di Maria G. Di Rienzo*
Nel mezzo di dimostrazioni assai più grandi questa, sul ponte che collega El Paso/Usa e Juárez/Messico, è passata quasi inosservata. Mentre il nuovo presidente statunitense prestava giuramento, lo stesso uomo a cui piace “prender le donne per la passera” e che ha promesso di costruire fra i due paesi “un grande bellissimo muro”, circa cinquanta donne statunitensi e messicane hanno creato un potente simbolico gesto di resistenza e forza collettiva: intrecciando insieme i loro capelli.
Capelli bianchi e capelli neri, biondi e rossi e castani, in un’unica treccia e chi li aveva corti si è drappeggiata una sciarpa sulla testa per legarla alla capigliatura di un’altra donna.
Xochitl Nicholson di Boundless Across Borders (“Sconfinate attraverso i confini”), una delle organizzatrici, lo ha spiegato così: “Volevamo qualcosa che si riferisse direttamente alle donne, ma che convogliasse anche un messaggio sul nostro retaggio e sul nostro retroterra, che sono comuni”.
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“Nessun gesto è troppo piccolo – ha aggiunto Marisol Diaz, una giovane partecipante – Il cambiamento avviene tramite queste azioni”. Altre donne presenti hanno attestato di stare sul ponte in rappresentanza di chi non poteva esserci: le persone senza documenti, le persone le cui terre sono state occupate, eccetera.
Le trecce hanno una lunga storia nelle mitologie e nei simbolismi del nostro pianeta. Poiché hanno bisogno di tre ciocche tessute insieme diventano per esempio significanti dell’unione di corpo, mente e spirito o di presente / passato / futuro: chi le porta, i suoi antenati, i suoi discendenti. Anticamente, in Finlandia, si credeva che chi era molto abile nel fare trecce fosse anche in grado di domare i venti. Guardate queste donne: sono pronta a scommettere che non c’è vento contrario che non possano imbrigliare.
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* Giornalista, formatrice e regista teatrale, autrice del blog lunanuvola
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