Mai come in questo momento possiamo cercare di vivere la scuola come un luogo di ascolto profondo, nel quale si mescolano ogni giorno le storie di ognuno. Un luogo di stupore e pensiero critico, in forte relazione con il territorio. Un luogo che diventa comunità, in cui immaginare mondi nuovi

Parlare di scuola, di comunità educante e di conoscenza non può essere disgiunto dal concetto di inclusività e accoglienza. Le parole sono importanti e ancor di più se agite. Dobbiamo immaginare un luogo dove stare nel rispetto di tutti gli sguardi, nell’ascolto profondo, in un luogo dove si mescolino e si amalgamino insieme le conoscenze e le storie di ognuno, un luogo nel quale gli ostacoli che si frappongono nel percorso di apprendimento vengano rimossi, dove ci sia la possibilità per ognuno di esistere e di vivere pienamente la propria esistenza.
La scuola da sempre, seppur bistrattata e incompresa, è davvero una parte bella della nostra vita. La scuola luogo della bellezza e dello stupore, della conoscenza vivace e del pensiero critico, luogo dove immaginare mondi. E In questo momento, come affermava Jerome Bruner,
“è necessario invertire la tendenza distruttiva e lottare contro l’odio e l’esclusione. Compito fondamentale dell’educazione è formare cittadini solidali e responsabili, è necessario educare alla comprensione umana tra vicini e lontani”.
Nell’incomprensione generalizzata l’etica della comprensione umana diventa l’esigenza e l’urgenza forte su cui puntare. Non c’è comunità educante senza queste basi. Dotarsi di un linguaggio morbido, pulito e alleggerito da tutto ciò che lo rende inascoltabile. Allora dentro a questo grande contenitore c’è bisogno di una scuola che funzioni, una scuola pubblica sostenuta e tutelata, dotata di spazi che stimolino l’apprendimento, con classi a numero ridotto di alunni, dotata di tutto il personale docente utile e necessario, che da tempo attende di essere assunto. Una scuola laica come prevede la nostra Costituzione e aperta al mondo e come direbbe don Milani (”se si perdono loro, i ragazzi più difficili, la scuola non è più scuola, è un ospedale che cura i sani e respinge i malati”) e che faccia del motto “I care” il proprio faro. “I care, me ne importa, mi sta a cuore è l’esatto contrario del motto fascista me ne frego!”.
Come docente mi sono formata su questi pensieri e con questi pensieri ho sempre guardato alla mia professione a anche alla politica. C’è poi il termine territorio, termine difficile attraversato da letture pericolose, lo spazio dove ci muoviamo e viviamo ogni giorno. Il territorio che è fatto dalla gente, che è attraversato da gente nuova, che non sta fermo mai. Scuola e territorio non sono realtà disgiunte, ma anzi si alimentano insieme. Il territorio non è solo un contenitore o un luogo fisico, ma anche uno spazio in continua costruzione e sede di complesse relazioni interne ed esterne. Riflettere sul concetto di territorio significa pensarlo come luogo di comunità, spazio del vissuto, momento di relazioni. Guardare alle comunità come entità aperte, dinamiche, in continua relazione reciproca, pronte allo scambio, all’interazione e all’innovazione è un approccio fondamentale, il territorio così definito non diventa solo semplice contenitore, ma spazio in continua costruzione dove tutto si mescola e cambia.
C’è un termine che amo molto, preso in prestito dall’antropologia ed è Landscape, che significa terre trasformate, definisce uno spazio bianco entro il quale gli essere umani agiscono, si muovono, costruiscono, trasformano. Ecco scuola e territorio intesi come terre trasformate, che a loro volta trasformano. Trasformare è il termine più appropriato, è pensare a nuovi approcci, è reinventare parole e luoghi. Trasformare è creare, ricreare, vedere il bello.
Scrive Gianni Rodari:
“C’è la necessità che l’immaginazione abbia il suo posto nell’Educazione (e aggiungo io nella politica) non perché tutti saranno artisti ma perché nessuno sarà schiavo”.
Insegnante d’arte in un liceo, allieva di Bruno Munari, Catia Castellani è consulente per la didattica dell’arte contemporanea presso istituzioni, teatri e musei. Conduce laboratori di non-didattica dell’arte contemporanea e di arte-attiva per bambini e bambine di scuole elementari e materne ma anche con detenuti e persone con disabilità. Si occupa anche di formazione per insegnanti. È autrice della testata Benvenuti ovunque.
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