La pandemia ha svelato, tra le altre cose, la necessità di ricomporre le relazioni sociali nei territori e perfino nei condomini. A Firenze è nato un manifesto “Per una città di prossimità” che raccoglie dodici idee per ripensare città e paesi partendo dai rioni e dai borghi: servizi sanitari locali, mercati e orti rionali, spazi per il recupero degli oggetti, banche del tempo, luoghi di riparazione delle bici, Zone 30…

Per una città di prossimità:
dodici proposte per una città a misura di persona
Gli ultimi decenni hanno spesso portato a città a misura di automobile.
Si abita in un luogo in cui si trascorrono quasi soltanto le ore in cui si dorme, si lavora in un altro luogo, si fanno acquisti nella grande distribuzione organizzata, eccetera.
I centri storici hanno perso il proprio tessuto produttivo e le loro funzioni e pian piano si sono svuotati, così come i piccoli borghi.
La recente pandemia ha svelato, tra le altre cose, la necessità di ridare vita e funzioni a molte zone delle città, l’importanza di una economia di prossimità, l’urgenza di un mondo in cui le persone, il cibo che mangiano, le cose che producono e consumano, si muovano un po’ meno.
Questo comporta un ripensamento delle città su base rionale: in molti luoghi si inizia a parlare di “città dei quindici minuti”, una città dove casa, lavoro, spesa, svago, siano raggiungibili per lo più a piedi, un maggior tempo trascorso all’interno di una realtà locale sempre meno spersonalizzante e sempre più accogliente, sempre più simile a una comunità.
Una città del genere dovrebbe essere organizzata in unità più piccole degli attuali quartieri: rioni aventi 10-15mila abitanti al massimo: questo è infatti il limite massimo all’interno del quale si riesce a identificare una realtà comunitaria.
Per raggiungere questo obiettivo servono scelte e proposte concrete.
Proviamo a elencare alcune idee, dodici proposte per una trasformazione della città in senso rionale.
1) Servizi sanitari In ogni rione un centro sanitario di base, con i medici di famiglia, i pediatri, il consultorio. Un posto in cui fare un prelievo dovrebbe esistere in ogni rione, a pochi minuti a piedi dalla propria abitazione.
2) Centro civico In ogni rione un centro, che possa essere multifunzionale, luogo di aggregazione, ufficio per la burocrazia di base e aiuto nel disbrigo di pratiche in digitale, sede per un mediatore civile e commerciale.
3) Rappresentanza e Gestione dei beni comuni Il rione elegge i propri rappresentanti, residenti nel rione stesso. La natura geografica e sociale del rione permette ai rappresentanti di conoscere le caratteristiche del proprio territorio. Il rione deve essere dotato di un piccolo bilancio e risorse da impiegare, con rendicontazione, in regime semplificato.
4) Servizi per la riparazione e il recupero degli oggetti. Quei mestieri che consentono di andare nella direzione delle “tre R” dovrebbero essere presenti come servizi di prossimità ed essere incentivati, con sconti su Tari, Imu, canone d’affitto eccetera.
5) Mercati rionali. Firenze, ad esempio, ne ha 29. Questi mercati dovrebbero il più possibile essere agganciati al territorio e anche alle piccole produzioni, magari anche hobbistiche, presenti sul territorio, il loro potenziamento deve andare di passo con il potenziamento di orti rionali, ovunque possibile, anche recuperando spazi dismessi o sottoutilizzati.
6) Servizi di coworking e smart working: una rete di spazi recuperando dei fondi sfitti, uno per ogni via o quasi, luoghi in cui trovare una scrivania, un collegamento internet e alcune “facilities”, la rilocalizzazione dell’economia avrà un carattere unitario e sarà guidato dall’obiettivo di realizzare reti economiche imperniate su reciprocità e solidarietà, oltre che su un sempre maggiore adeguamento del numero di posti di lavoro presenti sul territorio e il numero dei suoi abitanti (logica “uscio e bottega”).
7) Banche del tempo ed economie locali: il ruolo delle banche del tempo è duplice: da un lato favoriscono scambi prevalentemente locali, dall’altro in un tempo di crisi, in cui tante persone con delle competenze importanti potrebbero trovarsi inoccupati o disoccupati, possono diventare un ausilio mettendo in contatto domanda e offerta. potrebbero essere inserite in più ampi “centri per l’economia locale”, in cui si attivano circuiti di microcredito locale, si sperimentano economia del dono e/o valute locali.
8) Verde pubblico. Una rete di giardinieri a cui viene affidata una piccola zona, equivalente a 1-2 ettari di verde massimo a testa, che operano in sinergia con associazioni e cittadinanza locale. Togliere spazio al suolo impermeabilizzato, piantando alberi ovunque possibile. Gli operatori del verde e la cittadinanza dovranno essere formati ai principi dell’ecologia e della gestione sostenibile degli ecosistemi urbani.
9) Centri rifiuti ed ecostazioni. Diffusi capillarmente. Immaginando un futuro con servizio di rifiuti porta a porta, esso dovrebbe essere affiancato da piccoli centri per il conferimento.
10) Parcheggi e riparazioni bici: Ogni rione dovrebbe avere adeguati parcheggi sicuri e luoghi di riparazione bici. Un piccolo fondo di qualche decina di metri quadri può diventare un “garage”, magari abbinato a un’officina di riparazione.
11) Zone pedonali: le zone pedonali non dovrebbero essere soltanto in centro, ma in ogni rione. Ogni grande modifica urbanistica, come ad esempio la costruzione di un grande centro commerciale o il ripensamento di una grande area dovrebbe essere fatta con percorsi davvero partecipativi.
12) Zone 30 per stimolare la mobilità dolce, zone realizzate anche con accorgimenti che impediscono fisicamente il raggiungimento di grandi velocità.
Queste 12 proposte vogliono essere un punto di partenza per imprimere alla città una direzione diversa, per molti versi opposta a quella che ha seguito per decenni.
A questa riflessione sulla città, che si concentra maggiormente sulle sue funzioni, si affianca una riflessione sulle “forme”, sui volumi costruiti, sugli edifici, sulle superfici occupate.
Alcune di queste 12 proposte richiedono scelte amministrative a livello locale, altre chiedono scelte di portata regionale o superiore, o modifiche di alcuni decreti.
L’adozione di queste suggestioni può però già essere fatto a livello di comune o anche di quartiere, per cercare di indirizzare la città del futuro.
Oltre ai relatori, collaborano e aderiscono per primi all’appello che presenteremo tante altre personalità e realtà, in ordine alfabetico:
Caterina Arciprete, ricercatrice sociale
Associazione Confluenze
Associazione Ideale Ambiente
Associazione Piazza della Vittoria
Giovanna Balzanetti, Università di Firenze
Ugo Bardi, Università di Firenze
Mania Brundu, attivista ecologista
Fanny Di Cara, Università di Firenze
Comitato Cittadini Villa Strozzi
Grazia Francescato, politica e attivista, ex presid. Federazione dei Verdi
Piero Funis, architetto
Alberto Magnaghi, architetto e urbanista
Rita Micarelli, ecologia umana
Pinuccia Montanari, ex amministratrice a Reggio Emilia, Genova, Roma
Silvia Pennazzi, rivista Senso Comune
Beniamino Peruzzi, Università di Pavia
Giogio Pizziolo, Università di Firenze facoltà di Architettura
Gianfranco Polvani, sindacalista Spi Cgil
Gianni Scotto, Università di Firenze e Piccola Scuola di Pace dell’Isolotto
Lista civica “Per una cittadinanza attiva”, Bagno a Ripoli
Mauro Vaiani, CLT Comitato Libertà Toscana
Vincenzo Valenzi, direttore dipart. medicina integrata e biofisica Unifeder
Fabrizio Valleri attivista di Libera Firenze, calciante de’ Bianchi
Il manifesto, scrive Miguel Martinez sul blog kelebeklerblog.com, “è stato scritto velocemente, è imperfetto, è sbilanciato tra diversi elementi, ma la perfezione non è di questo mondo. Prendiamo come un inizio…”.
Interessante.
L’Italia è questa quando la attraversi lentamente nelle sue “minorita’ turistiche” , in quei luoghi un po’ ai confini, dove lo Stato ha la sua storia di latitanza e dove, sia nel bene che nel male, le comunità hanno sopperito a questa assenza con forme libere e spontanee di autorganizzazione, creando reti di economie e socialità perfettamente corrispondenti e aderenti alle loro culture storiche. Il crescente e diffuso abbandono poi dei paesi ha contribuito non solo a rafforzare il senso stretto della comunità nel presente ma soprattutto a tessere quel filo sottile e invisibile che ricama insieme passato, presente e futuro, dedicando pensieri e azioni virtuose verso quella piccola minoranza di bambine e bambini tenuta in grande considerazione, come una preziosità umana unica per non perdere come comunità quella invisibile realtà che è poi la nostra parte genetica e culturale insieme….
Spero fortemente in questa forma di vitalità che ho sempre cercato nel nostro paese e che è considerata, al contrario, come “agonia o forma residuale di sopravvivenza”, convinta che potrebbe essere un modello sano del nostro vivere civile e democratico…. Lontani da quel modello universale di “centro commerciale” che rischia di plasmare tutto il senso del nostro vivere… Manifesto bellissimo nella sua idea.
I punti del Manifesto sono importanti e io vorrei aderire. Però è vero che andrebbe migliorato; manca ancora una parte sulla scuola!
Bellissima iniziativa. C’è un’Italia bella, fatta di esperienze già in essere da valorizzare, raccontare, mettere in rete, affinché il contagio si diffonda.
Complimenti.
Mi sembrano considerazioni basiche indispensabili; manca tutta la parte sulle scuole, che devono essere di prossimità soprattutto per quelle dell’obbligo; manca la richiesta del mantenimento dei negozi di vicinato per nn dovere rincorrere sempre la grande distribuzione; manca la necessità di una presenza di fermate diffuse di trasporto pubblico per consentire a ciascuno una uguale accessibilita’ a tutto il territorio anche al di fuori delle zone 15 minuti
Ringrazio i commenti e aggiungo che di molti argomenti abbiamo parlato, in particolare di scuola. Partiremo con un percorso di condivisione e lavoro progressivo.
Chi fosse interessato, può chiamare il n.3276622432 Marco