Non lasciare solo chi resta indietro, non pensare alla povertà come una colpa, non smettere di lottare ogni giorno per un mondo diverso. Un papà scrive a sua figlia di dodici anni, una lettera che dovremmo leggere tutti: “Non posso perdonarmi le immagini che ti scorrono davanti agli occhi quando guardi la televisione e che mostrano migranti in fuga e famiglie buttate di forza in mezzo alla strada. Me ne vergogno… Il fatto è che quando una società è ricca diventa egoista, le persone cominciano a confondere la dignità con il conto in banca e ad avere paura di perdere il poco o tanto che hanno, quindi a pensare che non possono farci niente…”. Tuttavia, “potrebbero esserci ancora il tempo e il modo per cambiare almeno un pochino le cose prima che voi diventiate grandi. Di sicuro il futuro non è scritto e potremmo provarci…”
di Marco Arturi
Cara Valeria,
quando sei arrivata nella mia vita ti ho scritto una lettera nella quale ti dicevo che la cosa più importante che avrei cercato di insegnarti sarebbe stata quella di essere capace a fermarti per non lasciare solo chi era rimasto indietro. Sono contento di vedere che hai imparato in fretta ad avere attenzione verso chi è meno fortunato, anche se non so se e quanto di questo sia merito mio.
Oggi, dodici anni dopo, ti scrivo di nuovo e rendo pubbliche queste righe per raccontarti di un fallimento personale ma anche collettivo. E perché penso che certe cose andrebbero dette a tutti i ragazzi della tua generazione.
Non è un bel paese quello in cui ti sto, vi stiamo facendo crescere: ho un bel dirmi che la colpa non è mia, che ho sempre cercato di cambiare la situazione, che non mi sono reso complice. Ma le cose non stanno così. Tuo padre e quelli della sua età hanno sbagliato molto, anche quando a muoverli erano le migliori intenzioni.
Non posso, non possiamo dire “io non c’entro” se vivi in un paese governato da tempo da gente ignorante ed egoista; un paese nel quale ci sono molte persone povere quando nessuno dovrebbe esserlo, perché è un paese ricchissimo. E nel quale la povertà è diventata una colpa.
Non posso perdonarmi le immagini che ti scorrono davanti agli occhi quando guardi la televisione e che mostrano migranti in fuga e famiglie buttate di forza in mezzo alla strada. Me ne vergogno come ci si vergogna di una promessa non mantenuta. O di un tradimento.
Mi è capitato di essere povero, e di quel periodo c’è una cosa che non riesco a dimenticare. È una domenica pomeriggio di inverno e ti porto a prendere una cioccolata calda – con la panna, a te piaceva così – in un bar vicino a casa perché la macchina ha pochissima benzina e non ho soldi per metterne altra. Ordiniamo la tua cioccolata e nient’altro, perché il tuo papà ha in tasca giusto i tre euro per pagarla. Tu mi chiedi perché non prendo niente per me, neanche un caffé, e io ti dico che mi fa un po’ male la pancia e che il caffè peggiorerebbe la situazione. Sembra una stupidaggine, ma ti garantisco che è una cosa che non si dimentica. Di quel periodo c’è un altra cosa che mi ricordo e che mi faceva rabbia: il fatto di guardare in continuazione il calendario per contare i giorni che mancavano alla fine del mese e al prossimo stipendio. Mi faceva rabbia perché perfino una persona che ha un lavoro può essere povera; ma soprattutto perché speravo che quei giorni – giorni della mia vita – passassero in fretta. Quella domenica mancavano venti giorni alla fine del mese e non sapevo come avrei fatto.
https://comune-info.net/2017/02/ci-cose-dire-ai-nostri-figli/
Ti racconto queste cose perché tu possa immaginare cosa può provare un uomo buttato in mezzo alla strada insieme alla sua famiglia, senza un posto dove andare e con l’approvazione di quelli che avrebbero il dovere di trovarglielo. Perché vedi, un uomo che non riesce a dare una casa in cui stare ai propri bambini può arrivare a pensare che la vita non valga nemmeno la pena di essere vissuta. E di fronte a una cosa del genere nessuno di noi, nessuno, può dire io non c’entro.
Dovremmo sentirci tutti responsabili, dovremmo essere capaci di sentire l’angoscia di quel padre come nostra e adoperarci per cambiare almeno un poco le cose.
https://comune-info.net/2018/06/la-distruzione-dellempatia/
Il fatto è che quando una società è ricca diventa egoista, le persone cominciano a confondere la dignità con il conto in banca e ad avere paura di perdere il poco o tanto che hanno, quindi a pensare che non possono farci niente se le cose vanno in un certo modo. Si dimenticano di chi è rimasto indietro, del più debole, del meno fortunato e cominciano addirittura ad averne paura o a pensare che la colpa dei loro problemi sia sua. Si dicono che non dipende da loro. Non credere mai a chi dice cose tipo “ognuno per sé dio per tutti” o “si salvi chi può”: perché possiamo ingannarci quanto vogliamo ma la verità è che quando perde uno perdiamo tutti. E non fa differenza che la maggior parte delle persone non se ne renda conto. La famiglia che perde la casa, il ragazzo africano che scappa siamo noi, sarebbe tempo di capirlo se abbiamo la pretesa di lasciarvi una società appena decente.
Qualcuno ha scritto che la felicità è reale solo se è condivisa, invece noi ci ostiniamo a fare per noi stessi affannandoci dietro a oggetti e faccende di nessuna importanza; e magari lo facciamo pensando con un po’ di sollievo che per fortuna certe cose non succedono a noi e alla nostra famiglia, senza capire che non è così. Perché è a voi, ai nostri ragazzi, che stiamo lasciando questo paese com’è: un posto nel quale l’unica cosa che conta, come dice il mio amico Amleto, sono i soldi con tutte le cose brutte che ne conseguono.
Lo avrai capito, ti scrivo per chiederti scusa. Magari, chi può dirlo, potrebbero esserci il tempo e il modo per cambiare almeno un pochino le cose prima che voi diventiate grandi. Di sicuro il futuro non è scritto e potremmo provarci. In fondo basterebbe tornare umani. Ti lascio con le ultime parole pubbliche di un signore che tu conosci bene perché tuo padre ti ha sfinito con le sue canzoni fin da quando eri piccola. Cerca di tenertele strette, portatele appresso come una bussola. Sono parole semplici, ma è il meglio che posso darti.
Ad ogni modo, non resterò a guardare. Non si può più.
Ti voglio bene, papà.
“Ora, vorrei dire che la gente può cambiare qualsiasi cosa se vuole, e intendo qualsiasi cosa al mondo. La gente corre seguendo il suo piccolo sentiero, io sono uno di loro. Ma dobbiamo smettere di seguire i nostri miseri binari. La gente può fare qualsiasi cosa, è qualcosa che sto imparando. La gente là fuori si fa del male a vicenda perché è stata disumanizzata. È ora di recuperare l’umanità, di riportarla al centro del ring e di seguirla per un po’. L’avidità non porta da nessuna parte. Dovrebbero scriverlo su un grande cartellone a Times Square. Senza gli altri non siamo niente. Questo è quello che penso”
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