Dalla pedagogia della terra alla patata etica. Ernestina, del distretto di economia solidale di Varese, ci racconta come in certe valli della Lombardia si stia sperimentando un sistema partecipato di garanzia. Vengono presi in considerazione criteri che attingono alla sfera dell’economia critica e solidale, come il tipo di energia che si utilizza, il recupero delle varietà dimenticate, i canali di distribuzione, la collaborazzione con le aziende del territorio. Poi domenica 16 novembre, a Cassano Valcuvia, si fa festa con Patatrack
di Riccardo Troisi
Nei territori incontriamo ogni giorno forme diverse di riappropriazione della terra e dei suoi frutti. Raccontano storie di persone comuni che hanno lanciato la sfida a una produzione agricola massificata e omologata che sta portando alla perdita di sovranità alimentare e di indentità locale. Questa sfida parte spesso dalla necessità di ricostruire sui territori quel rapporto tra colture e culture che si è andato perdendo a favore della logica della industrializzazione del modello agricolo a servizio della grande distribuzione. Il progetto Patata Etica va in questa direzione. Abbiamo chiesto a Ernestina del distretto di economia solidale di Varese di raccontarcelo
Come nasce il progetto Patata Etica ? E cos’è il sistema di “garanzia partecipata”?
Il progetto gemma da un altro progetto precedente che si chiamava “Per una pedagogia della terra”. Era nato nel 2012 e coinvolgeva i distretti di economia solidale della province di Como, Varese e Monza-Brianzavrà, una nuova edizione prenderà il via nel 2015, con capofila Aiab e con l’aggiunta di nuovi partner territoriali lombardi dell’economia solidale delle province di Sondrio, Lecco, Brescia e Bergamo. Si proponeva proprio di creare un sistema partecipato di garanzia (SPG), ovvero una modalità di garanzia dei prodotti agricoli che si pone come complementare alle certificazione di parte terza, cioè alle classiche certificazioni bio dove il controllore è pagato dal controllato. In questa proposta di certificazione sono presi in considerazione criteri che attingono alla sfera dell’economia critica e solidale, quali ad esempio il tipo di energia utilizzata dall’azienda, la possibilità che si cerchi di recuperare varietà colturali o razze animali ormai dimenticate a causa del prevalere delle varietà più commerciali, la modalità di vendita dei prodotti, i canali di distribuzione preferiti, la presenza o meno di accordi e collaborazioni con aziende vicine, etc etc.
Come funziona?
Riassumo brevemente: ci sono protocolli di produzione che si rifanno a quello del regolamento europeo sul biologico, si organizzano visite alle aziende che chiedono di aderire coinvolgendo nel gruppo visita: un tecnico (un agronomo oppure un veterinario), un consumatore e un produttore di un altro territorio oltre all’animatore. Le aziende vengono quindi visitate e viene compilato un questionario che verrà riesaminato da una commissione valutatrice (che, a sua volta, è composta da tecnici, consumatori e produttori, i quali, però, non partecipano alle visite) che stabilisce se l’azienda risponde ai criteri definiti dal protocollo. Nel caso in cui l’azienda non dovesse essere in linea con gli standard minimi, si danno una serie di consigli e indicazioni per migliorare.
Il comitato locale di Varese ha ritenuto necessario sviluppare un progetto che aiutasse a mantenere i contatti e le relazioni stabiliti grazie al progetto SPG, e allo stesso tempo a creare quel contesto di riferimento che permetta alle iniziative di collaborazione nel settore agricolo di proseguire e crescere. Così, discutendo tra i vari produttori, consumatori e tecnici partecipanti al progetto, si è pensato di far nascere un progetto di collaborazione che facesse riferimento a un solo prodotto, per avvicinare in modo graduale le aziende al sistema SPG. Insieme abbiamo valutato che la patata poteva essere un prodotto adatto, considerato il suo valore simbolico, la buona capacità di essere consevata e la sua versatilità di utilizzo…Così è nato quindi il progetto “Patata etica delle valli varesine”.
Quali obiettivi e quali risultati sta dando sul terriorio ?
Quest’anno è alla seconda edizione, ha modificato qualche sfumatura lungo il percorso ma quello che resta è la collaborazione tra produttori (aziende agricole) e ortisti (privati che per hobby coltivano l’orto) per la coltivazione delle patate. Le sementi sono di varietà diverse e si acquistano insieme secondo la logica dei GAS, durante la coltivazione ci si trova nei campi coinvolti per verificare come procede e per confrontarsi su eventuali problemi agronomici da risolvere. Poi vengono il raccolto e la vendita ai consumatori locali attraverso i GAS e le botteghe. Il prezzo di vendita viene concordato nel gruppo e a questo viene aggiunta una piccola quota come finanziamento del progetto stesso. I numeri di questa sfida si possono trovare sul sito del DES-VA così come l’ etichetta con le diverse vaerietà di patate.
Quali sono i protagonisti di questa progettualità ?
Le patate innanzitutto, poi chi le coltiva (produttori e ortisti), i consumatori che decidono di acquistarle. Nel ruolo di facilitatori, ci sono il DES-VA, ovvero l’associazione che raccoglie le realtà che si occupano di economia solidale nel territorio della provincia di Varese, Acli terra, Copac (una coop di vendita di prodotti bio di varese) e la bottega degli sballati di Ispra, che è un negozio di prodotti sfusi locali.
Questa esperienza di partecipazione sui prodotti alimentari dove nasce?
Nasce negli anni ’70 dall’esigenza dei piccoli produttori del sud del mondo (Sud America) di opporsi alle logiche di mercato che venivano loro imposte dal primo mondo. Il sistema si diffonde poi a livello internazionale e in Europa soprattutto in Francia. IFOAM è l’associazione che raccoglie le diverse realtà a livello mondiale (Ifoam europa è stata partner del progetto per una pedagogia della terra). In italia ci sono stati tentativi di lancio di questo sistema ma sono rimasti isolati, il nostro progetto ha provato invece a proporre un sistema che coinvolgesse diversi territori e si strutturasse in modo da poter proseguire. Il follow-up di progetto che continuerà nel 2015 ha infatti l’intenzione di individuare un sistema in grado di autosostenersi e di facilitare il coinvolgimento di nuovi territori. Finora l’SPG si concentra sul protocollo vegetale, sono in fase di definizione il protocollo zootecnico, e quello per i trasformati. Si pensava di fare un protocollo a parte per quanto riguarda l’apicoltura.
Ci sono altre progettualità di filerà che state pensando di avviare ?
Ci piacerebbe allargare il raggio d’azione ad altri prodotti, soprattutto alla luce del principio di rotazione delle colture, non abbiamo ancora definito un prodotto specifico ma per i prossimi anni si pensava al fagiolo e a un cereale, forse la segale.
Come si mette in relazione la vostra esperienza con altri distretti e reti di economia solidale?
Il progetto SPG coinvolge finora i distretti di Como, Varese e Monza-Brianza e prevede di allargarsi ad altre provincie della Lombardia con il nuovo progetto 2015. Per quanto riguarda il progetto Patata, per ora ci si limita al territorio di Varese ma abbiamo ricevuto diverse proposte di “gemellaggio” da parte di territori vicini, nulla di ufficiale fino ad oggi. Grazie all’attenzione suscitata attraverso il progetto patata etica, abbiamo raccolto l’interesse da parte di territori anche molto diversi, quali la Campania e la Sardegna, interessati a sviluppare nei rispettivi ambiti progettualità simili a quella condotta qui finora, ma anche in questo caso si tratta di contatti nuovi che si spera poi andranno consolidandosi.
Per chi vuole assaggiare questo progetto, domenica 16 novembre, al circolo Il Farina di Cassano Valcuvia, si terrà “PATATRACK! “C’è s/campo per un futuro condiviso”. Alla sua seconda edizione, l’evento è stato organizzato dal DES Varese, in particolare dal gruppo che segue il progetto Patata Etica. Sarà un momento di festa e convivialità per dar modo a tutti di allacciare relazioni e proporsi un cambiamento fondato anche sulle alleanze.
Video
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