappresentanza, di libertà, di giustizia, di socialità. A prendere distanza dalla “in/civile convivenza” quale è stato il dominio maschile per millenni non poteva che essere il femminismo.
Tra i libri di Lea Melandri Amore e violenza. Il fattore molesto della civiltà (Bollati Boringhieri 2011, nuova edizione 2024) e Alfabeto d’origine (Neri Pozza). Lea Melandri ha aderito alla campagna Partire dalla speranza e non dalla paura
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