Certo, come diceva l’avvocato Salerni nel commentare la sentenza, il processo in Italia è servito a tenere viva la memoria e aperta la ricerca di verità, anche sul piano giudiziario, per le decine di migliaia di vittime dell’Internazionale del Terrore costruita negli anni Settanta dai regimi sudamericani e dal governo degli Usa. Al momento della sentenza di primo grado, pronunciata in gennaio in un silenzio assordante, in aula non avrebbe potuto non diffondersi tuttavia una grande delusione. Sui volti tirati e attoniti dei familiari delle vittime si sono letti ancora una volta il dolore e la tristezza di chi, con occhi sbarrati e gonfi di lacrime, cercava disperatamente verità e giustizia da più di 40 anni e non l’ha ottenuta nemmeno dall’altra parte dell’Oceano. Su 26 richieste di ergastolo per alcuni carnefici e protagonisti dell’orrore, la Corte ne ha concessi solo 8. In Italia, peraltro, non si vuole istituire il reato di tortura e non esiste una normativa che definisca i casi di sparizione forzata, quindi l’unico reato contestato durante il Processo Condor è stato quello di omicidio plurimo aggravato mentre quello di sequestro di persona è caduto in prescrizione
di Patrizia Larese
Il 17 gennaio scorso nell’aula bunker di Rebibbia a Roma è stata emessa la sentenza di primo grado del processo sul cosiddetto “Plan Cóndor (Piano Condor)”, chiamato anche Operazione Condor, l’accordo segreto siglato negli anni Settanta tra la CIA, l’Amministrazione Usa e gli apparati militari di alcuni paesi dell’America Latina (Brasile, Cile, Argentina, Bolivia, Paraguay, Uruguay) per eliminare sistematicamente chiunque osasse esprimere dissenso nei confronti dei regimi militari al potere.
In questa operazione di pulizia etnica, così è stata definita da uno degli avvocati difensori, scomparvero 30.000 persone, 40.000 furono uccise e 400.000 furono arrestate. Le vittime di questa terribile caccia all’uomo erano persone inermi, studenti, giornalisti, intellettuali, operai, sacerdoti, docenti universitari (soprattutto di facoltà umanistiche), padri e madri che andavano in cerca dei propri figli scomparsi. Si poteva cadere nella rete omicida anche per una semplice delazione. L’indagine sul Plan Cóndor, avviata in seguito alla denuncia presentata il 9 giugno del 1999 dai famigliari di 8 italiani desaparecidos, vittime della repressione, assume un significato storico, politico e di giustizia. Ė stata un’inchiesta molto complicata che si è conclusa nel giugno del 2013, dopo oltre 10 anni di investigazioni.
Il processo di Rebibbia, il primo in Europa, assume un ruolo fondamentale perché per la prima volta, a distanza di 40 anni da quegli avvenimenti, è stato possibile il riconoscimento di numerosi giovani, ed è stata dimostrata, con documenti ufficiali desecretati nel 1993, la connivenza di Richard Nixon, Presidente degli Stati Uniti, Henry Kissinger, Segretario di Stato Usa con Augusto Pinochet, Presidente del Cile: il Plan Cóndor, appunto.
Il percorso giudiziario è iniziato il 12 febbraio 2015 in seguito al rinvio a giudizio chiesto e ottenuto dal PM Giancarlo Capaldo nei confronti di 33 imputati (originariamente 146 ma, a causa di intoppi burocratici dei diversi Stati nel momento di inoltrare le imputazioni, il numero si è notevolmente ridotto) tra capi di Stato, ufficiali, agenti di polizia e dei servizi segreti cileni, uruguaiani, boliviani e peruviani. Tra questi Manuel Contreras, capo della DINA (Dirección de Inteligencia Nacional, la feroce polizia segreta di Augusto Pinochet) e Sergio Arellano Stark, comandante della famigerata ‘Carovana della morte’, entrambi deceduti durante l’iter giudiziario. Gli imputati erano accusati del sequestro e dell’omicidio di 42 prigionieri argentini, cileni e uruguayani. Tra le vittime anche 23 italiani, catturati e spariti nel nulla tra il 1973 e il 1978.
Questa la sentenza di primo grado pronunciata dalla Presidente della III sezione della Corte d’Assise di Roma Evelina Canale: 8 condanne all’ergastolo e 19 assoluzioni, 6 imputati sono deceduti nel corso del procedimento.
Le condanne hanno riguardato gli ex dittatori boliviani Luis Garcia Mesa e Luis Arce Gomez, i cileni Hernan Jeronimo Ramirez e Rafael Ahumada Valderrama, i peruviani Francisco Morales Bermudez, Pedro Richter Prada e German Ruiz Figueroa, e l’ex ministro degli esteri uruguayano Juan Carlos Blanco, già in carcere nel suo paese insieme con una trentina di responsabili.
Il processo si è svolto in Italia perché tra i desaparecidos, i torturatori e gli assassini ci sono individui di origine italiana, alcuni di essi anche con cittadinanza italiana come il famigerato Jorge Troccoli, conosciuto in Uruguay e nel mondo come ‘il torturatore’, ex membro del FusNa (Cuerpo de Fusileros Navales de la República Oriental dell’Uruguay, il servizio di intelligence militare uruguayano) e oggi unico imputato residente in Italia.
Dai documenti degli archivi è emerso che il Plan Cóndor fu ufficializzato a Santiago del Cile nel Primer Encuentro de Trabajo de Intelligencia Nacional, tra il 25 e 28 novembre 1975, convocato da Manuel Contreras. Si riteneva che il Condor si fosse concluso con la fine delle dittature in America Latina, intorno alla metà degli anni ’80, invece, da una lettera scambiata tra due militari sudamericani e presentata dall’avvocato Martín Almada durante il processo, è emerso che il disegno criminale di monitoraggio dei dissidenti sudamericani si è protratto fino ad almeno il 1997 ad opera della Conferenza degli Eserciti di Nord e Sudamerica (CEA), un’organizzazione militare che riunisce gli eserciti di venti nazioni del continente americano, inclusi gli USA e le nazioni del Plan Cóndor.
Molti dissidenti, nel momento in cui erano ricercati, cercavano riparo in altri Paesi del continente , ma, causa il Plan Cóndor, potevano essere catturati dalla polizia del Paese ospitante torturati, uccisi o fatti scomparire. I criminali restavano sconosciuti ed impuniti.
Il PM Tiziana Cugini, durante il processo di Roma, ha dimostrato nella sua requisitoria che i metodi d’interrogatorio, tortura, carcerazione e sparizione utilizzati erano troppo simili da Paese a Paese, da caso a caso per essere una mera coincidenza, ciò ha reso reale una documentazione storica: l’esistenza di scuole di preparazione per queste tecniche di tortura.
Fu l’avvocato Martín Almada, nel 1992, a scoprire ad Asunción, Paraguay, dopo lunghe ricerche 3 tonnellate di documenti, oggi noti come gli ‘Archivi del Terrore’. Le 700.000 pagine, rese ora accessibili, hanno consentito di dare un nome e un volto a migliaia di desaparecidos e di stabilire che il Plan Cóndor – di cui Almada sentì parlare per la prima volta nei centri Emboscada e Sepolcro dei Vivi, dove fu detenuto dal 1974 al 1977 – fu una realtà.
Altri elementi importanti per le indagini sono stati i documenti forniti dall’investigatore del National Security Archive (NSA) di Washington, Carlos Osorio:“Ho dichiarato che esistono 281 documenti che hanno a che fare con le descrizioni di ciò che fu l’Operazione Cóndor, tramite scritti declassificati” dichiarò Osorio alla agenzia Efe nel maggio 2016.
L’Operazione Condor era un sistema di controllo politico per concludere affari, evitare l’insediamento di governi popolari o il diffondersi di esperienze simili a quella cubana di Fidel Castro. In questo disegno criminoso il governo di Salvador Allende rappresentava una seria minaccia quindi, golpe dopo golpe, i militari presero il potere: in Bolivia (1971-1978), Cile (1973-1978), Uruguay (1973-1978), Argentina (1976-1983).
In Brasile già dal 1964 i regimi militari reprimevano con durezza i movimenti guerriglieri di sinistra, in Paraguay Alfredo Stroessner rimase al governo dal 1954 al 1989 e non fu mai giudicato per i suoi crimini: torture, omicidi a sfondo politico e sparizioni forzate.
Durante un seminario, tenuto il 15 febbraio scorso presso l’Università Roma3, sulla sentenza del processo il giornalista Alessandro Leogrande ha dichiarato: “Questo processo rimane un evento storico del ventunesimo secolo per la durata delle udienze, per le testimonianze ascoltate dove l’elemento umano è fondamentale. Sono state portate alla luce storie di violenza inaudita, di mattanza ma anche di coraggio ed eroismo come quella di Juan Montillo.”
L’11 settembre 1973 il palazzo della Moneda a Santiago, la sede presidenziale di Salvador Allende, viene attaccata con carri armati dalle forze golpiste di Pinochet e bombardata da aerei militari. All’interno del palazzo sono presenti circa 70 uomini, tra cui il GAP [Gruppo Amici del Presidente], una guardia privata in abiti borghesi costituita da militanti del Partito Socialista. Tra essi un ragazzo di 24 anni, Juan José Montillo Murua, un italo-argentino di origine piemontese, il suo nome di battaglia è Anibal.
Quando inizia l’attacco i carabinieri, d’accordo con Pinochet, abbandonano la Moneda, mentre i poliziotti restano accanto ai GAP. Allende, dopo ore di sanguinosi combattimenti, si rivolge ai suoi collaboratori invitandoli ad abbandonare la Moneda per evitare ulteriori inutili spargimenti di sangue, ma gli uomini a lui più vicini e la sua guardia civile rifiutano di lasciarlo solo. Il Presidente si suicida con un colpo di pistola alla testa e, dopo avere tenuto in scacco le forze della marina e dell’esercito per 8 ore, gli uomini do Allende escono in fila indiana. Trasportati alla caserma Tacna, interrogati e torturati per due giorni, vengono fucilati a Pendehue, un poligono di tiro. I militari li gettano in una fossa comune, scavata precedentemente dalle vittime, fanno saltare delle granate per smembrare i loro corpi ed occultare qualsiasi prova della strage. In seguito la fossa verrà coperta di calce.
Il figlio di Juan Montillo, Alejandro, uno dei testimoni chiave nel processo Plan Cóndor, da quando in Cile c’è la democrazia, ha cercato di ricostruire la verità sulla morte di suo padre e dopo trent’anni di lotta dall’assalto della Moneda è riuscito ad ottenere alcuni resti del corpo del padre trucidato. Il responsabile della morte di Montillo, il colonnello Rafael Ahumada Valderrama, è tra i condannati all’ergastolo in questo processo.
Al processo ha testimoniato anche Maria Isabel Allende Bussi, la figlia del presidente cileno.
L’uruguayano Jorge Nestor Troccoli Fernandez, passaporto italiano dal 2002, grazie alla sua doppia nazionalità (e ad amici potenti), alla vigilia di un possibile arresto fugge dall’Uruguay per nascondersi nel salernitano, tra Marina di Camerota e Battipaglia. Già arrestato in Italia nel 2008, poi scarcerato anche per vizi procedurali, è stato vergognosamente assolto nonostante le prove schiaccianti per gli omicidi contestati, tra cui quelli degli italo-uruguaiani Raul Borrelli, Yolanda Casco, Edmundo Dossetti, Raul Gambaro, Ileana Garcia, e Julio D’Elia.
Troccoli era un professionista della violenza. Nel 2007 scrisse il libro ‘L’ira del Leviatano’, un’apologia della tortura, nel quale rivendica i suoi crimini anche se non ha mai ammesso di aver ucciso o fatto sparire qualcuno, tuttavia durante il processo ha affermato:”…li trattavo in maniera disumana, li sequestravo ma senza odio’. Sebbene abbia descritto e ripetuto davanti alla Corte le sue azioni crudeli ed efferate, è nuovamente un libero cittadino nel nostro Paese.
In Italia non è ancora stato istituito il reato di tortura e non esiste una normativa che definisca i casi di sparizione forzata, quindi l’unico reato contestato durante il Processo Condor è stato quello di omicidio plurimo aggravato mentre quello di sequestro di persona, dopo quarant’anni, è caduto in prescrizione. Sono stati applicati il diritto penale, il diritto internazionale, purtroppo la tortura non è stata perseguita.
Negli anni bui delle dittature sudamericane sono stati sistematicamente violati i diritti umani ed il diritto all’identità personale. Ci sono state testimonianze di figli appena nati strappati alle madri, costrette a partorire in carcere legate e poi fatte sparire. Bimbi, ora adulti, che hanno vissuto in Argentina credendosi argentini e hanno dovuto scoprire poi di essere uruguayani o viceversa. Durante gli anni non sono mancati i suicidi, quando i bimbi rapiti ormai adolescenti o adulti scoprivano di essere figli dei torturatori e degli assassini dei propri genitori naturali. In quel tragico periodo è stata sterminata un’intera generazione di giovani che rappresentavano il tessuto sociale di un continente in fermento ed in continua crescita.
Al momento del pronunciamento della sentenza in un silenzio assordante, in aula si è diffusa una grande delusione. Sui volti tirati ed attoniti dei familiari delle vittime si leggevano il dolore e la tristezza di chi, con occhi sbarrati e gonfi di lacrime, cerca disperatamente verità e giustizia da più di 40 anni. Su 26 richieste di ergastolo per alcuni carnefici e protagonisti dell’orrore, la Corte ne ha concessi solo 8 (tutti già in prigione nei loro Paesi), almeno però è stato squarciato il velo su una storia tragica e dolorosa, sepolta da troppi decenni.
“Il processo Condor ha permesso di mantenere aperta la ricerca di memoria e giustizia per le vittime di regimi tirannici, di dare voce ai tanti familiari delle persone scomparse, di affermare che la violazione dei diritti umani ed i crimini contro l’umanità non possono essere nascosti in eterno. Chi si batte quotidianamente per la tutela dei diritti delle persone, dei diritti civili, dei diritti sociali sa che esiste un filo indistruttibile tra le vicende di ieri e le brutalità che ancora oggi vengono commesse in tante parti del mondo, tra vecchi e nuovi desaparecidos”. (Arturo Salerni, avvocato di parte civile)
Fonti:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/09/28/piano-condor-attivo-fino-al-1997-documento-riscrive-la-storia-della-repressione-anticomunista-in-sudamerica/2072546/
http://www.internazionale.it/opinione/alessandro-leogrande-2/2017/01/19/sentenza-processo-plan-condor
L’altro 11 settembre: il processo Condor – la testimonianza di Isabel Allende
http://www.arci.it/news/arci-report/arcireport/arcireport-2-19-gennaio-2017/plan-condor-il-processo-italia/
Plan Cóndor: dictan sentencia en Italia a 27 represores suramericanos tras nueve años de juicio
https://ilmanifesto.it/le-condanne-per-il-processo-condor/
http://www.nicolaviceconti.it/rassegna-stampa/nunca-mas/38-processo-condor
http://www.memoriaviva.com/criminales/criminales_a/ahumada_valderrama_rafael.htm
https://www.radioradicale.it/scheda/500117/sentenza-operazione-condor-diritto-verita-storica-memoria-giustizia?qt-blocco_interventi=1
https://medium.com/@Cild2014/plan-condor-un-processo-italiano-per-la-giustizia-ai-desaparecidos-86a016e47dfc#.b790wl29d
http://www.rassegna.it/articoli/processo-condor-la-speranza-di-conoscere-la-verita
http://www.telesurtv.net/news/Justicia-italiana-dictara-sentencia-por-el-Plan-Condor-20170117-0017.html
http://www.elperiodico.com/es/noticias/internacional/italia-absuelve-por-plan-condor-exmilitar-uruguayo-troccoli-5749615
http://www.elpais.com.uy/informacion/sendic-italia-fallo-plan-condor.html
http://www.efe.com/efe/espana/mundo/los-italianos-latinoamericanos-desaparecidos-en-las-sombras-del-plan-condor/10001-3151675
http://www.carasycaretas.com.uy/italia-dicta-sentencia-plan-condor/
http://www.subrayado.com.uy/Site/noticia/63408/guianze-sobre-plan-condor-seria-importante-una-sentencia-condenatoria
http://www.rifondazione.it/primapagina/?p=27245
http://www.eldesconcierto.cl/2017/02/03/martin-almada-el-paraguayo-que-develo-la-operacion-condor-todos-deberian-haber-tenido-cadena-perpetua/
http://www.eldesconcierto.cl/2017/01/20/ex-militar-chileno-condenado-en-italia-por-operacion-condor-vendio-acciones-de-la-ctc-al-ejercito-en-1989/
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