Come giovani ebrei si sono trovati a vivere una esperienza langeriana: essere “traditori della compattezza etnica”. Il prezioso punto di vista critico del Laboratorio Ebraico Antirazzista

La scorsa settimana alla sede del Gruppo anarchico Mikhail Bakunin a Garbatella, Roma, si è svolto un intenso dibattito sul conflitto Israelo palestinese con due esponenti del LƏA, il Laboratorio Ebraico Antirazzista1, nato nel 2020 da precedenti esperienze di un gruppo di giovani ebrei ed ebree, che da anni si batte contro le politiche di occupazione dei territori palestinesi e per una narrazione critica su quanto sta avvenendo tra Israele e Hamas.
L’incontro con il pensiero anarchico offre scenari nuovi sulla storia del popolo ebraico e sul ribollire di sguardi e interpretazioni scatenate dalla nascita dello stato di Israele e dal conflitto con i palestinesi; “Gli stati per gli anarchici sono il problema, mai la soluzione” dirà uno dei presenti, aggiungendo che per gli anarchici gli ebrei della diaspora erano dei compagni di strada, attivi contro le misure repressive dello stato israeliano nei confronti delle popolazioni residenti e capaci di far sentire la propria voce già al sorgere del muro intorno a Gaza. L’approccio socialista e anarchico li distingueva dall’iper-confessionalismo che ha sempre più caratterizzato i conflitti in quell’area, unendo l’etichetta “statale” a quella religiosa e chiudendo sempre più le diverse comunità dietro mura di incomunicabilità.
Un’impostazione opposta a quella del LƏA, che nega il nazionalismo e lavora per abbattere la chiusura mentale etnico-geografica delle frontiere, come dimostrano le parole di Bruno che racconta la sofferenza e la difficoltà con cui, come giovani ebrei si sono trovati a vivere una esperienza langeriana: essere “traditori della compattezza etnica”, parlare criticamente delle scelte della propria comunità e della frequente difesa delle politiche della destra israeliana, cercando confronto e alleanze per fermare l’Apartheid e denunciando le discriminazioni e i soprusi compiuti da Israele dopo l’orrore della strage del 7 ottobre ad opera di Hamas.
Prosegue Daniel, rivendicando l’importanza di intrecciare le lotte, di rendersi conto che non si può sconfiggere l’antisemitismo senza combattere allo stesso tempo razzismo e sessismo anche dentro la propria società. Per lui e i giovani del LƏA la nascita di Israele ha portato a una profonda trasformazione nell’identità ebraica, dopo migliaia di anni di diaspora, sempre stranieri in terra d’altri, la nascita dello stato nazione ha generato un etno-stato che non tollera critiche e usa l’accusa di antisemitismo come una clava per difendersi da chiunque esprima opinioni a favore delle ragioni dei palestinesi, anche se ebreo. Lo stesso è accaduto, a parere del LƏA, per il manifesto “NO alla pulizia etnica! L’Italia non sia complice” che avrebbe potuto avere molte più firme se la comunità ebraica si fosse potuta esprimere liberamente senza temere ostracismi e perdita di rapporti personali o addirittura professionali.
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Nel dicembre 2023 al CSV Lazio, anche con il LƏA si era svolto il dibattito: “Contro la logica del nemico2, per il cessate il fuoco e una soluzione politica” e in quell’occasione, così come nelle diverse presentazioni del libro di Anna Foa Il suicidio di Israele3 l’aspetto più distruttivo era proprio la difficoltà a poter prendere la parola per esplicitare le diverse posizioni, e poter nominare, accanto al proprio immenso dolore, quello dell’altro, atrofizzando la capacità di sentire umanità.
In questo momento di conflitti e guerre combattute e previste dobbiamo avere chiaro che ci sono tanti tipi di vittime. Quelle moltiplicate, sui teatri di guerra: uccise, ferite, malate, sfollate, ridotte a profughi alla ricerca di riparo e sostentamento, di cui sappiamo, forse il numero ma di cui non ci preoccupiamo di sapere il nome e quelle, ancor più numerose, di chi ha perso l’orientamento e la capacità di reagire, di chiedere che la violenza si fermi, che il senso di umanità sia riaffermato e sia lasciato lo spazio e il tempo alle ragioni della pace e della convivenza per ricomporre il quadro e uscire dalla voragine dell’accusa e della vendetta.
A New York in questi giorni è stato arrestato Mahmoud Khalil4, uno dei portavoce degli studenti che hanno manifestato nelle università statunitensi contro la guerra israeliana a Gaza e questo è il segnale di un ulteriore escalation di quanto descritto, una “strategia di attacco al Primo Emendamento e al free speech da parte dell’amministrazione” Trump, come dichiarano i gruppi di attivisti per i diritti civili che stanno seguendo il caso.
Trump sul suo social Truth commenta con le parole usate a caso, senza bisogno di giustificare le accuse, con l’intento di demonizzare e tacitare: “Troveremo, arresteremo e deporteremo questi simpatizzanti del terrorismo dal nostro Paese“. Parole del presidente degli Stati Uniti su un canale appositamente chiamato Truth, in russo “Pravda”, qui da noi “Verità” che continuano a “colpirne uno per educarne cento” appoggiandosi su un potere usato come una clava.
E allora in questo momento così disastroso e incerto è opportuno ricordare la lezione di Roberto Sardelli, prete di periferia, che insegnava nelle baracche del Mandrione ai migranti arrivati a Roma dalle regioni del sud Italia, per avere una vita migliore e maggiori diritti, come oggi in Europa dal sud del mondo. E quello che insegnava era la dignità di sentirsi esseri umani, al di là della propria condizione e della propria provenienza; incitava a comprendere le sfide, a non chiudere gli occhi di fronte alle ingiustizie e a sapersi ergere per denunciarle, proprio come ci invita a fare Alex Langer, anche di fronte al proprio gruppo sociale. Noi che abbiamo la fortuna di non vivere la guerra sulla nostra pelle dobbiamo sentire la responsabilità di non cedere alle pressioni di chi vuole mano libera per continuare aduccidere e dobbiamo farci sentire. Come diceva don Roberto l’essenziale è: Non tacere!
Note
1 LƏA è un laboratorio antifascista, transfemminista e intersezionale. Uno spazio eterogeneo e orizzontale dove affrontare la questione israelo-palestinese, a partire dall’opposizione alle politiche di occupazione dei territori palestinesi. LƏA è luogo di elaborazione e sperimentazione di pratiche contro l’antisemitismo, in tutte le sue espressioni, a destra come a sinistra. LƏA è la possibilità di esplorare l’identità ebraica nelle sue molteplici forme. LƏA vuole indagare nuovi modi di fare memoria attiva della Shoah e degli altri genocidi. LƏA è anche presa di coscienza e iniziativa per contrastare l’arabo-islamofobia radicata nelle nostre società e comunità, e contribuire agli sforzi contro il razzismo strutturale del nostro Paese. LƏA è nata da un gruppo di giovani ebreƏ italianƏ dalle molteplici storie ed esperienze, biografiche e geografiche. Dal 2020 ci incontriamo, mossƏ da un comune disagio e dal bisogno di uno spazio che non esisteva, tanto nelle comunità ebraiche quanto negli spazi sociali che attraversiamo.
2 https://www.retisolidali.it/appello-cessate-il-fuoco-disertare-la-logica-del-nemico/
3 https://www.retisolidali.it/il-suicidio-di-israele-intervenire-per-cambiare-i-destini-del-mondo/
Articolo inviato anche a Reti solidali
Ho appreso oggi che esiste il Laboratorio Ebraico Antirazzista: una notizia bellissima, in tempi così bui e difficili. Un incoraggiamento e un grazie di cuore alle ragazze e ai ragazzi che lo hanno fondato
Essere ebrei ed essere associati ad uno stato neocoloniale con un governo guerrafondaio, protetto dall’impunità internazionale, è molto duro e difficile. Le cose di fatto, purtroppo, non cambieranno attraverso le pressioni di una Comunità internazionale svuotata di poteri. Le cose cambieranno solo se dei ‘traditori della compattezza etnica’ rovescieranno il governo di Israele. Quando arriverà quel giorno?