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Descrizione
Crisi, beni comuni, lavoro e democrazia nella prospettiva della decrescita
Non c’è alcuna luce alla fine del tunnel dentro cui si è infilata la nostra modernità. Ridicole sono le danze del Pil inscenate attorno al fuoco della decrescita ai sacerdoti dello sviluppo – gli economisti di ogni ordine e scuola, liberisti o neokeynesiani. Qualcuno di loro – a dire il vero – esausto e pentito di tanta cattiva coscienza dispensata a piene mani lo ammette. Uno che se ne intende, Larry Samuelson, già segretario del Tesoro di Clinton, ha pronosticato una “Secular Stagnation”. Non ci sarà nessuna “ripresa della domanda”, né interna né esterna che possa farci tornare ai “gloriosi trenta anni” del dopoguerra.
Quel “modello di civilizzazione” ha funzionato solo per una modesta parte dell’umanità, ma ha già raggiunto i suoi limiti nella spoliazione e nell’avvelenamento della biosfera e ancor prima nella deprivazione dei mezzi della sussistenza, nell’asservimento e nella svalorizzazione del lavoro della maggior parte degli individui del genere umano. Per non finire seppelliti sotto le macerie del progetto capitalistico di decrescita-sviluppo-progresso è possibile seguire le vie di fuga tracciate da gruppi e movimenti di donne e uomini che in ogni parte del mondo sperimentano forme di vita sociale alternative.
Economie solidali e cooperanti, relazioni di auto-mutuo-aiuto, scambi non mercantili, lotta allo spreco e al consumo del suolo, ritorno alla terra, all’autoproduzione, all’autogestione dei beni comunitari. Insomma, una colossale riconversione degli apparati produttivi e di consumo, una rifinalizzazione della ricerca scientifica e delle tecnologie per aumentare le capacità di rigenerazione dei cicli vitali ecosistemici. Una rivoluzione delle teorie e delle politiche economiche volte a limitare il lavoro coartato e a distribuirlo equamente. Una nuova “grande transizione” per fuoriuscire dalla dominazione della stagione del profitto e dell’accumulazione monetaria ed entrare in un altro ordine di pensiero e di relazioni umane. Una grande intrapresa sociale e politica-democratica congiunta che chiamiamo di decrescita dalla dipendenza dal totalitarismo del sistema mondo capitalistico.
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