Il filo spinato ai confini con la Serbia, la richiesta di interventi contro i migranti nel Mediterraneo, la lotta contro le Ong. Viktor Orban ha spesso aperto la strada ad altri. Ora ha imposto al parlamento ungherese “pieni poteri” con la scusa dell’emergenza virus. Scrive Lorenzo Guadagnucci: “A chi sostiene che in Ungheria non si tratta di golpe né di dittatura, visto che siamo di fronte a un’emergenza e a un regolare voto in parlamento, giova ricordare che i principali regimi fascisti del secolo scorso – in Italia e in Germania – cominciarono con l’avvento perfettamente legale al potere dei rispettivi capi”

Altre volte, in passato, il primo ministro ungherese Viktor Orban è stato additato da leader politici e media europei come uno scandaloso esempio di regressione politica verso un territorio di post o ex democrazia, ma ogni volta alla fine Orban è risultato, più che un reprobo da rifiutare, un anticipatore.
È successo quando il premier ungherese, con plateale sfoggio di ardimento, fece stendere una fitta rete di filo spinato ai confini con la Serbia, per proteggere il suo paese da un’inesistente invasione di migranti. Da allora, quasi non c’è paese europeo che abbia mancato di stendere il suo, di filo spinato, ai propri confini, specie lungo le frontiere con paesi non appartenenti alla cosiddetta Area Schengen.
È successo quando Orban si è messo alla testa delle destre populiste europee invocando un deciso intervento contro i migranti già nel mare Mediterraneo, toni apparsi esasperati e violenti, rifiutati in quanto tali, ma è stata anche quella una richiesta alla fine applicata, cosa sappiamo bene in Italia, visto che il nostro paese è stato il campione europeo della lotta contro le Ong (altro bersaglio prediletto del pioniere Orban) e del contrasto alle imbarcazioni partite dal Nord Africa, grazie ai patti stretti con le autorità libiche, patti di cui un paese democratico dovrebbe vergognarsi.
Ora Viktor Orban chiede e ottiene dal parlamento i “pieni poteri”, compiendo un colpo di stato bianco, cioè eseguito da un uomo già al potere. Di “pieni poteri”, non è il caso di dimenticarlo, si è parlato anche da noi nell’estate scorsa, per bocca del capo del maggiore partito italiano, non a caso oggi convinto sostenitore della svolta ungherese. Svolta salutata con favore anche dal secondo partito della destra italiana per numero di voti secondo i sondaggi.
A chi sostiene che in Ungheria non si tratta di golpe né di dittatura, visto che siamo di fronte a un’emergenza e a un regolare voto in parlamento, giova ricordare che i principali regimi fascisti del secolo scorso – in Italia e in Germania – cominciarono con l’avvento perfettamente legale al potere dei rispettivi capi.
L’emergenza sanitaria è in corso e quella economica è appena cominciata, non è da allarmisti temere che l’esempio ungherese sia quanto meno imitato, facendo entrare l’Europa in un’emergenza anche democratica.
Agnes Heller, nel suo libretto Orbanismo. Il caso dell’Ungheria: dalla democrazia liberale alla tirannia (Castelvecchi editore) uscito l’anno scorso, ha scritto che “l’analisi del modello costituito dal regine di Orban è importante a causa dell’attrazione verso questo modello da parte di nazioni a tutt’oggi liberal democratiche“.
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