Dove siete?

“Se non puoi avere ragione e forza, scegli sempre di avere ragione e lascia al nemico la forza. In molti combattimenti, la forza può uscire vittoriosa, ma la lotta nel suo insieme è vinta solo dalla ragione. Il potente non potrà mai avere ragione con la forza, ma noi possiamo sempre ottenere forza dall’aver ragione.”
Subcomandante Marcos
di Francesco Biagi
Da due anni il Municipio dei Beni Comuni di Pisa porta avanti in città una campagna di recupero riqualificazione, riuso e rigenerazione degli spazi abbandonati. Dall’ex Colorificio al Distretto 42, passando per la Mattonaia, a prescindere dal titolo proprietario pubblico o privato, ha praticato percorsi sociali di autorecupero per contrastare attivamente le logiche speculative che stanno sempre più condizionando la politica della nostra città. Con il vocabolario sociologico di Henri Lefebvre potremmo dire che, a Pisa, il Municipio dei Beni Comuni pratica autenticamente una battaglia storica per il diritto alla città, ovvero il diritto a “cambiare noi stessi cambiando l’aspetto delle nostre metropoli” senza abdicare all’opportunità di costruire la città che desidera per tutte e tutti.
Seguendo ancora Henri Lefebvre, nel libro “La produzione dello spazio” possiamo leggere chiaramente come il neoliberismo abbia asservito la città al suo supremo controllo, producendo nuove discriminazioni spaziali e sviluppando “un’urbanistica dei promotori di vendita”, ovvero il valore di scambio degli spazi urbani è imposto al valore d’uso che potrebbe esercitare tutta la collettività. In modo particolare l’autore distingue due concetti: la “rappresentazione dello spazio”, quei dispositivi predisposti dal potere per definire gerarchicamente la città assegnandola agli speculatori, e lo “spazio di rappresentazione”, la possibilità utopica secondo la quale possiamo immaginare e iniziare a praticare un’organizzazione spaziale della città che nasca dai bisogni e dai desideri di ciascuno. Specialmente per chi rimane escluso nella ridefinizione dell’urbano decisa dalle élite economiche e politiche.
L’Ex-Colorificio è stato il primo chiaro simbolo di come si sviluppi la dialettica fra queste due opposte tendenze: cinque anni di abbandono, un anno di nuova vita grazie alla liberazione da parte del Municipio dei Beni Comuni e quindi lo sgombero. Un’azione di forza a cui sono seguiti mesi di attesa, dichiarazioni più o meno ambigue da parte dell’amministrazione comunale e quindi il silenzio definitivo. Come procedano le trattative su un bene abbandonato il cui destino dovrebbe interessare la comunità pisana, non è dato sapere. Vige la medesima situazione per il complesso della Mattonaia: trent’anni di abbandono, con bandi di vendita andati deserti, la riapertura da parte del Municipio dei Beni Comuni che ha portato a una reazione sproporzionata da parte del Comune. Poi nuovamente il silenzio. Non ultimo l’ex Distretto militare: vent’anni di abbandono combinata a una gestione privatistica di uno spazio pubblico da parte dei militari, e poi una riapertura che ha coinvolto e animato il quartiere San Martino. Quindi, ancora una volta, uno sgombero e la chiusura di un’area pubblica mentre si continua a vociferare di un “Progetto Caserme” che, fermo da quasi un decennio, non partirà mai.
Per capire quali passi siano stati fatti a un mese di distanza dallo sgombero, e dalla dichiarazione del sindaco in appoggio alla richiesta di avere in concessione il bene è stata convocata un’assemblea pubblica per martedì 20 maggio presso il Circolo Agorà in via Bovio 50 alle ore 21. In questa assemblea la cittadinanza – assieme al Municipio dei Beni Comuni – si confronterà per decidere insieme i modi e tempi di per la riapertura del Distretto 42 e del Parco Andrea Gallo, con un percorso partecipato sulle destinazioni degli spazi, che risponda alle reali esigenze del quartiere. Gli interrogativi che aleggiano fortemente nel dibattito pubblico pisano riguardano ancora la possibilità di aprire canali diretti tra amministrazione e ministero della Difesa, il soggetto che – interrogato sulle sorti dell’ex distretto militare – ha preso parola rivendicando la necessità d’uso del bene senza però dichiarare pubblicamente il reale futuro di quell’area. Cittadini e Municipio vorrebbero sapere se il sindaco ha deciso di opporsi alla decisione del Demanio di non concedere gratuitamente il bene secondo quanto consentito dal “federalismo demaniale”, se al giorno d’oggi sceglie, a Distretto sgomberato, di partecipare a un confronto pubblico sulla destinazione dell’area, chiesto a gran voce da molti cittadini, i quali attraverso una petizione si sono esposti personalmente in solidarietà alla liberazione di questo spazio.
Da tempo il Municipio dei Beni Comuni ha presentato un progetto di recupero organico, all’insegna di socialità, sport, cultura, economia centrata sulle persone, integrazione e inclusione sociale, difesa dei diritti, che prevede attività gratuite per tutte e tutti. Un percorso aperto alla cittadinanza, con una nuova area verde pubblica e fruibile, il Parco “Andrea Gallo” teatro di una resistenza che all’ultimo sgombero ha visto numerosi attivisti salire sugli alberi nel tentativo di esercitare una disobbedienza estrema e radicale ai plotoni della celere schierati per accerchiare l’intero quartiere.
Pensavano di cogliere in contropiede tutti fra Pasqua e il 25 Aprile – credendoli in vacanza – invece li trovarono sugli alberi dopo quasi un mese passato fra i sacchi a pelo, colazioni al parco e apertura ordinaria delle attività sociali. Una prova di forza che ha creato una resistenza quotidiana e ribelle (per citare l’esempio zapatista molto caro agli attivisti pisani), che ha inscritto nella biografia personale di ognuno una politica radicalmente altra, capace di penetrare la vita, quella vera. Quella che vede i “municipalisti ribelli” dividersi fra lavoretti precari per campare (nella mare magnum della crisi) e un braccio di ferro, una battaglia che non solo da più di dieci anni mette in difficoltà il blocco di potere “ex” e “post” comunista, ma anche che li ha resi autonomi, non “comprabili” con accordi o bandi segreti ad hoc che puzzano di mafioso malaffare.
Pare che il progetto di riqualificazione urbana giaccia ancora sulla scrivania del primo cittadino Marco Filippeschi (Pd) troppo impegnato a punire la “movida pisana” e l’incontro nelle piazze. Un’ordinanza d’emergenza che concepisce da una parte la maggioranza studentesca che attraversa la città solo come blocco sociale da spremere fra affitti e servizi sempre più sottratti e privatizzati; dall’altra stigmatizzando i minimarket gestiti da piccoli commercianti migranti, ai quali – dopo l’imposizione di una sanzione amministrativa – per mezzo di questa è permesso alle forze dell’ordine l’utilizzo della minaccia di cancellazione del permesso di soggiorno. Una “microfisica del potere” che fa leva anche sull’ignoranza e la poca conoscenza delle leggi italiane.
Lo scenario sociale a Pisa è molto significativo: l’ex Colorificio è abbandonato, la Mattonaia chiusa, il Distretto sigillato e si vorrebbero le piazze sgombre da una socialità che cerca di sottrarsi alla movida mainstream dei locali lungo i Lungarni. In questa città – solo per citare gli ultimi temi che circolavano fra le testate giornalistiche locali – si pensa inoltre a vietare i cortei, a chiudere i vicoli con cancellate, a concedere spazi solo a pagamento, e a sgomberare le esperienze sociali di autogestione.
Mentre a Pisa si cerca di chiudere ogni spazio con divieti e creazione di nuove frontiere, invece altrove qualcosa si muove. Si pensi al protocollo d’ intesa tra Comune-Demanio-ministero Difesa per il riutilizzo sociale della caserma Gavoglio a Genova o ai casi di Napoli e Messina dove le amministrazioni comunali hanno approvato delibere per il riuso di spazi abbandonati, andando nella direzione dell’esproprio senza indennizzo nei casi in cui la funzione sociale di un bene è venuta meno. Sono segni evidenti che, laddove c’è la volontà politica, gli amministratori hanno gli strumenti giusti a disposizione, e i tempi delle scelte corrispondono alle necessità della cittadinanza.
Paolo Maddalena, ex vicepresidente della Corte Costituzionale, ha detto: “Nulla di nuovo, è tutto scritto nella Costituzione. Vede, il popolo cede ai singoli parte di territorio, che in origine è suo: ma se il singolo non lo utilizza, il popolo sovrano se lo riprende. Non si inventa niente: anche gli antichi romani, nella loro saggezza, stabilirono che le res nullius non esistevano, perché non potevano immaginare che ci fosse un bene che non appartiene a nessuno. E questo principio era accolto anche nello Statuto Albertino. […] Io resto nel solco della Carta fondamentale: il diritto alla prima abitazione è garantito dalla Costituzione. Ma ci sono beni che soddisfano utilità personali e familiari, inviolabili, e altri che vanno ben oltre questi bisogni. La piccola proprietà è intoccabile, ma la grande proprietà deve giovare a tutti. Capannoni, fabbriche, immobili abbandonati non adibiti alla loro funzione” (l’intervista completa è reperibile a questo link).
Al contrario, a Pisa si è deciso di suonare tutt’altra musica: il dogma è costruire e cementificare, continuando a insistere su progetti faraonici, come la realizzazione di una nuova caserma nella periferia pisana che accontenti la lobby militare dei paracadutisti. Per questo il Municipio dei Beni Comuni chiama a discutere tutta la città sul problema della gestioni degli spazi, i quali dovrebbero essere luoghi di democrazia, di socialità e di economia sostenibile per la collettività di oggi come per quella di domani, nonostante e contro una crisi economica che sta dimostrando l’incompatibilità intrinseca fra dispositivi del governo capitalista dell’economia e principi democratici.
Scrive Walter Benjamin in “L’opera d’arte nella sua riproducibilità tecnica”, 1935): “L’attuale crisi delle democrazie borghesi implica una crisi delle condizioni determinanti per l’esposizione di coloro che governano”. Di fronte ad una crisi inarrestabile della rappresentanza politica e delle raffigurazione del popolo sovrano nei suoi rappresentanti è doveroso riflettere su chi veramente costruisce nuovi spazi costituenti di libertà e di democrazia e chi invece – attraverso il silenzio e l’abdicazione agli impegni presi – continua a governare Pisa.
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Comune-info | 22 aprile 2014 | Alla fine la Digos ha sgomberato il Distretto 42, ex caserma abbandonata, occupata e recuparata dai cittadini di Pisa. Per opporsi allo sgombero alcuni erano saliti sugli alberi. Cronaca di una giornata di resistenza creativa
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