La “Carovana dei Pacifici”, in viaggio con la Rete di Cooperazione Educativa dal 2015, in questi giorni racconta, attraverso una pubblicazione, le tappe del suo straordinario cammino tra scuole e realtà sociali. Tra le ultime tappe anche una in uno dei porti chiusi per respingere i migranti e una in una scuola di Nagasaki, in attesa di raggiungere, domenica 24, nelle Marche un agriasilo ferito dal terremoto e rinato in una yurta per seminare speranza
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di Luciana Bertinato*
Confine è una parola antica da maneggiare con cura. L’etimologia latina (cum = insieme, finis = fine) indica una linea di demarcazione, una soglia, un limite che chiude e apre, segna una differenza, un’alterità, un passaggio tra dentro e fuori, tra noto e ignoto. In geografia è una frontiera che separa due terre, una pietra che ne segnala concretamente il limite.
Nella mente, quando si incontra un confine, si può scegliere di varcarlo per scoprire orizzonti nuovi, o di rimanere sulla soglia, di “salutare dalla soglia”, come dice Seneca (Epistole a Lucilio, 49.6).
Oggi c’è chi i confini li chiude con divieti, muri, fili spinati, per difendersi dalle proprie paure, forse per proteggere il narcisismo delle piccole differenze. Si respingono bambini impauriti con il mare negli occhi e uomini e donne che fuggono da guerre, povertà e sfruttamento, spesso dopo mesi di viaggio e prigionia nei campi di detenzione dove hanno subito violenze e torture.
Passano anche altre persone, sicuramente ma “altre” persone sono già al di qua del confine. Una linea di confine poi dove inizia e dove finisce lungo la linea? Qual è esattamente la serie di punti che segnano la linea di confine tra umanità e umanità? Il bagnasciuga è terra o mare?
Noi, seppur tra mille dubbi e rifuggendo da facili semplificazioni, chiediamo di tenere aperti i porti, di non chiudere le frontiere; proviamo a stare sulla soglia affrontando la sfida di accogliere persone portatrici di culture diverse dalla nostra.
Ne ascoltiamo le storie e comprendiamo il loro desiderio di “passare il confine per raggiungere un posto dove ci sia umanità” e conoscere la pace.
Dimmi la pace
di Emanuela Bussolati
Dimmi la pace,
perché non la conosco.
Quello che ti posso raccontare
sono le fughe
la stanchezza, la fame
l’assenza, l’abbandono
la paura, la paura, la paura.
Dimmi la pace.
Per me è nuvola che si sposta,
arcobaleno che non ha inizio
tramonto oltre l’orizzonte.
Quello che ti posso raccontare
è l’estraneità, lo scoraggiamento
il dubbio, l’angoscia
la rabbia, l’umiliazione
la paura, la paura, la paura.
Dimmi la pace.
E soprattutto se c’è.
La “Carovana dei Pacifici”, in viaggio con la Rete di Cooperazione Educativa dal 2015, in questi giorni racconta, attraverso una piccola pubblicazione, le tappe del suo cammino lento e paziente.
https://comune-info.net/2015/05/il-viaggio-della-carovana-dei-pacifici/
Qui segnaliamo le ultime tre: la prima arriva direttamente dal mare con le parole della maestra Petronilla Lepore, che ci ha inviato i pensieri dei suoi alunni e un bellissimo video del percorso realizzato con le colleghe Donata Laterza, Antonella Liusalata e Carolina Frasci.
“Mola di Bari è ubicata lungo una delle strade consolari, la via Traiana, che collegava Roma con le sponde meridionali del mare Adriatico. Fondamentale è tutt’ora il suo legame con il mare, da considerare anche come via di comunicazione con altri popoli. Il suo castello era nato per difendere il territorio interno dagli assalti via mare delle genti provenienti da altri Paesi, poi nel tempo a ridosso e intorno alle sue mura, si è sviluppata la città. Adesso, che non è più necessario difendere il territorio, è necessario invece difendere i valori della pace per disarmare ogni possibile conflitto. Così, i ragazzi della scuola secondaria di primo grado Alighieri-Tanzi, hanno allineato i loro Pacifici sul muretto di confine terra-mare, in partenza per una missione importante. Presto srotoleranno la cima (il cordame di canapa), che ‘àncora’ la barca alla bitta del porto, saliranno su quattro imbarcazioni e, seguendo i punti cardinali, raggiungeranno idealmente tutte le persone del mondo”.
Dal mare Adriatico al cielo del Giappone. A Piacenza gli alunni del maestro Roberto Lovattini, che l’anno scorso avevano spedito le loro sagome pacifiche a una scuola di Nagasaki, il 27 aprile hanno incontrato il sindaco della città nipponica, Tomihisa Taue, consegnandogli numerose Gru di carta. Con questo gesto, insieme ai bambini delle scuole di tutta l’Emilia, hanno voluto ricordare la piccola Sadako Sasaki, morta a dodici anni, in seguito alla leucemia contratta dopo l’esplosione atomica. La bambina aveva iniziato a costruire con le sue mani centinaia di gru di carta, divenute oggi simbolo di speranza, fiducia e coraggio. Al sindaco, giunto in visita in Emilia Romagna, è stato presentato il progetto che richiede l’istituzione del ministero della Pace. In particolare, i ragazzi della classe quinta della Scuola Primaria “Caduti sul Lavoro” di Piacenza, chiedono che siano ragazze e ragazzi di tutta l’Italia a confrontarsi e a pronunciarsi sulla proposta.
Fare pace con la Terra, dopo le ferite inferte dal terremoto, sarà l’obiettivo della terza tappa della Carovana, che domenica 24 giugno raggiungerà Vallato di San Ginesio (Macerata). Ci uniremo a Federica Di Luca, educatrice dell’Agrinido della Natura, Agri-Infanzia per raccontare una storia marchigiana di resilienza e di ricostruzione sospesa.
“Purtroppo a causa del terremoto del 2016 – scrive Federica – il nostro borgo è stato gravemente colpito ed anche la nostra struttura è inagibile quasi completamente. Con le unghie e con i denti siamo riusciti a tenere aperte tre stanze al piano terra e con l’allestimento di una tenda yurta nello spazio esterno dell’orto-giardino abbiamo riaperto l’Agrinido e l’Agri-infanzia, esperienza educativa autorizzata e accreditata per bambini uno-sei anni. La ricostruzione è lunga, figuriamoci il ritorno a una normalità. Io sono ancora accampata in una stanza e dal giorno del terremoto sto lottando per mantenere l’esperienza educativa aperta e per la costruzione di una nuova struttura. Abbiamo chiesto aiuto agli amici della Rete per vivere insieme una giornata di pace e di festa, per incontrare chi vuole sapere a che punto siamo con la ricostruzione e quali percorsi educativi stiamo attuando. Metteremo in marcia i Pacifici, facendo loro coprire la distanza fra la scuola attuale e il terreno acquistato per la nuova costruzione. Ci saranno laboratori per grandi e piccini, musica dal vivo, letture di favole e racconti. Vogliamo ricordare, immaginare, chiedere il rispetto dei diritti dei bambini e delle comunità terremotate. Nonostante le difficoltà, abbiamo la gioia del quotidiano e continuiamo a pensare che l’educazione è potente, capace di muovere molto; continuiamo a portare avanti il nostro servizio educativo con grande fatica, ma con costanza e qualità e non ci vogliamo arrendere”.
Per far sì che la riflessione sulla Pace cresca e si diffonda, con semplicità e mitezza attraverso un cammino comune, noi della Rete “C’è speranza se accade @” rilanciamo la proposta di lavorare con i bambini e i ragazzi sui temi dell’inclusione e della cittadinanza, seguendo percorsi di consapevolezza, nei modi che ciascuna classe (o realtà associativa) riterrà più opportuni per i bambini e la loro età. Il pacifico non viene da una “leggerezza” intatta dai dolori, ma piuttosto dalla scelta di non rinunciare ad avere fiducia, di non scoraggiarsi malgrado tutto.
In quest’orizzonte, pensiamo sia importante riaffermare un principio di speranza, contro il cinismo e il disincanto che troppe volte sembrano aver la meglio. È importante imparare sin da bambini a riconoscere e risolvere in maniera positiva i piccoli e i grandi conflitti di ogni giorno. Solo così potremo sperare domani in una società capace di rifiutare la guerra e la violenza come unici strumenti di confronto tra uomini o tra civiltà.
Il libretto con il progetto si può scaricare dal sito: www.retedicooperazioneeducativa.it o richiedere stampato, in cambio di un’offerta libera, scrivendo a: .
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