
Samuel Sasiharan e il suo compagno si sono rivolti allo Sportello contro il razzismo il 5 gennaio scorso per raccontare la loro storia. Una brutta storia, iniziata tre anni fa, che la giustizia italiana ha deciso di archiviare alla fine dell’ottobre 2023, nonostante l’opposizione presentata dalla loro legale. Quando ci hanno contattati, erano indecisi sulle procedure necessarie da seguire per effettuare il ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Nel febbraio 2024 quel ricorso è stato presentato e, nell’attesa del suo esito, che sarà lunga, i due giovani hanno scelto di rendere pubblica la loro storia cercando il supporto dei media.
Ad oggi ne hanno scritto Domani, con tre articoli pubblicati il 27 e 28 febbraio e l’8 marzo scorsi, la Gazzetta di Modena e ModenaToday. Un breve servizio è stato messo in onda anche su Rainews. Samuel Sasiharan ha pubblicato anche una storia sul suo profilo Instagram personale.
Quello che segue è il racconto della loro vicenda, che pubblichiamo su loro richiesta e con la loro autorizzazione. Una vicenda che, come dicono i ragazzi, ha a che fare con “razzismo, abusi in divisa, xenofobia, omofobia e violenza”.
I fatti
Sassuolo, 22 dicembre 2020. Samuel Sasiharan, cittadino tedesco/britannico di origini Tamil dello Sri Lanka, e il suo compagno italiano, sono al supermercato. Vengono fermati con l’accusa di non aver pagato tutti i prodotti di una spesa (accusa cui seguirà nel 2023 un proscioglimento). Nasce un tafferuglio e viene coinvolta una pattuglia della polizia di passaggio.
La polizia identifica i due giovani chiedendo a Samuel il permesso di soggiorno e al compagno la carta di identità. Samuel, che non parla italiano e non capisce cosa stia succedendo, si preoccupa sin da subito e inizia a fare riprese video di ciò che succede. Gli agenti si arrabbiano. Portano i giovani nel magazzino del supermercato e fanno una prima perquisizione con esito negativo. Quindi li scortano fuori dal supermercato tenendo Samuel saldamente per il braccio (non il compagno) e li conducono in commissariato.
I soprusi
Qui, come racconta la coppia e come sembra emergere da alcune immagini video, le intimidazioni degenerano in soprusi e violenze. I telefoni vengono sequestrati. I due giovani sono perquisiti di nuovo in mezzo al corridoio del commissariato, antistante ad alcune celle. Viene chiesto loro di spogliarsi completamente e di inchinarsi a 90 gradi.
Samuel viene portato in un’altra stanza; durante l’interrogatorio, riceve uno schiaffo da un agente che lo fa cadere a terra. L’agente minaccia di denunciarlo se non cancella i video. Quindi viene messo in cella. Ha effettuato pochi giorni prima un intervento al retto: la perquisizione provoca dolore, sanguinamenti e una crisi di panico, senza che sia attivato alcun tipo di soccorso.
Viene perquisito anche il suo compagno italiano; a lui sono risparmiate le percosse. Il rilascio di entrambi avviene solo alle sette di sera, dopo circa cinque ore.
La sera stessa i due uomini vanno al Pronto Soccorso: Samuel riceve una prima prognosi di cinque giorni (in totale i giorni di prognosi saranno venti).
La denuncia
La coppia sporge denuncia contro gli agenti del Commissariato di Sassuolo nel marzo 2021. Il PM avanza una prima richiesta di archiviazione a cui si oppone la legale dei due uomini, presentando un ricorso molto dettagliato e alcuni video come prove dell’accaduto. Nonostante questo, a fine ottobre 2023, il Giudice per le indagini preliminari conferma l’archiviazione. Il ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo viene presentato lo scorso febbraio.
Samuel e il compagno sono molto feriti e scoraggiati, ma non vogliono arrendersi.
Sperano che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo riconosca l’ingiustizia che hanno subito. Ma vogliono anche denunciare pubblicamente quanto è successo affinché “certe cose cambino, sia nella mentalità delle persone, sia nel modo in cui le forze dell’ordine sono reclutate, formate e controllate nel loro agire”. Sperano che ciò possa contribuire ad evitare che quanto è successo a loro possa ripetersi ancora.
Il compagno di Samuel, che vive a Sassuolo, preferisce mantenere l’anonimato.
Samuel ha trovato il coraggio di esporsi in prima persona perché non risiede in Italia. Sconta ancora oggi le conseguenze di quanto è successo quel 20 dicembre di tre anni fa: continua ad avere attacchi di panico, assume psicofarmaci, ha paura delle forze dell’ordine e viaggia il meno possibile.
Nonostante tutto, “Arrendersi”, ci dicono, “non è un’opzione”.
Fonte: Cronache di ordinario razzismo
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