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di Linda Maggiori*
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Una mamma scrive a chi accompagna i figli a scuola in auto Anna Becchi
Quando dici ai genitori che in questo modo appestano l’aria che i loro stessi figli respirano, loro alzano le spalle. “Il mondo è questo. E poi non sono mica il solo a inquinare”. Certo, in Italia si è in buona compagnia! Abbiamo il record delle auto pro capite: fino al 2015 avevamo sessantuno auto ogni cento abitanti, contro una media di quarantasei auto ogni cento abitanti in Europa. Ma la passione per le auto non tende a diminuire: nel 2016 abbiamo raggiunto quasi 38 milioni di veicoli con un tasso di motorizzazione pari a 62,4 ogni cento abitanti.
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Per questa passione travolgente, gli italiani conquistano anche il simpatico record del tempo perso dietro l’auto. Da una ricerca dell’Osservatorio europeo della Mobilità, trascorriamo molto più tempo dei nostri concittadini europei su un’automobile, a prescindere dalla meta: per andare a lavorare o a studiare (69 per cento contro la media Ue del 61 per cento), per fare la spesa settimanale (86 per cento contro il 76 per cento) ma anche per star dietro ai figli tra i mille impegni che creiamo loro: 64 per cento contro il 56 per cento europeo.
In Italia, abbiamo un altro ben più terribile primato (conseguenza dei primi due): le morti premature dovute a inquinamento dell’aria: 84,400 decessi su un totale di 491mila a livello europeo. Ricordiamo che il traffico in ambito urbano è causa del 25 per cento dei Pm10, del 50 per cento circa degli ossidi di azoto, del monossido di carbonio, e del benzene.
Insomma, una nazione dove i genitori dovrebbero armarsi di determinazione e coraggio, e combattere a denti stretti con tutte le loro forze, chiedendo misure severe contro l’inquinamento. Ma la rassegnazione impera, l’inciviltà dilaga e chi dovrebbe vigilare si gira dall’altra parte. E così, mentre i politici tentennano alla ricerca dei voti, mentre i vigili compassionevoli risparmiano multe ai genitori davanti alle scuole, mentre le associazioni di commercianti fanno barricate contro le zone pedonali; mentre le piste ciclabili languono e i ciclisti muoiono; mentre i mezzi pubblici vengono tagliati; mentre, come denuncia la Fiab, per favorire la sicurezza stradale, si guarda il dito (cioè i ciclisti, che devono proteggere testa e corpo) e non la luna (per esempio la massa e la velocità sempre crescenti delle auto che invadono lo spazio pubblico); mentre l’Italia tentenna pavida contro la potente lobby automobilistica, la Commissione Europea tuona e preannuncia multe spaventose, con questa motivazione: “L’Italia non ha fatto abbastanza per ridurre il livello di polveri sottili. Le misure legislative e amministrative finora adottate dall’Italia non sono bastate a risolvere il problema”. Se non ci interessano le vite perse, almeno ci interessano i soldi persi?
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Le scuole di primo grado sono generalmente vicino all’abitazione.
C’era un tempo, a Roma (ma la proposta era stata accolta da molti comuni) in cui Tonucci del CNR aveva lanciato la campagna “Andiamo a scuola da soli”. Che cosa significava? Organizzarsi in gruppo (bambine e bambini) per un percorso comunque protetto dalla presenza nei punti critici da anziani volontari.
Che fine ha fatto questa pratica?
Seconda considerazione: a Tokyo non c’è la possibilità materiale di parcheggiare le automobili, non è previsto uno spazio. O vai a piedi o prendi i mezzi pubblici. Le bambine e bambini giapponesi vanno a scuola, ve lo assicuro, li ho visti con i miei occhi *_*
in realtà si potrebbero eliminare davvero i marciapiedi, e vietato l’accesso alle auto, nelle strade in prossimità delle scuole.