![](https://comune-info.net/wp-content/uploads/2022/09/297173755_10160279172382495_6268031323872191914_n-998x1024.jpg)
Alex Zanotelli – in un incontro promosso mercoledì 28 settembre nell’aula magna dell’Università di Bergamo per presentare il suo libro «Lettera alla tribù bianca» (Feltrinelli) – ci ha chiesto “perché i poveri non si ribellano?”. Chiacchierando sono venute fuori un po’ di risposte.
Perché sanno di essere poveri, ma non pensano di essere sfruttati, subalterni, eccetera e quindi non prendono in considerazione la ribellione, ma aspirano alla ricchezza. Forse?
Perché la ribellione è borghese.
Perché si dovrebbero ribellare?
A chi si devono ribellare?
Perché la povertà non è una classe sociale.
Perché la povertà non è una visione del mondo e non puoi immaginare di ribaltarla.
Perché i ricchi sono più armati dei poveri. E la tautologia ci ricorda che i ricchi sono più ricchi dei poveri.
Perché i poveri vogliono essere poveri (giuro che l’ho sentita).
Perché i poveri non hanno bisogno di essere ricchi (ho sentita anche questa).
Perché i poveri hanno una ricchezza nascosta che non si chiama povertà.
Perché i poveri sono disarmati.
Perché i poveri sanno una cosa che i ricchi non sanno*.
Questa ultima risposta è quella che sposo. Non la posso dire perché sennò la leggono i ricchi.
![](https://comune-info.net/wp-content/uploads/2022/09/309437450_6079412202079718_7067830370481934901_n-1024x1024.jpg)
E’ da lodare come sempre il lavoro di Celestini e Zanotelli, ma volendo andare oltre la poesia, aggiungerei un fattore determinante secondo me, e cioè: i poveri non si ribellano perchè non hanno (o rifiutano?) la coscienza di classe.Perchè dopo aver “distratto” le menti attraverso una massiccia opera di manipolazione informativa (con internet il colpo definitivo), e averle abituate ai desiderata ecco che il sociale sparisce, non interessa, non fa notizia.Aggiungerei anche il distacco fisico (lo smartwork-i social- l’online) come ulteriore elemento che tende ad isolare le persone.
Non so cosa sappiano i poveri che i ricchi non sanno, sicuramente i poveri hanno minori possibilità nella ricerca della conoscenza in quanto x conoscere bisogna studiare, informarsi, dibattere: tutto ciò comporta sottrarre tempo al lavoro il cui orario è sempre più lungo e precario. Credo anche che la cultura di arrivare primi abbia contribuito alla disabitudine all’autorganizzazione collaborativa. Mi tornano in mente i poveri di Lione chiamati anche valdesi e il loro tragitto spirituale e sociale.
I poveri non hanno tempo, ma quello di lavorare sodo per la loro sopravvivenza fisica. Questo l’ho visto lavorando in Tanzania.
Stessa cosa fra noi italiani subito dopo la seconda guerra mondiale, con una differenza che quei poveri aspiravano alla vita dei borghesi. Ora quei ex poveri sono diventati borghesi neoliberisti. Hanno votato per la Meloni!
Io penso anche che l’impegno quotidiano per la sopravvivenza, soprattutto nella società parcellizzata odierna, richiede così tante energie che poi non te ne restano più per tirar su le barricate…
Quando è che i poveri si sono ribellati da soli senza essere “sobillati” e organizzati in modo esplicito o clandestini dai socialisti, anarchici e comunisti?
Il marxismo aveva provato a dare “coscienza di classe” ai poveri sfrutrati. Per diverse ragioni:fallimento delle società organizzate con sistemi economici socialisti, fine della fabbrica fordista, sviluppo di internet, disarticolazione dei legami familiari e sociali verso un individualismo sempre piú spinto, é molro difficile riproporre quella soluzione.
Ora i poveri sono moto piú poveri di un tempo:ora sono anche privati della loro storia e della loro cultura, un tempo antagonista della cultura borghese (cfr. Pasolini)