In questi mesi ci hanno sbattuto in faccia scenari nei quali in realtà fluttuiamo da anni: il sacrificio di vittime innocenti, ingiustizia, insicurezza, paura… Ma “i confini chiusi, la vita appesa, l’eliminazione dei più deboli non sono conseguenze del Covid-19. Sono le cause… – scrive Oliviero Bettinelli – Abbiamo però anche riscoperto che non tutto è perduto. Come zattere in mezzo ai flutti abbiamo trovato scogli a cui aggrapparci… – scrive Oliviero Bettinelli – Sono queste zattere fatte dai semplici e dai tenaci che hanno disegnato e indicato rotte possibili, rotte che le grandi navi della politica non si sono poste neanche il problema di cercare. Sono queste zattere che donano speranza”

Il giorno dell’apertura è arrivato. O forse no, forse è arrivato semplicemente il momento in cui constatiamo che non siamo capaci di aprirci, prigionieri di un lockdown esistenziale che ci ha intorpiditi da un sacco di tempo. Un po’ illusi e un po’ incoscienti abbiamo assaggiato in questi due mesi un frutto avariato che ci ha permesso di riscoprire che, se non ce ne fossimo accorti, di roba buona in giro ce ne è poca.
Siamo da troppo tempo immersi in un lockdown pervasivo che rende il termine distanziamento sociale non solo un’espressione infelice, ma da corpo un modello di realtà sociale portatore di una vera e palpabile paura che anestetizza e imprigiona. Su ogni cosa.
In questi mesi, come in un drammatico gioco di ruolo abbiamo sperimentato come le dinamiche del lockdown imposto nel quale siamo stati collocati, ci hanno sbattuto in faccia scenari nei quali fluttuiamo da anni: il sacrificio di vittime innocenti, ingiustizia, insicurezza, assenza, paura, chiusura… I confini chiusi, la vita appesa, l’eliminazione dei più deboli non sono conseguenze del covid19. Sono le cause.
LEGGI ANCHE Come l’olmo in montagna Filippo Mondini, Piccolo Manifesto in tempi di pandemia Collettivo Malgrado tutto, Il Comune sull’orlo del caos Massimo De Angelis
Quelle cause che ci ingabbiano in un lockdown che ritenimao salvifico nonostante esiga la rinuncia ai nostri sogni. Ma abbiamo anche riscoperto che non tutto è perduto. Come zattere in mezzo ai flutti abbiamo trovato scogli a cui aggrapparci. Abbiamo corso il rischio di sfracellarci, certo, ma anche di trovare rocce sicure alle quali agganciare le nostre fragili funi, sperando di sopravvivere a questa drammatica tragedia uscendone migliori.
Sono queste zattere fatte dai semplici e dai tenaci che hanno disegnato e indicato rotte possibili, rotte che le grandi navi della politica non si sono poste neanche il problema di cercare. Sono queste zattere che donano speranza. E non desistiamo se alcune vengono risucchiate nelle grandi paludi della manipolazione. Sono loro che ci narrano con le loro fatiche che se si deve uscire lo si deve fare con convinzione. Senza formazione, sicurezza sociale, attenzione cura dei più fragili siamo spettatori di ripartenze sterili, ammorbati in un lockdown perenne dove ci accontenteremo di guardarci a distanza senza abbracciarci.
Un lockdown che, anche senza decreti, si materializzerà e riprenderà forma ogni giorno con disinvolta crudeltà. Ci è stato concesso un momento di festa perché si dice in giro che tutto è finito. Ma è solo un’ubriacatura. Domani ci sveglieremo con un gran mal di testa e ci accorgeremo che non ne siamo veramente usciti e che non è ancora finito niente.
Lascia un commento