Dall’inferno dei lager della Libia a un progetto di lavoro con dignità. Assay è un pestato di cime di rapa e broccoletti nato dall’incontro fra 9 ragazzi migranti e 5 aziende biologiche grazie al progetto #InCampo! Senza caporale. Un buon esempio di come combattere lo sfruttamento mettendo al centro di un’iniziativa i diritti delle persone e l’agricoltura che fa bene a tutti

I protagonisti di questa storia si chiamano Yusuf, Mounir, Paap, Hussein, Ibrahim, Matthew, Guebre, Abdoulaye e Mamadou. Vengono da Ghana, Burkina Faso, Senegal e Togo. Quasi tutti hanno attraversato l’inferno libico prima di solcare il Mediterraneo a bordo di imbarcazioni di fortuna. Arrivati in Italia, dopo la prima accoglienza sono finiti quasi tutti nel ghetto di Borgo Tre Titoli, vicino a Cerignola a vivere in baracche senza acqua né luce nell’attesa di essere reclutati dai caporali per qualche giornata di raccolta.
È da qui che nasce il progetto “IN CAMPO! Senza caporale”, realizzato dall’associazione Terra! coinvolgendo i 9 partecipanti in un percorso di formazione e tirocinio restribuito dentro 5 aziende partner, fra cui due cooperative sociali nate su terre confiscate alla mafia.
Il progetto ha previsto 10 mesi di formazione e tirocinio in agricoltura e ha permesso ai 9 giovani di entrare per la prima volta in una casa vera nel centro urbano di Cerignola, studiare l’italiano, conoscere i loro diritti di lavoratori e fare un passo importante verso la vera integrazione. Il culmine del progetto è stato la realizzazione di un pestato di cime di rapa e broccoletti etico e trasparente, che racconta questa avventura.

Le materie prime vengono dalle aziende partner, la trasformazione è avvenuta in loco e l’etichetta è nata grazie a un laboratorio partecipato gestito da un esperto di marketing. Il nome che campeggia in fucsia su sfondo giallo è ASSAY, una storpiatura della parola “assai”, tanto utilizzata dai pugliesi per indicare qualcosa di abbondante o intenso: sono stanco assay, ho mangiato assay, ho lavorato assay. Un termine entrato nel vocabolario dei giovani migranti a tal punto da volerlo utilizzare per il loro prodotto.
«ASSAY nasce da uno straordinario percorso che mette al centro i diritti delle persone e l’agricoltura ecologica, nel tentativo di proporre soluzioni alla condizione di sfruttamento che affligge la produzione di cibo nel nostro Paese – racconta Fabio Ciconte, direttore dell’associazione Terra! – Per sostenere concretamente il Made in Italy bisogna partire da chi, a monte di tutta la filiera, viene impiegato nella raccolta dei prodotti troppo spesso senza diritti e senza tutele. Il caporalato non sarà sconfitto fino a quando non troveremo il modo, istituzioni e società civile, di lavorare su scala nazionale a modelli di produzione e distribuzione capaci di garantire il rispetto dei diritti umani e sociali a tutti i livelli della catena produttiva».

Nonostante il forte impegno, non è stato facile portare a compimento il progetto, e tutt’ora non è semplice concluderlo garantendo un futuro dignitoso a tutti i partecipanti.
Assay è un pestato di cime di rapa e broccoletti nato dall’incontro fra 9 ragazzi migranti e 5 aziende biologiche grazie al progetto #InCampo! Senza caporale . Un buon esempio di come combattere il caporalato dando dignità e protagonismo ai lavoratori migranti .
«Possiamo raccontare storie positive come quella di Mamadou, che dopo il tirocinio è diventato socio della Cooperativa Altereco – spiega Giulia Anita Bari, responsabile del progetto IN CAMPO! Senza caporale – Ma non vogliamo nascondere le storie più difficili. Due ragazzi che si stavano integrando, uno dei quali aveva anche trovato lavoro, si trovano esclusi dal sistema occupazionale a causa di un sistema di accoglienza sempre più restrittivo dopo le recenti norme del Governo in materia di sicurezza. Cosa sarà di loro? Rivolgiamo la domanda a chi innesca queste bombe sociali attraverso una politica irresponsabile e discriminatoria».
Lascia un commento