
di Giampiero Monaca*
Sono un maestro elementare da dieci anni, ho provenienza e formazione come educatore scout. Prima di scegliere di accettare il posto a scuola ho fatto il grafico pubblicitario e avevo una linea di abbigliamento equo e solidale per il tempo libero. Ho sempre insegnato in modo pratico attivo: si impara facendo più che studiando, tutto con il gioco e niente per gioco. Pur partendo da una base di metodo attivo, al mio esordio ho assegnato compiti tradizionali e perfino di punizione.
Facendo esperienza ma soprattutto iniziando a lavorare con la mia attuale collega di tempo pieno, il mio (nostro) metodo di insegnamento è diventato sempre più empatico, collaborativo e libertario. Le materie sono annegate nella conoscenza, negli argomenti e si passa con libertà e armonia dall’una all’altra materia senza problemi, anzi affrontiamo un argomento globalmente, poi riassumiamo quali materie abbiamo affrontato.
Lina, la mia collega, e io amiamo il nostro lavoro e vogliamo bene ai nostri “Bimbisvegli”, loro sentono l’affetto, lo ricambiano e di riflesso amano quello che imparano. E imparano più volentieri.
Dopo aver letto gli spunti di Maurizio Parodi (dirigente scolastico, tra i promotori della campagna Basta compiti!), ho trovato naturale evolvere ulteriormente il mio approccio riducendo a zero i compiti e le lezioni a casa.
La prima riflessione proviene dall’ascolto e dall’osservazione dei bambini e delle bambine: quelli più svegli, dopo che abbiamo spiegato, non hanno bisogno di studiare a casa… ed effettivamente nelle verifiche i risultati sono positivi.
Seconda osservazione: dopo che li hai “infervorati” su un argomento, loro si applicano ad approfondire volontariamente a casa (non è vietato, anzi) e così piovono ricerche spontanee su divinità egizie, testi teatrali e racconti, esperimenti…
I bambini un po’ più svantaggiati o meno dotati? Dar compiti a chi non sa fare a scuola, o ha genitori che non sono in grado di seguirli è mortificazione, è aumentare la differenza sociale. Se un bambino o una bambina, per ragioni diverse, non riesce ancora a fare alcuni esercizi in classe, se non ha ancora un metodo, se non capisce con il sostegno di un professionista dell’insegnamento (noi) al fianco, perché dovrebbe riuscire a farlo con un papà o una mamma poco scolarizzati, o stranieri, o semplicemente con le proprie poche risorse intellettive? Siamo pagati per insegnare, non solo per verificare.
C’è un un’ultima riflessione di carattere più sociopolitico che mi motiva a ritenere valida questa pratica del Basta compiti!: ed è “sindacale”. Il lavoro dei bambini è imparare? D’accordo. Il nostro invece è insegnare? Certo. E il luogo di lavoro è la scuola…. Allora perché finito l’orario di lavoro (penso anche e soprattutto ai periodi di vacanze) loro che sono bambini devono essere perseguitati a esercitarsi fuori dall’orario di lavoro e noi adulti possiamo goderci il meritato riposo? Non stiamo contribuendo così a farne degli “schiavi” disposti o rassegnati a subire richieste di lavoro straordinario al di fuori dell’orario concordato e retribuito? Futuri lavoratori che mugugnano e trangugiano tutto quello che dall’alto gli arriva, sapendo che non è utile né giusto proprio come capita spesso a noi insegnanti? Forse questo metodo “Basta Compiti” insegna pure a noi a tenere alta la testa…
Forse dovremmo imparare a far così anche noi: fare quello per cui si è pagati e scegliere cosa offrire come lavoro volontario, ma quello che non è pagato e non è considerato utile non si fa.
Una nota finale: finora non abbiamo mai avuto bocciati alle scuole medie. E spero tanto che continui così. Un anno, un bambino si è trasferito nella nostra classe e ci fu presentato come Hannibal Lecter: un bambino ostativo, impuntato, capriccioso e litigioso… Adesso che siamo in quarta si fa regalare libri di storia e fa ricerche che poi presenta alla classe.
Insomma Basta compiti! non è lavorare meno ma lavorare meglio, tutti e tutte, nelle migliori condizioni possibili. Si studia e ci si esercita sia da soli che in gruppo, con un professionista dell’insegnamento, pronto e disponibile per tutto il tempo a motivare, o a organizzare, o a lasciar fare da sé per poi tarare insieme metodi o insuccessi. In questo modo i bambini e le bambine studiano e capiscono molto di più… e ci si diverte pure insieme.
La questione dei COMPITI A CASA è impostata male da PARODI e dagli altri, che lo seguono. L’EDUCATORE AUTENTICO è colui, che riesce a MOTIVARE gli alunni non solo a stare attenti in classe, ma anche a continuare a studiare per alcune ore, una volta tornati a casa. Sono pochi i docenti, capaci di far nascere negli alunni il desiderio di approfondire gli studi, nelle ore, che trascorrono a casa.Il suggerimento, che è fornito da PARODI, è un suggerimento meramente “RINUNZIATARIO”.
Nessuno vieta ai bambini di approfondire e lavorare autonomamente a casa (anzi questo è l’obbiettivo intrinseco)
Semplicemente smettiamo di fondare l’apprendimento sul lavoro e studio casalingo.
A scuola si spiega ,si motiva, si sperimenta, si impara , si consolida…
A casa si vive (si impara si approfondisce, si mette in pratica, si sperimenta … liberamente o accompagnati da mamma e papà… ma non per dovere)
Sono d’accordo con il sig.Giampiero.Insegno da poco tempo in una scuola primaria e anche io mi sono convinta dell’inutilità dei compiti a casa,per tutte le ragioni sopraesposte dal mio collega.Inoltre nel mio caso crea,specialmente nelle bambine un ansia da prestazione,il modello del compito perfetto (per lo più fatto dai genitori) che poco si preoccupano di come stimolare nei loro figli autonomia,curiosità ma sono molto concentrati sulle nozioni e ripetono anche se non di proposito quel modello di scuola da dove loro stessi provengono,cioè una scuola nozionistica dove eri bravo solo se ripetevi a memoria le pagine w del libro x o la lezione del giorno prima,senza sapere neanche cosa dicevi.Io nella mia realtà vedo sempre di più bambini anestetizzati,poco curiosi che non sorridono,che hanno paura a mettersi in gioco,che non riescono a parlare del fardello di emozioni che si portano dentro.Ecco la scuola secondo me prima delle materie dovrebbe insegnare a tirare fuori tutte queste volte e a gestirne molte altre.Educare al bello,educare alla disciplina,ma non intesa come imposizione compiti,ma come conoscenza di sé stessi delle proprie capacità e dei propri limiti per migliorare le prime e lavorare sui secondi, e decidere successivamente cosa mi piace fare,cosa mi ” appassiona” di più e programmare degli obiettivi dare una linea d’azione e attrezzarmi ad affrontare quella meravigliosa “giungla” che è la vita
il successo più bello è il bambino o la bambina che senza esserne stati obbligati arrivano con una loro scoperta o ricerca o lavoro fatto in autonomia
non è vietato approfondire (anzi è un obiettivo primario) semplicemente ho notato che è meglio che sia la motivazione e non la costrizione a far aprire i libri.
Inoltre ci sono bambini (e ragazzi) che vivono in contesti disagiati in cui non avrebbero alcuno stimolo o sostegno.
Perchè dovrei fondare l’apprendimento e la comprensione delle mie lezioni , al di fuori delle mie lezioni?
Io vorrei che quel che riesco a tramettere , far comprendere e far apprendere fosse sufficiente. Vorrei pi che fosse motivate per invogliare i bambini ad approfondire a casa e con i genitori.
Non è vietato. Semplicemente non li obbligo e cerco di dar loro strumenti per essere autonomi.
Non mi servono le lezioni appiccicate a memoria. O sai perchè comprendi ed apprezzi davvero oppure cambiamo metodo e mi devo inventare qualcosa
Leggendo il suo articolo mi chiedo se sono reali i bambini di cui parla, se è reale quel mondo e quella scuola che lei descrive: dove i bambini sono tutti sorridenti e motivati, attenti, che svolgono ricerche e approfondiscono a casa perchè stimolati dai loro insegnanti e dove gli hannibal lecter diventano agnellini…o forse è proprio vero e io dovrei cambiare lavoro.
Io entro ogni giorno in classe con il sorriso, voglio bene ai miei alunni, preparo con cura le lezioni, adattandole a tutti; spiego stimolandoli a riflettere e a sentirsi competenti e mai trattandoli come dei meri contenitori. Adotto un metodo pratico. Assegno compiti a casa. Eppure ci sono bambini che non si impegnano nè a scuola nè a casa, a cui non importa nulla della scuola, che ridacchiano, disturbano, rispondono male a compagni e a insegnanti, anche durante le attività pratiche. Alunni che sembrano comprendere solo il linguaggio della punizione, altrimenti sei un insegnante non degna di rispetto. E non credo che l’assenza di compiti sia il differenziale.
Questa è la realtà che devo affrontare ogni giorno, il resto mi sembra teoria.
Le assicuro che la nostra classe ha di tutto e di più… ci sono bambini difficili, anche un po’ scorbutici, come lei dice giustamente a volte i conflitti tra bambini o con l’insegnante ci sono, poi ci si parla ci si chiede scusa e si ritorna a lavorare insieme.
Senza i compiti penso di avere uno strumento in più.
Per motivarli
Per richiedere a buon diritto massima attenzione in aula
Per non lasciare possibilmente nessuno indietro
Per educarli al lavoro serio sul luogo di lavoro senza “imboscarsi” per poi vivere pienamente la vita terminato l’orario
Per educarli alla giustizia ed alla cooperazione (dato che in classe spesso i lavori vengono svolti associando chi ha già capito bene con chi deve ancora impadronirsi dell’argomento)
E’ uno strumento , non una bacchetta magica, e noi tutti siamo umani non maghi, però , personalmente è uno strumento che trovo davvero utile usare.
Grazie per il commento e l’occasione di confronto