È una vera parata di stelle quella in corso a Siracusa per celebrare i dieci anni di alta moda di un noto marchio. Steso sulla strada bollente e assolata, sotto il muso di un auto, con un cartone, che i volontari della Ronda della Solidarietà hanno infilato nella fessura del cofano, a far da tettoia, c’è Josef, un senza tetto: chissà cosa pensa della parata. Oggi avrebbe dovuto svolgersi… il suo funerale: la bara con la salma era pronta e sigillata. Ma Josef non è morto. Una storia assurda di uomini senza tetto, spesso senza nome: il destino di molti che vivono in basso, non solo nel sud del mondo, è di essere abbandonati come sacchi di immondizia in mezzo alla strada
Nel caldo torrido dell’estate siciliana, a 1,5 chilometri dai lustrini, dagli yacht, dalla città sovraeccitata da una favola gonfia e passeggera, esiste la realtà. Una realtà che in troppi non guardano mai e men che meno adesso, che tutte le energie sono rivolte ai sogni, alle polemiche, ai dibattiti, alle banali seduzioni dei soldi e della fama. A 1,5 chilometri dal cuore della città “di aria e di luce”, c’è il grigio di un asfalto dove si stende una vita dimenticata e ingabbiata da un surreale e inaccettabile paradosso.
Steso sulla strada bollente e assolata, sotto il muso di una macchina, con un cartone, che i volontari della Ronda della Solidarietà di Siracusa hanno infilato nella fessura del cofano, a far da tettoia, c’è Josef. Un uomo slovacco, rannicchiato tra l’auto e una stampella azzurra e con un sacco di plastica bianca nelle vicinanze. Josef è un senza tetto, clochard, barbone, chiamatelo come volete. Vive per strada insieme ad altri. Sta male, consumato dal suo mal di vivere che lo ha portato tra gli ultimi, ai margini. Tra quei margini per fortuna ci sono cittadini che si muovono per garantire dignità, cibo, aiuto, cure a chi come Josef è rimasto solo. C’è Marcello e ci sono le donne e gli uomini della Ronda della Solidarietà. Grazie a loro, Josef oggi è uscito dal paradosso della morte e del silenzio.
La storia è incredibile e assurda e non potrà che finire in procura per ottenere giustizia e accertare responsabilità gravissime. La scorsa settimana, Josef e altri due uomini della strada sono stati ricoverati in ospedale. Per Josef è stato disposto un TSO, trattamento sanitario obbligatorio. Andava curato, necessariamente. Il Comune lo dispone, l’uomo viene affidato alla struttura sanitaria insieme agli altri due, con l’impegno di trovare una struttura per ospitarli subito dopo i giorni di ricovero. I tre risultano positivi al Covid e quindi vengono portati nell’apposito reparto. I volontari seguono la vicenda informandosi costantemente. A un certo punto, nello scorso fine settimana, arriva la notizia che uno di loro è morto. Ed è Josef.
Si pensa al riconoscimento, ma la bara è sigillata per via delle misure anti-Covid. Quindi, in quella cella frigo c’è Josef. Punto. La Ronda della Solidarietà allora si muove per organizzare un funerale, una piccola cerimonia per salutare con dignità quest’uomo. Avrebbe dovuto svolgersi questa mattina. E invece no. Perché qualcuno dell’associazione, domenica vede Josef in giro e avvisa gli altri. Stamane lo trovano in via Elorina, altezza Onda Blu. È al sole, sofferente, non si alza, è sdraiato sull’asfalto. Così lo trovo anche io quando mi chiamano per raccontarmi questa assurda storia e mostrarmi cosa accade. Poi lo vedo sedersi, con la postura curva, la faccia rivolta in basso, ogni tanto mi guarda smarrito quando pronuncio parole di indignazione per questa vicenda.
Josef è vivo e in quella cella frigorifera c’è qualcun altro che non si sa chi sia. Uno dei tanti, uno di loro, forse uno dei due che con lui era stato ricoverato. Il polacco o il tunisino, chissà. Già, perché nemmeno loro, a quanto pare, sono in ospedale, ossia dove avrebbero dovuto essere. Sono in giro, o forse uno è morto e l’altro in giro. E che importa il nome, sono esseri umani soli e senza nomi, sono scarti, cosa cambia che sia Josef il morto o un altro. Basta che si tolgano dai piedi, no?
Gli uomini della Ronda della Solidarietà sono lì, hanno chiamato il 118, che si è rifiutato di portarlo in ospedale, perché Josef non vuole andarci. “È maggiorenne, capace di intendere e di volere”. Già, ogni tanto, per qualche minuto, forse sì, ma è malato e ha avuto un TSO. Nulla. Non si può. Il 112 dice che devono occuparsene i vigili urbani, che a loro volta non possono portarlo da nessuna parte perché è positivo al Covid. Insomma, morale della favola: nessuno lo sposta da lì, dove il sole e le mosche lo stanno sfinendo. Ci pensa la Ronda a farlo. Affitta una moto ape, lo fanno salire sul cassone, indossando mascherine e guanti, a loro rischio. Lo portano a Ortigia, in un posto all’ombra. A due passi da un set in cui si sta raccontando la favola, tra Van con i vetri oscurati, telecamere, set.
Josef cammina a stento, a gattoni, non si alza in piedi. Sta male, ma stanotte rimane per strada, la sua strada, positivo al covid, malato, sofferente. Le autorità competenti, in questo caso il Comune, stanno cercando di capire come fare, mentre l’Asp… non si sa. Forse sta cercando di trovare una spiegazione al fatto che ci sono un morto non identificato e due persone positive in giro, dimesse da non si sa chi.
Martedì Josef farà un tampone, se dovesse risultare negativo sarà sistemato in una struttura dal Comune. Se fosse positivo, beh, allora dovrebbe essere curato e preso in carico dalle strutture sanitarie. Di certo, non dovrebbe essere lasciato per strada. Non doveva accadere nemmeno questa mattina. Non dovrebbe accadere mai in un mondo civile, in una città piccola e con pochi casi, nel 2022. Non dovrebbe accadere e qualora accadesse per un corto circuito gravissimo, chi ha la responsabilità, chi riveste il ruolo di massima autorità sanitaria, dovrebbe intervenire con immediatezza e decisione. Magari interrompendo per un attimo la narrazione della favola e tornando a ricordarsi che esiste la realtà. Molto meno glamour, molto meno sorridente, molto più dura e triste.
Oggi ho provato un dolore enorme e dire che ne ho viste tante di situazioni pesanti nella mia professione di giornalista in tanti anni. Ma quell’essere umano abbandonato come un sacco di immondizia in mezzo alla strada, mi ha strappato il cuore e i nervi. Mi auguro che domani, chi di dovere, risolva questa situazione e rimargini la ferita alla dignità di quest’uomo. E magari ci faccia sapere dove sono finiti gli altri due e chi è il morto che giace solitario e sconosciuto in una cella dell’ospedale.
AGGIORNAMENTO DEL 12 LUGLIO
La storia di Josef continua a essere la fotografia di un meccanismo sociale che non funziona. Ieri sera Josef era a Ortigia, nel luogo in cui dei volontari lo avevano accompagnato con una motoape noleggiata. Un luogo dove poteva stare al riparo dal sole durante il giorno. È stato rifocillato e seguito. Intanto, ieri pomeriggio, dopo un costante confronto, è stato deciso che questa mattina, il Comune, che ha coinvolto anche la Croce Rossa, avrebbe provveduto insieme all’Asp a effettuare il tampone a Josef. Qualora fosse stato negativo, l’uomo sarebbe stato subito trasferito in una casa di accoglienza del Comune. Altrimenti, sarebbe stato preso in carico dall’Asp. Almeno, questo è quello che mi ha detto per telefono l’assessora Carbone. Solo che Josef, in quel luogo in cui era stato lasciato ieri, questa mattina non c’era più. Irreperibile.
Lo hanno cercato tutta la mattinata, così come lo ha cercato durante il giorno anche la Ronda della Solidarietà. Nulla. Sparito. Nel frattempo ho saputo che a quanto pare il clochard slovacco non avrebbe ricevuto in ospedale il TSO disposto dal Comune. Perché? Non si sa. E ho saputo anche che l’uomo, a dire dell’Asp, sarebbe risultato negativo e si sarebbe allontanato volontariamente. E perché, considerate le sue condizioni di salute e la sua chiara incapacità di intendere e di volere, nessuno lo ha fermato? Non si sa.
Questa storia è tutta surreale e misteriosa sul piano delle dinamiche e delle responsabilità.
Intanto anche per uno degli altri due senza dimora che erano stati ricoverati con lui è stata disposta l’accoglienza in una casa del Comune. Al momento sarebbe ricoverato però in un reparto Covid, pare sia stato trasferito in quello di Noto. Il terzo uomo, invece, polacco, dovrebbe essere colui che è deceduto e che si trova nella cella frigo dell’ospedale. Dovrebbe essere sua la salma che era stata scambiata per quella di Josef. Ma su questo solo supposizioni, perché non viene ammesso il riconoscimento del corpo, in quanto la morte sarebbe giunta con in corso l’infezione da Covid.
In serata, poco fa, arriva un’altra notizia: Josef sarebbe nuovamente ricoverato in ospedale. Pare che ieri a mezzanotte qualcuno, magari vedendolo mal ridotto, ha chiamato il 118, che questa volta lo ha preso in carico e portato nel nosocomio siracusano.
Ovviamente tutto questo ha bisogno di conferme e forse è ora che l’Asp, sollecitata a quanto so dall’assessora, fornisca notizie chiare e certe e faccia luce una volta per tutte su questa storia, dicendoci dove si trova Josef, dove si trova l’altro senza tetto ricoverato, e soprattutto accerti l’identità di quel morto senza nome. Il condizionale, infatti, non si coniuga con i diritti e la dignità delle persone.
Adesso che sappiamo, che abbiamo compreso quale cortocircuito disumano abbia prodotto questa assurda vicenda, abbiamo bisogno di certezza, trasparenza e spiegazioni, sperando inoltre che la Procura acquisisca gli atti e verifichi come sono andate le cose e perché. Perché storie così non possono passare in silenzio. Domani, vivremo un’altra puntata di questo dramma. Speriamo che sia quella che ci conduca alla conoscenza accertata dell’attuale condizione di Josef e degli altri due esseri umani coinvolti in questa storia assurda e triste. [MP]
Lascia un commento