Roma, non tutti lo sanno, è il più esteso comune agricolo d’Europa e ha una crescente rete di orti urbani e una analoga di Gruppi di acquisto solidale, mentre il Lazio, pur non essendo molto esteso, è la stesta regione per estensione delle colture biologiche. Roma ha anche grandi movimenti di occupazione per il diritto all’abitare. E da un paio di anni, come dimostrano il Nuovo Cinema Palazzo e il Teatro Valle, ha anche straordinarie esperienze di occupazioni culturali, che si sono affiancate ai numerosi centri sociali di prima e seconda generazione. Dati importanti di ambiti differenti. Di seguito, trovate ampi stralci di un articolo di Antonio Roman-Alcalà pubblicato da Z Net Italy dedicato a una delle prime grandi e recenti occupazioni di terre avvenuta negli Stati uniti, un’estensione del movimento Occupy, in California (foto). Chissà che l’intreccio di queste notizie non anticipi un bel movimento di occupazioni rurali anche nelle campagne romane, come accaduto altre volte in passato.
(…) Il 22 aprile, una settimana dopo la Giornata internazionale della Lotta contadina, centinaia di attivisti per la sovranità alimentare e membri della comunità della Bay Area hanno rotto i lucchetti di un vasto appezzamento di terra agricola urbana, seminato semi di senape e piantato verdure. “Occupy the Farm” [Occupiamo la fattoria] è stato organizzato come una protesta in stile Occupy, compresi accampamenti di tende e “assemblee dei coltivatori”, ma con una differenza significativa: questo atto di “obbedienza morale” (noto anche come disobbedienza civile) è stato il risultato diretto di anni di organizzazione del vicinato intorno all’appezzamento di terreno in questione.
L’ “Area Gill” è un appezzamento di dieci acri che è di proprietà dell’Università della California, (UC), Berkeley, dal 1928. I fondatori dell’università come istituzione basata su una concessione demaniale fecero dell’acquisto di questo terreno agricolo di prima classe un’ovvia scelta per la sperimentazione, e per molti anni gran parte della proprietà fu utilizzata per ricerche sui pesticidi biologici e chimici. Arrivati alla fine degli anni ’90, tuttavia, il futuro del sito divenne poco chiaro e la UC cominciò a ricercarne altri utilizzi. Poi arrivò la creazione della Coalizione della Bay Area per l’Agricoltura Urbana (BACUA), composta da professori della UC della Facoltà delle Risorse Naturali, organizzazioni per la giustizia e la sostenibilità alimentare, e cittadini locali. Essi rivolsero un appello alla UC perché prendessi in considerazione una proposta di sviluppare il sito trasformandolo in una fattoria educativa focalizzata sulla comunità che fosse la vetrina di pratiche sostenibili. Secondo la loro missione “il centro condurrebbe ricerche e offrirebbe istruzione su fondamentali tecniche, economiche e sociologiche a proposito dei modi in cui le città possono creare sistemi alimentari che servano bene i cittadini e l’ambiente attraverso una produzione e una distribuzione locale economicamente salubre ed ecologicamente sostenibile”.
L’amministrazione della UC ignorò del tutto questo tentativo (così come molti tentativi analoghi: vedere qui e qui) e invece elaborò piani per vendere diritti di sviluppo a vari interessi, compresa la società Whole Foods Market e una residenza privata a fini di lucro per anziani. (…) “Occupy the Farm” propone un quadro alternativo: la sovranità alimentare. Invece della ricerca del profitto come fattore ultimo del processo decisionale nell’utilizzo della terra, la sovranità alimentare mette in primo piano il vantaggio pubblico. Invece di burocrati distanti guidati da eroi neoliberali come Richard Blum (cioè i reggenti della UC), la sovranità alimentare rivendica un controllo democratico e locale sulle nostre istituzioni pubbliche. E invece di una distinzione impossibile storicamente e logisticamente tra “governo” da un alto e “mercati” dall’altro, la sovranità alimentare promuove un mercato che sia responsabile e umano perché costruito sulle vite e le decisioni di quelli che ne sono toccati. Questo può ben suonare molto teorico, ma l’occupazione della terra come il tentativo di Riprendersi l’Area rende queste idee reali, immediate, tangibili e immaginabili (…).
Se il neoliberalismo cerca miopemente di far crescere i mercati, i suoi oppositori premono per uno sviluppo vero: di democrazia, uguaglianza, salute ambientale e, sì, di mercati che possano coesistere con tali valori. (…) Come hanno deciso quelli di Occupiamo le Fattorie, aspettare che i potenti “facciano la cosa giusta” può essere uno spreco di tempo e a volte occorre che la gente si sollevi in azioni potenti di amore disobbediente per forzare la mano alle élite sulla difensiva.
(…) Sfidare il potere di un’élite delegittimata costruendo contemporaneamente potere dal basso. I sequestri di terre sono stati più comuni in parti del Sud globale e Occupiamo la Fattoria è stato attuato in solidarietà con La Via Campesina, un movimento contadino internazionale il cui principale membro organizzativo, il Movimento dei Contadini Senza Terra (MST) del Brasile, ha insediato più di 150.000 famiglie su terre espropriate ai maggiori latifondisti del paese. L’iniziativa può essere collegata anche alle lotte dei coltivatori indipendenti in Honduras (…). L’occupazione di Berkeley può apparire anomala perché verificatasi in un paese del mondo ricco. E’ stato detto che azioni simili non avrebbero funzionato qui: dopotutto non abbiamo la popolazione contadina della maggior parte dei paesi del terzo mondo, e siamo afflitti da una profonda dedizione culturale alla venerazione della proprietà privata. Meno dell’un per cento della popolazione statunitense si dedica a tempo pieno all’agricoltura. Molti statunitensi, quando sentono parlare dell’Area Gill, probabilmente sono incapaci di pensare a qualcosa di diverso da uno “sconfinamento”.
Tuttavia, indipendentemente da quanto importante sia per la società il diritto di proprietà, il suo primato deve essere contestato se vogliamo ottenere un futuro sostenibile. Con un controllo così esteso del sistema alimentare globale da parte di conglomerati imprenditoriali orientati al profitto, è un atto di fede attendersi che essi improvvisamente diano priorità all’ambiente, ai consumatori o ai lavoratori. E’ ugualmente ingenuo aspettarsi che le nostre istituzioni pubbliche si oppongano a tali interessi industriali, considerando quanto profondamente acquisita è l’ideologia neoliberale e quanto totalmente gli interessi dei ricchi abbiano in pugno i dirigenti eletti.
Occupare la Fattoria è un passo successivo prezioso per il movimento Occupy, per il Movimento del Cibo e per tutti quelli che si preoccupano di creare una vista giusta, sostenibile e democratica per i nostri figli. Continuiamo a occupare il sistema alimentare in modi creativi, amorevoli, impegnativi e inattesi.
Città invisibile è un piccolo collettivo attento ai temi sociali e della decrescita, nato all’interno dell’omonima libreria (info [at] editoriadellapace [dot] org) dell’ex mattatoio di Testaccio.
Ciao,
volevo segnalarvi il sito del movimento per l’accesso alla terra romano
http://www.presidiogiovaniagricoltori.org
Più che occupare, si vorrebbero alcune terre pubbliche a destinazione d’uso agricolo assegnate (dietro pagamento di un congruo affitto agricolo) a cooperative di giovani agricoltori in maniera che queste terre possano essere coltivate creando reddito e occupazione mentre al contempo si salvaguarda paesaggio e territorio.
Dopo alcune manifestazioni, tra cui il presidio del complesso agricolo di Tor Marancia (terreno di compensazione urbanistica), stiamo ora portando avanti una vertenza con le istituzioni pubbliche per la salvaguardia dell’agro romano (che potete leggere e sostenere dal sito).
Oltre che dal sito, potete seguirci su http://www.facebook.com/presidiogiovaniagricoltori e su twitter come Romaagricola
Per ogni curiosità, son qui.
Marta
Ciao Marta, conosciamo la vostra esperienza, la più importante nata negli ultimi anni a Roma su questi temi. Diciamo che lo strumento dell’occupazione delle terre, come di altri spazi pubblici, deve essere valutato in base al contesto, ma non c’è dubbio che con le attuali norme e con l’attuale brodo politico, lo sperimentare alternative collettive implica spesso l’occupazione e la rottura sul piano legale. Teneteci aggiornati sulle vostra iniziativa. La redazione di Comune