Infermieri, ambulanzieri, medici, paramedici sono protagonisti da molti giorni di uno sforzo immane. Ma, ha ragione Marco Aime, dobbiamo finirla di metterli su un piedistallo che di fatto li disumanizza. La capacità di aiutare gli altri, lo sforzo di mettere in comune saperi, la forza per cambiare il mondo riguardano da sempre le persone comuni e la vita di ogni giorno
“Sventurata la terra che ha bisogno di eroi” scriveva Bertolt Brecht. Forse è vero, ma ancora più sventurata la terra che ha bisogno di persone per bene. Dopo l’11 settembre New York e gli Stati uniti celebrarono con onorificenze e film i pompieri, che si sacrificarono per salvare centinaia di persone coinvolte nel terribile attentato. Diventarono gli eroi di una nazione, che voleva dimostrare la sua forza. Gente comune, non persone famose, che aveva fatto al meglio il proprio mestiere, aveva dato tutto e per questo un Paese intero concedeva un tributo di riconoscenza che forse solo i reduci della II Guerra Mondiale avevano ricevuto.
Oggi in Italia si sentono alcune, a dire il vero rare, dichiarazioni di stima e riconoscenza verso i tanti infermieri, ambulanzieri, medici, paramedici che operano negli ospedali. Si sente spesso dire che “sono degli eroi”. L’eroismo è un gesto che supera il nostro normale vivere, unico, che eleva chi lo compie al di sopra i tutti noi e in questo senso può essere letto come un riconoscimento verso quelle persone. Allo stesso tempo, la patente di eroe spinge chi la ottiene al di fuori della realtà, lo mitizza, fino a non riconoscerlo più come simile. Questo temeva Brecht, il bisogno di pensare a qualcosa al di sopra dell’umano per poi concludere che si tratta di un’eccezione.
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Chi oggi lavora negli ospedali e in tutte le strutture che servono a proteggerci e a salvarci da questa epidemia sta facendo certamente più di ciò che faceva quotidianamente, ma sta facendo al meglio il proprio mestiere, che è quello di aiutare gli altri. Riconosciamo a ciascuno di loro il grande merito, l’impegno, lo sforzo immane che gli stiamo chiedendo, ma per favore, non mettiamoli su un piedistallo che li disumanizza. Perché sono umani, molto umani, assolutamente umani e se non riusciamo a pensare a questo significa che non abbiamo nessuna fiducia nei nostri simili. Noi umani siamo capaci di incredibili nefandezze, ma anche di slanci generosi davvero inattesi. È questo che sta accadendo oggi in Italia.
Per favore, queste persone non hanno bisogno di riconoscimenti, oggi, ma di fiducia, di appoggio morale e materiale. Facciamo sentire loro la nostra vicinanza, non allontaniamoli mitizzandoli. Sono la parte buona della nostra società, quella di cui essere orgogliosi, senza retorici appelli alla patria o al grande Paese. Persone che mettono le loro competenze e capacità al servizio di tutti e lo fanno con un impegno superiore, oggi, perché questo serve.
Invece di chiamarli eroi, ricordiamoci di loro quando tutto questo sarà passato e si ricordino di loro i politici e coloro che hanno sempre sottovalutato il loro impegno, riconoscendo a infermieri e operatori sanitari stipendi vergognosi, fornendo loro materiali scadenti e strutture non sempre all’altezza. Questo è il vero modo per ringraziarli.
Non abbiamo bisogno di eroi, ma di persone competenti e di brava gente, che sa cosa significa aiutare l’altro. Di questo abbiamo bisogno e quelle persone ci sono. Ricordiamocene, dopo, sempre.
Pubblicato su un blog del fattoquotidiano.it e qui con il consenso dell’autore.
*Docente di antropologia culturale presso l’università di Genova, è autore di numerosi libri di saggistica (tra cui Eccessi di culture e Il dono al tempo di Internet per Einaudi, Etnografia del quotidiano e La macchia della razza per eleuthera) e di alcuni libri di narrativa e per bambini. Altri suoi articoli sono leggibili qui.
Adriana dice
Concorsdo in pieno!