Quella delle Brigate Garibaldi Sankt Pauli, ad Amburgo, non è solo una bizzarra comunità di tifosi di calcio attenta ai temi dell’antirazzismo e profondamente legata alla storia partigiana italiana. In realtà, è prima di tutto una storia di relazioni sociali, di bambini e ragazzi che vivono ogni giorno lo sport come esperienza popolare, di non-vedenti che frequentano lo stadio. Ecco, prima di riaprire gli stadi bisognerebbe proprio conoscere storie come questa, diffuse anche in altre città del mondo

Lo “sport di base”, meglio conosciuto come “sport popolare”, viene spesso travisato, denigrato e sottovalutato. In verità lo sport popolare nasce nell’Ottocento nei paesi del nord Europa, in particolare in Germania e Inghilterra, proprio come organizzazione popolare spesso legata alle Trade Union e ai dopolavori: a titolo esemplificativo basta ricordare i casi dell’associazione dello Schalke 04, nato grazie all’immigrazione polacca nelle miniere della Renania, o del Nottingham Forest, legata al nome di Garibaldi e ai movimenti sindacali. Dallo stesso patriota italiano prende il nome un’associazione di emigrati italiani, fans sfegatati del Sankt Pauli, antirazzisti e profondamente legati alla storia partigiana italiana: ecco come sono nate le Brigate Garibaldi Sankt Pauli, che dalle antiche brigate partigiane prendono il nome.
Potrebbe sembrare strano ma per quanto concerne lo sport popolare c’è stato un tempo in cui anche da noi lo stampo associazionistico era la regola: basta vedere il Genoa Cricket & Football club, fondato dagli inglesi secondo i criteri allora in voga in Gran Bretagna, oppure quelle che noi oggi chiamiamo SpA o club, ma che al tempo della fondazione erano tutte associazioni di sport popolare. La Lazio con le sue varie sezioni sportive, o la stessa Juventus con le sue tantissime commissioni (Rugby Hockey, Tennis, Atletica, Nuoto) che, specialmente nel dopoguerra, formarono un nuovo tessuto sociale, sportivo e aggregativo. Solo nel (relativamente) recente 1967 la Juventus si aprì al modello SpA.

Il Sankt Pauli e tutto il nord Europa, invece, continuano ad avere come riferimento l’organizzazione di base sportiva e popolare, che aggrega e riunisce il capitale umano a quello economico, lasciando però sempre al centro la persona.
Si creano quindi aggregazioni di persone, inclusione, condivisione e partecipazione, cose che purtroppo da noi sono solo un vago ricordo. Per fare un esempio potremmo immaginare una realtà come il Sankt Pauli immersa in Italia. Parliamo di un quartiere paragonabile a Trastevere di Roma, o i Quartieri Spagnoli di Napoli, dunque nel cuore della città (Amburgo ha oltre due milioni di abitanti e oltre quattro con la zona metropolitana). Lo stadio (il Mllerntor) è a cento metri dal porto e quindi dovreste immaginarvi il San Paolo di Napoli al posto del Maschio Angioino, con oltre 30.000 persone che riempono lo stadio. Sempre. Tutte le giornate il tutto esaurito, senza ingorghi e senza problematiche di genere. Durante la settimana potete poi immaginare le collaborazioni con le Università, con le scuole medie e superiori, con l’asilo Nido dentro lo stadio (con vista sulla curva sud) con oltre 150 bambini tutti i giorni. E poi i bambini che praticano tutta la settimana sport nelle strutture (comunali, ma date in comodato d’uso al Sankt Pauli). Immaginatevi allora di vedere dei non vedenti andare a vedere una partita allo stadio: se vi sembra strano, sappiate che da queste parti è vita quotidiana. Allo stadio del Sankt Pauli, infatti, vanno anche i non vedenti per seguire le emozioni dello sport di base, grazie a un progetto che offre, alle persone con questa disabilità, una telecronaca puntuale della partita.


Il Sankt Pauli, oltre al noto club calcistico che non ha mai vinto nulla, vanta anche la sezione rugbistica, con i suoi otto scudetti nazionali, il Triatlon, con varie partecipazioni a Olimpiadi e mondiali, la Vela, con oltre settecento soci praticanti sui sette mari, e si continua poi con la pallamano, il calcio femminile e il calcio per non vedenti, con uno scudetto all’attivo. Il risultato è partecipazione, socialità, aggregazione.
Questa, logicamente, non è una prerogativa solo del Sankt Pauli, ma di tutte le associazioni sportive, tedesche e non solo. Ecco quindi che l’associazione del Boca Junior a Buenos Aires aggrega oltre 150.000 soci, quella del Fenerbhace a Istanbul oltre 160.000, quella del Benfica 265.000, ma al top troviamo il Bayern di Monaco, che ha oltre 295.000 soci ed è la più grande associazione al mondo.
E se ci impegnassimo a riportare anche in Italia il metodo associativo, forse vinceremmo tutte molte medaglie d’oro alle Olimpiadi, avremmo molto meno razzismo e perfino tanti dignitosi posti di lavoro in più sparsi in Italia. E, soprattutto, avremmo un tessuto sociale più bello e solido.
Brigate Garibaldi, club Ufficiale del FC Sankt Pauli di Amburgo antirazzismo militante
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