Il problema dell’uso sociale dei beni comuni di Roma è posto (e insieme ignorato) da tempo quasi immemorabile. Alla città serve con urgenza ormai drammatica, per esempio, un regolamento sulle concessioni d’uso sui beni immobili di Roma Capitale appartenenti al demanio, al patrimonio indisponibile e disponibile. Non è un tema semplificabile, certo, ma neanche più rimandabile. Troppi danni sono stati fatti, in passato, a causa di impennate autoritarie, attendismo e mancanza di volontà politica nell’intraprendere con nettezza scelte coraggiose, discusse a fondo e condivise. Ora 70 soggetti associativi e plurali – gruppi territoriali, comitati, centri e cooperative sociali, ecc. – hanno costituito insieme il comitato “Roma in comune” e convocato per venerdì 13 maggio (ore 17, Piazza Vittorio Emanuele) un’assemblea cittadina di confronto sulla proposta elaborata. Dovrebbe precedere il lancio di una carovana di democrazia partecipativa, con assemblee consultive pubbliche nei territori sui punti della piattaforma
Oltre 70 organizzazioni, tra associazioni, cooperative sociali, comitati, centri sociali e gruppi territoriali hanno costituito il comitato “Roma in comune” e condiviso un percorso di confronto e mobilitazione sull’uso sociale del patrimonio pubblico.
Nel corso della conferenza stampa del 7 Aprile scorso in piazza del Campidoglio, il comitato ha presentato le linee di indirizzo generali per la riscrittura di una nuova delibera sull’utilizzo, la gestione e l’assegnazione del patrimonio pubblico disponibile e indisponibile del Comune di Roma.
Venerdì 13 maggio alle ore 17 a Piazza Vittorio Emanuele II si terrà l’assemblea pubblica cittadina di confronto sulla proposta elaborata con la presenza delle istituzioni locali.
L’appuntamento è il frutto di un lungo lavoro di condivisione, un percorso che ha preso il via con un paio di assemblee pubbliche organizzate nel dicembre 2021 a Spin Time, a cui hanno partecipato un gran numero di organizzazioni associazioni, cooperative, centri sociali.
L’obiettivo è l’inderogabile superamento della delibera 140 del 2015 con l’approvazione di nuovo regolamento per la gestione dei beni pubblici disponibili e indisponibili del Comune di Roma, ma anche per quelli di proprietà degli enti collegati e dei beni di proprietà privata che hanno un uso e una funzione pubblica, che sono quindi riconosciuti come beni comuni.
Sarà organizzata una carovana di democrazia partecipativa, con assemblee consultive pubbliche nei territori sui punti della piattaforma di Roma in comune. Il 26 aprile si è svolta la prima consultazione all’Esquilino e le assemblee proseguiranno negli altri quartieri della città per tutto il mese di maggio e giugno. Condividere le proposte, i suggerimenti dei cittadini e delle organizzazioni che i territori hanno animato, reinventando pratiche mutualistiche, politiche, di relazione è anche il modo di restringere la forbice tra Istituzioni e cittadini, ridare fiducia , protagonismo e reinventare la città .
Il Comune e l’attuale Giunta hanno dimostrato la volontà di aprire un confronto, un ascolto delle realtà di base. Però le audizioni fatte dalla Commissione congiunta (patrimonio, sociale, cultura) non possono bastare, bisogna ascoltare direttamente i territori ed è indispensabile ricostruire un percorso virtuoso di partecipazione. Soprattutto è necessario rivoluzionare i processi decisionali, cambiare lo stesso impianto di gestione amministrativa della cosa pubblica. Bisogna assolutamente acquisire il metodo della programmazione condivisa , delle decisioni partecipate in modo orizzontale, altrimenti si ricade in uno sterile verticismo, spesso caratterizzato da un cieco legalismo e casomai da una delega in bianco ai tecnici e alla burocrazia.
E’ augurabile questo cambio di passo della politica, peraltro ormai richiesto da una egemone e innovativa giurisprudenza
Roma ha in dote una grande quantità di immobili e aree pubbliche inutilizzate, beni pubblici in disuso, beni confiscati alla criminalità: una ricchezza enorme che potrebbe rappresentare un vero e proprio welfare generativo e patrimoniale. Ci sono centinaia di immobili comunali gestiti da centri sociali, associazioni e cooperative in attesa di regolarizzazione e/o con concessioni scadute, come quelle degli impianti pubblici per le attività sportive. C’è un enorme patrimonio di terre pubbliche, che fanno di Roma la capitale con la più ampia estensione di aree verdi e agricole in Europa.
La ripartenza di un welfare generativo che sappia aggredire le disuguaglianze ha bisogno di innovazione sociale e di un’azione politica coraggiosa che sappia valorizzare e riconoscere l’uso sociale del patrimonio pubblico.
Questa nuova visione di città non è compatibile con la logica degli sgomberi, non è possibile ridurre a questione di ordine pubblico le esperienze che hanno dato risposte importanti da un punto di vista sociale, di inclusione e integrazione, come è stato ampiamente dimostrato nella fase legata all’emergenza Covid, durante la quale queste realtà hanno rappresentato un momento di tenuta e resistenza importante.
La spirale di accanimento contro queste realtà va immediatamente interrotta: va trovato un dispositivo di sanatoria per uscire dalle secche di una normativa fin troppo vendicativa.
Ogni componente dell’articolato mondo delle realtà sociali romane ha una propria specificità che richiede modi e istituti diversi per l’affidamento dei locali. Anche in questo campo d’azione il bando pubblico non può essere l’unico strumento di gestione e affidamento dei beni.
Alla trasparenza e all’efficacia rispondono una molteplicità di modalità e istituti, dai patti collaborativi, già previsti dalla legislazione regionale, alla co-progettazione, normata a livello nazionale, fino alle forme di autogoverno e di affidamento basate sul riconoscimento dell’alto valore sociale degli interventi fatti.
E’ arrivato il momento di definire l’eventuale canone di gestione del bene riconoscendone la centralità del valore d’uso, dell’esperienze e delle iniziative di gestione, superando la visione puramente commerciale della gestione patrimoniale basata sul valore di mercato del bene.
Pluralità degli strumenti, quindi, e poi applicazione della valutazione di impatto sociale e ambientale, dove richiesto, come processo condiviso per accedere ad una ulteriore riduzione del canone, sino al suo azzeramento, e ad ulteriori vantaggi economici a fronte del raggiungimento di un chiaro, intenzionale e misurabile impatto a favore della comunità cittadina.
E’ necessaria una nuova idea di città.
Una città solidale capace di rispondere ai diversi bisogni e operare per ridurre le disuguaglianze anche attraverso nuove forme di utilizzo collettivo dell’immenso patrimonio in disuso e abbandonato. Per questo c’è la necessità di una nuova delibera comunale che riconosca il valore sociale delle esperienze esistenti che “abitano” il patrimonio pubblico e definisca le norme per l’affidamento e concessione dei beni pubblici riconoscendone il valore di beni comuni.
Mario dice
Buongiorno Carlo, come si può restare informati e coinvolti in questa iniziativa? oggi purtroppo non riesco a partecipare.
Manuela Stella dice
Si delinea un percorso molto bello e innovativo, è importante l’informazione capillare per questo vorrei ricevere materiali, grazie
Vilma dice
Come posso unirmi a voi?
Vilma dice
Sto lottando ma sola dal 2015 ho lo sgombero ma non sono riuscita a trovare qualcuno che lotti con me avrei bisogno di contattarvi.