Conoscevo uno a Gemonio, che poi ha avuto un certo successo in politica.
Io sono di vicino a Laveno, da lì a Gemonio sono tre passi e uno sputo. Quel giovanotto farneticava in modo sciatto di nazione lombarda e indipendenza, e a noi tutti sembrava la dimostrazione che il pesce di lago ha poco fosforo.
Ma poi scoprii la questione dei congiuntivi: li diceva corretti quando parlava con chi era più potente di lui e li confondeva coi condizionali quando parlava “al suo popolo”: sì, sbagliava apposta.
Strano, no? Perchè? era una domanda da farsi, sicuramente. Me la feci e formulai questa risposta. Io avevo letto un po’ di Gramsci, ad esempio quelle cosette oggi dimenticate sul concetto di egemonia. Stava fondando un partito di classe. La classe degli “ignoranti benestanti”, di quelli che non avevano avuto voglia di studiare quando per fare i “daneé” bastava usare bene il martello e il cacciavite; di quelli (in Lombardia ce n’erano tanti) che avevano più roba che cultura, quelli che l’unico libro in casa erano le Pagine Gialle. Che lavoravano come dei matti, un po’ perché sapevano far solo quello, un po’ per nascondersi dalla vita affettiva che richiedeva uno spessore umano e sentimentale a cui si sentivano inadeguati. Di quelli spaventati dal computer; che avevano tutto da perdere nella competizione sulla qualità, ma non capivano bene perchè: era un’inquietudine indistinta, istintiva; quindi facilmente rancorosa e alla ricerca di un qualcuno a cui dare la colpa.
Erano i nostri vicini di casa, i nostri amici di bar, i nostri compagni di calcetto, individualmente erano brave persone, magari un po’ ingenue ma non cattive; sicuramente poco rappresentate dal perbenismo democristiano.
Bastava offrire loro un’identificazione di livello culturale minimo, ma nobilitato da un po’ di retorica e autoesaltazione, per trasformarli in un potere politico enorme. Non aspettavano altro: ad esempio usando miti da sussidiario delle scuole elementari: la lega lombarda, o quel “coro dei lombardi” che la maestra di musica faceva cantare in coro (ma agli stonati diceva di muovere solo la bocca)…
Così hanno mosso tutta la vita la bocca fingendo di cantare come un pesce povero di fosforo e oggi come classe sociale sono in gran parte estinti, sterminati dai pescicani più grossi di loro, dalla finanza boomerang, dai loro affarucci immobiliari andati sfitti, dalla concorrenza globalizzata degli ipermercati sui negozietti; dall’aver allevato figli ancora più coglioni di loro, tutti SUV, cocaina e discoteca anche a quarant’anni, che non capiscono perchè il conto in banca si è prosciugato; … tanto la colpa non è loro: è degli immigrati e delle tasse.
Non ditemi che sono luoghi comuni, so che ci sono altre sfaccettature dell’antropologia leghista, magari abili nelle declinazioni sintattiche dei periodi ipotetici. Parlo solo di costoro che sono intorno a noi e per anni si sono comportati da caricature di sé stessi sapendo coscientemente di recitare quella parte per goliardia e per deresponsabilizzazione.
Ormai sono delle macchiette in disarmo. Invece in quel momento di quei primi condizionali sbagliati erano tanti e ancora benestanti, erano i titolari della gran parte delle ricchezze (distribuite su un vasto ceto medio) della parte più ricca della penisola. Capii in quel momento che ci avrebbe dato filo da torcere: era la vecchia furbizia dei contadini individualisti; una furbizia molto tattica e poco strategica, che non ha procedure da giocatore di scacchi (le mancano i diagrammi di flusso con diversi “se succede questo allora si fa così”, è questo che servono i congiuntivi condizionali, l’informatica li chiama if-then, tutte le scienze umane ne sono intrise).
Era avanti, l’Umberto, messo che l’essere avanti su queste miserie umane sia un onore, sicuramente ha anticipato i tempi: antesignano di una miopia strategica che poi in Italia ha intriso la politica e il capitalismo e ha generato il ventennio sguaiato e stolto che stiamo (speriamo) lasciando. Forse… IF lo stiamo lasciando THEN sarò contento.
Marco Geronimi Stoll è autore di molto libri e cd-rom sulla creatività dei gruppi e sul ruolo delle arti nell’educazione; è stato coautore anche di trasmissioni televisive e ha collaborato con diverse università europee occupandosi soprattutto di comunicazione. Negli ultimi anni ha promosso la rete per lo smarketing (“processo di liberazione dall’immaginario dell’advertising, dal consumismo coatto, verso la felicità della decrescita, per la comunicazione come bene comune”) e “Smarketing” (Altreconomia) è il suo ultimo libro. Questo articolo è stato pubblicato sul suo blog.
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