di Lea Melandri*
La tratta e la prostituzione intesa come lavoro da regolamentare sono, all’apparenza, due aspetti contrapposti: il primo rimanderebbe alla costrizione, l’altro alla libertà di scelta. Ma, a guardare bene, producono un effetto analogo: viste in chiave di emergenza, criminalità, ordine pubblico, e quindi bisognose di interventi operativi, soluzioni immediate fanno passare in secondo piano le domande di fondo sulla cultura, sulla storia e sul rapporto di potere tra i sessi, in cui si vengono a collocare; impediscono, soprattutto, di mettere a tema i legami ambigui che la prostituzione ha con la famiglia, luogo di provenienza dei ‘clienti’ , e oggi con le forme occupazionali più diffuse.
Nonostante che da circa mezzo secolo si sia cominciato a discutere e a prendere coscienza della violenza che passa attraverso i corpi e la sessualità delle donne, gli interrogativi sono sempre gli stessi:
- la prostituzione è un lavoro come un altro? Come regolamentarlo? Con quali leggi, quali diritti, sia pure considerati solo come “una riduzione del danno”?
- escludendo la tratta nelle sue forme estreme di schiavitù, quanto si può parlare di “libera scelta”?
- quanto incidono le leggi nel prevenire il fenomeno? Come evitare che diventino niente altro che misure di sicurezza e ordine pubblico?
- che rapporto c’è con altre forme di violenza manifesta, come i maltrattamenti e gli omicidi in ambito domestico?
Ora, quello che possiamo chiederci è se andare alla radice del problema sia solo un modo per rallentare interventi mirati, specifici e tempestivi sul qui e ora del fenomeno, oppure una scelta che impedirebbe di fermarsi su quei due estremi – la tratta e il sex work – che da versanti diversi finiscono per mettere fuori campo la sessualità, sia che la si riduca a fenomeno criminale – sfruttamento, racket, business, ecc.-, o a lavoro.
Nel momento in cui si decide di spostarsi su un orizzonte più ampio, anche le domande cambiano. Ne indicherò solo alcune:
- che rapporto c’è tra la prostituzione come sfruttamento sessuale e come negoziazione esplicita, sesso in cambio di denaro, e la cultura sessista che ha identificato la donna col corpo: corpo che genera, corpo erotico, obbligo riproduttivo e sessualità femminile cancellata e messa al servizio dell’uomo?
- Si può parlare di una “continuità” e dire – come fa l’antropologa Paola Tabet – che “lo scambio sessuo-economico è un aspetto dei rapporti tra uomini e donne assai più esteso e generale, e quindi non riducibile alla prostituzione”, per cui rientrerebbe nelle regole del controllo maschile fare della prostituzione “un gruppo separato di donne”?
- come cambia l’idea di prostituzione quando ci troviamo di fronte oggi a quello che qualcuna ha definito “un contesto prostituzionale allargato”: figure ambigue come le veline, le donne-immagine, ma anche precarie, lavoratrici, manager, a cui viene chiesto di “sapersi vendere bene”?
- In altre parole: un contesto in cui la seduzione diventa requisito necessario per trovare lavoro. Dove e come collocare le donne che oggi “scelgono” di usare il loro corpo, la sessualità come moneta di scambio, un capitale da mettere a frutto?
Non c’è dubbio che oggi molti tabù razionali sono crollati e l’immaginario sessuale diventa, per così dire, “praticabile”, alla portata di tutti. Viene allo scoperto che la sessualità femminile è stata finora una sessualità di servizio, e il corpo della donna un oggetto da possedere e da scambiare, che la prostituzione in qualsiasi forma si manifesti parla del desiderio, della sessualità, delle fantasie maschili, per cui dovrebbero essere gli uomini per primi a doversi interrogare.
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* Tra i suoi ultimi libri Amore e violenza. Il fattore molesto della civiltà (Bollati Boringhieri) e L’attualità inattuale di Elvio Fachinelli (Ipoc). Ha aderito alla campagna 2017 di Comune “Un mondo nuovo comincia da qui“, con questa adesione:
Aderisco a questa campagna come atto di condivisione, la condivisione profonda e riconoscente di un percorso di “accomunamento” di desideri, costruzione di nuove forme di intimità e socialità, critica a tutte le forme, manifeste e invisibili in cui si esprime la violenza: tra i sessi, le classi, le culture, ecc. Sono con voi perché convinta che un “altro mondo è possibile” e che molti/e lo stanno già costruendo.
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