A metà gennaio, in una discussione nello staff del Fondo monetario internazionale, si è spiegato che lo sviluppo dell’intelligenza artificiale renderà superflua la metà dei posti di lavoro esistenti. Altre analisi la giudicano una stima troppo contenuta. Dal punto di vista del sistema di relazioni sociali che domina il pianeta, quello che misura ogni passo esclusivamente sulla possibilità di accumulare più capitale e denaro, c’è dunque una gran parte dell’umanità, oceani di persone, che non è necessaria, anzi è di troppo. Sarebbe opportuno sbarazzarsene. La guerra ai migranti si alimenterà presto di altri immensi esodi. È una delle facce più atroci di quella che nel 1999 gli zapatisti hanno chiamato Quarta guerra mondiale. La combattono le classi, gli interessi e il pensiero dominanti, con molti strumenti e tutti gli Stati, impegnati a proteggerne gli interessi e le possibilità di riproduzione, contro tutti i popoli. Poi, in particolare, la combattono senza pietà contro le persone povere e quelle migranti. Sempre al fine di ottimizzare gli investimenti ed estrarre nuove risorse, quelle persone, condannate alla miseria e al dolore, se tentano di fuggire – attraverso il mare, le giungle o i deserti – per cercare scampo e qualche fortuna – vengono fermate con ogni mezzo. È la legge della nuova frontiera. Ci sono anche interi popoli, però, che occupano terre che servono ad altro e ad altri: è il caso dei Palestinesi, degli indigeni della Patagonia, dei Curdi del cantone di Afrin e di molti altri. Quelli vengono deportati o spinti a forza nei campi profughi, oppure rinchiusi in molti e diversi tipi di prigione a cielo aperto. Devono sparire alla vista, per ora
L’idea che una parte dell’umanità sia di troppo, dal punto di vista del capitale, è stata probabilmente formulata con tanta chiarezza per la prima volta da Mike Davis, geografo, attivista e storico statunitense, nel suo libro “Il pianeta degli slum” (Feltrinelli, 2006).
Sebbene esistano sicuramente altre formulazioni simili, quel che è certo è che la realtà del fatto che una parte di umanità possa essere cancellata dal pianeta è sempre più presente nelle nostre vite, malgrado il sistema dei partiti, i media mainstream e il mondo accademico insistano nell’impegnarsi a negarlo.
Alcuni dati mostrano chiaramente l’esistenza di quella parte in eccesso della specie umana, e tutto indica che essa tenda ad aumentare.
Alcuni giorni fa, il Fondo monetario internazionale (FMI) ha assicurato che l’intelligenza artificiale colpirà il 40 per cento dei posti di lavoro nel mondo, ma altri analisti sostengono che “sostituirà tra il 50 e l’80 per cento della popolazione mondiale nei suoi posti di lavoro”.
Da un lato, il FMI suggerisce agli Stati di regolamentare l’intelligenza artificiale, sapendo bene che hanno sempre meno possibilità di farlo. Dall’altro vi è pieno consenso sul fatto che la disoccupazione, il lavoro precario e ogni tipo di rapporto contrattuale informale continueranno a crescere in un continente come l’America Latina che già presenta tassi impressionanti di povertà e sottoccupazione.
La migrazione è una delle grandi conseguenze della precarietà della vita. Il Migration Policy Institute, in un rapporto di ottobre, ha affermato che fino al 2021 il numero di persone che attraversavano la giungla nel Tapón de Darién era relativamente irrilevante rispetto ad altre rotte migratorie. Nel corso del secondo decennio del secolo, appena 11mila persone avevano attraversato quello che il rapporto definisce “l’inferno” della selva del Darién (se volete farvi un’idea sul tipo di impresa di cui si parla, date un’occhiata a questo video, ndt). Nel 2021 il numero è salito a 130mila, si tenga conto che sono tutte persone che vanno a piedi, ma “nel 2022, gli arrivi sono saliti alle stelle raggiungendo quasi 250.000 persone. Questa cifra è stata superata nei primi otto mesi del 2023 e più di 500.000 persone sono sulla buona strada per attraversarlo” entro la fine del 2023.
La ONG Human Rights Watch (HRW) ha denunciato che le guardie di frontiera saudite hanno ucciso centinaia di migranti e richiedenti asilo etiopi che avevano tentato di attraversare il confine tra Yemen e Arabia Saudita tra il marzo 2022 e giugno 2023. “I sauditi stanno uccidendo centinaia di donne e i bambini fuori dalla vista del resto del mondo, mentre spendono miliardi nello sport per ripulire e far più bella la loro immagine”, afferma la ONG, in un articolo reso invisibile dai media mainstream (https://goo.su/qUmBbC1 ).
Nel rapporto “Ci hanno sparato come fosse pioggia”, HRW denuncia “uccisioni di massa di migranti etiopi in Arabia Saudita, al confine tra Yemen e Arabia Saudita”. Secondo la ONG si tratta di “un modello di attacchi generalizzato e sistematico” .
Prima dell’attuale escalation in Medio Oriente, la politica degli Stati tendeva a virare verso la mattanza dei migranti quando non riesce a fermarli, oppure a lasciarli morire, come fanno i governi europei che impediscono che le barche che naufragano con i migranti nel Mediterraneo possano essere tratte in salvo da persone, organizzazioni o istituzioni solidali.
Si tratta insomma di un’ampia e completa “pulizia” delle popolazioni che il capitale giudica in eccesso, pulizia che a volte riesce a modificare la demografia di alcune regioni.
L’Organizzazione per i Diritti Umani di Afrin (ODHA), distretto nel nord della Siria liberato anni fa dalla guerriglia curda, ha rivelato che quattro anni dopo l’occupazione illegale da parte della Turchia, “la popolazione curda nel cantone è stata ridotta dal 95 al 15 o 25 per cento” in conseguenza alle “politiche sistematiche di pulizia etnica e cambiamento demografico”. Il rapporto del portale La Tinta (17 gennaio 2024) evidenzia che “uno dei grandi business degli occupanti sono i rapimenti: dal 20 gennaio 2018, quando sono iniziati i bombardamenti turchi, 8.328 persone hanno vissuto questo calvario. Secondo l’ODHA, non si sa dove si trovino il 35% delle persone rapite”.
Secondo lo stesso rapporto, fino a mezzo milione di persone sono state trasferite da altri paesi per far sì che si insediassero nella Afrin occupata. Come si vede, il delirio di voler resettare il pianeta non è un’esclusiva del governo israeliano, è una politica utilizzata con sempre maggiore frequenza dagli Stati che vogliono farla finita con le dissidenze e le identità sgradite, dalla lingua e agli usi e costumi di popoli interi. Siamo di fronte, insomma, a una profonda ricolonizzazione del pianeta che, cinque secoli dopo la conquista dell’America Latina, sta ora subendo spostamenti di massa della popolazione al fine di ripopolare e ricostruire invece i territori occupati per soddisfare gli interessi dell’accumulazione del capitale.
L’EZLN denunciava già più di vent’anni fa una “quarta guerra mondiale” contro i popoli, qualcosa che in qualche modo potrebbe riassumere quello a cui stiamo assistendo in questi tempi di tempesta sistemica.
Adesso lo zapatismo sottolinea che bisogna lottare affinché le bambine e i bambini che nasceranno tra 120 anni siano liberi, come segnala la terza dichiarazione, intitolata “Dení”, dell’ultima serie di venti comunicati. Tutta la politica zapatista è orientata in questa direzione, cosa che ha portato alla scomparsa dei municipi autonomi e alla sostituzione delle Juntas de Buen Gobierno con una nuova struttura che permetta di raggiungere l’obiettivo. Allo stesso tempo, gli zapatisti mettono al centro la “non proprietà” e il “comune”, facendo un nuovo salto nella loro pratica politica per difendere la sopravvivenza dei popoli. Sarà il loro compito principale nei prossimi decenni.
fonte e versione originale in castigliano: Desinformémonos
traduzione per Comune-info: marco calabria
Francesco Castelgrande dice
Stiamo subendo veramente una tragedia. Ma già dagli anni 90 si è parlato di sostituzione delle macchine con persone umane. Il ministro francese Attali del governo Mitterand aveva dichiarato che “la nuova classe é rappresentata dalle macchine”. La attuale politica che rappresenta le dittature delle disuguaglianze fa il resto. Sempre per il solo fine di accumulare denaro. Maledetto capitalismo.
Gian Franco Zavoli dice
Questo è solo l’inizio della fine della civilizzazione industriale, che con l’invenzione dei motori, ha fatto aumentare notevolmente la popolazione mondiale. Quando le miniere dei metalli e del petrolio saranno esaurite, non potremo più creare il cibo che si crea oggi e la metà della popolazione mondiale, morirà di fame. Così prevede il MIT di Boston, dopo uno studio fatto con 18 scienziati e durato 4 anni. A morire saranno tutti quelli che abitano nelle grandi città, dove il cibo essendo prodotto in campagna, non arriverà più nelle grandi città. Spero che non creino un virus letale, per uccidere tutti quelli che non sono vaccinati, cioè i poveri.
Alfredo Ciano dice
Peggio del grande fratello di Orwell… Delirio di Onnipotenza del Capitalismo..