Tratta da pixabay.com
La pandemia ha allargato se possibile il divario con i migranti. I decreti sicurezza e la paura del contagio hanno accentuato il distanziamento sociale e oggi a pagarne le conseguenze per primi sono ancora una volta proprio loro, i migranti presenti in Italia. Le procedure adottate dal governo non si adattano a chi è senza mezzi e senza padronanza della lingua. La didattica a distanza impossibile da immaginare per loro, la ricerca di un alloggio più complessa di prima, la diffidenza amplificata dal Covid, colpisce senza pietà soprattutto chi è “forestiero” , viene cioè “da fuori” che in questo contesto assume un carattere ancora più inquietante.
In Umbria, lontano dalle varie Gioia Tauro, Cassibile, punti nevralgici dello sfruttamento dei braccianti immigrati, una piccola azienda agricola decide di collaborare con la Caritas di Foligno e di occupare per i propri vigneti richiedenti asilo. Un’iniziativa che la famiglia Caprai ha avviato da oltre cinque anni e che nell’arco degli ultimi tre anni, ha dato la possibilità a più di trenta richiedenti asilo provenienti dal Nord e dal Centro Africa di lavorare nel vigneto. Piccoli numeri certamente ma che corrispondono ad altrettante persone che oggi possono immaginare concretamente un futuro diverso, avere una casa, studiare (qui un articolo più ampio).
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