Una fabbrica, un giovane sindaco operaio, un gruppo nonviolento… Una straordinaria storia di disobbedienza. Articolo e appuntamento (in Valle di Sussa, ovviamente)

Torna alla mente, richiamato dalle notizie di questi giorni: venti di guerra. Torna alla mente a chi ha vissuto gli anni Settanta in Valle di Susa. Oggi la storia può sembrare cosi incredibile, quasi una favola, che varrebbe la pena iniziare con un “C’era una volta…”.

C’era una fabbrica, anzi, c’erano le Officine Moncenisio, nate nel 1906 a Condove, piccolo paese della valle all’epoca con poco più di cinquemila abitanti prevalentemente residenti nei comuni montani di Mocchie e Frassinere e la possibilità di dare lavoro a un migliaio di persone. Nel 1970 erano 850 le persone assunte, fra operai, impiegati e tecnici. La fabbrica scandiva i ritmi di tutto il paese con la sirena che segnalava i turni degli operai e lo scorrere del tempo.
C’era una volta un giovane sindaco di nome Massimo Maffiodo, di soli 23 anni, anche lui operaio alla Monce. Attraversava la strada, senza togliersi la tuta blu, e andava a sedersi sulla poltrona del sindaco in municipio dove gli capitava di ricevere i suoi padroni di fabbrica. In quel caso i ruoli di capovolgevano.
In quel paese, c’era una volta un gruppo nonviolento, con un prete sociale (don Giuseppe Viglongo) che aveva la fissa del cinema e organizzava delle serate per discutere sui film di Bergman, Pasolini, Olmi… La pratica ci chiamava cineforum. Del gruppo nonviolento faceva parte anche Achille Croce, pure lui operaio alla Monce: praticava lo yoga, era vegetariano e tutti i venerdì metteva in atto un silenzio purificatore, muto per l’intera giornata. Il gruppo nonviolento proponeva la disobbedienza civile e il rifiuto del servizio militare: alcuni componenti del gruppo furono tra i primi obiettori di coscienza, la lotta portata avanti ottenne il riconoscimento del servizio civile come alternativa alla leva militare. Anche Alberto Perino, in seguito conosciuto come attivista No Tav, ne faceva parte. Si chiamava GVAN “Gruppo Valsusino di Azione Nonviolenta”.
C’erano una volta le Officine Moncenisio, azienda metalmeccanica, fabbricavano principalmente vagoni ferroviari per il ministero dei Trasporti e macchine per la tessitura di calze. Però, prima, durante e dopo la seconda guerra mondiale le maestranze erano state impegnate a fondo nella fabbricazione di proiettili, bombe e soprattutto armi subacquee. L’industria condovese era registrata negli elenchi dei fornitori della Marina Militare, la quale richiedeva ogni anno all’azienda gli elenchi dei giovani di leva per un eventuale arruolamento.
Il 24 settembre del 1970 i lavoratori della Moncenisio presero una decisione storica e stilarono una mozione che portarono al Consiglio di Fabbrica. Il documento era stato discusso a lungo nei reparti e in assemblea, alla fine fu votata all’unanimità.
“I lavoratori delle Officine Moncenisio, considerando che il problema della pace e del disarmo li chiama in causa come lavoratori coscienti e responsabili e che la pace è supremo interesse e massimo bene del Genere Umano; preoccupati dei conflitti armati che tuttora lacerano il mondo e il corpo dell’Umanità, e dello spaventoso aumento del potenziale distruttivo in mano agli eserciti […] diffidano la Direzione della loro Officina dall’assumere commesse in armi, proiettili, siluri o di altro materiale destinato alla preparazione o all’esercizio della violenza armata di cui non possono e non vogliono farsi complici. Avvertono tempestivamente e lealmente le Autorità Aziendali di non essere pertanto in nessun caso disposti a lavorare, trasportare e collaudare i suddetti materiali bellici.
Esigono – dallo Stato e dal potere politico che il pubblico denaro, che è denaro dei lavoratori, sia investito nella costruzione e nella fabbricazione di cose utili ai loro interessi, richieste dalla loro dignità umana, rivendicate dal loro senso di giustizia e dal loro amore alla pace, di cui l’umanità ha estremo bisogno. Chiedono alle organizzazioni sindacali di appoggiare la loro strategia di pace, di propagandarla in Italia e, tramite le internazionali sindacali, fra i lavoratori di tutto il mondo; alla Chiesa cattolica e alle altre Chiese e organizzazioni religiose di voler rilevare e appoggiare il contenuto religioso e morale della loro presa di coscienza. Sostengono vigorosamente che non basta parlare di pace in modo astratto e infecondo, né partecipare ad esteriori ed accademiche manifestazioni di essa per poi preparare la guerra, con ipocrita conseguenza, accettando sul posto di lavoro di fabbricare le armi del massacro; poiché coloro che oggi le fabbricano, hanno perso per sempre il diritto di rifiutarsi di impugnarle domani per usarle contro i loro fratelli, né potranno in alcun modo scongiurare il pericolo che vengano usate da altri per scopi criminosi. Invitano caldamente i lavoratori italiani e di tutto il mondo a seguire il loro esempio di coerenti e attivi costruttori di pace”.
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Fu il primo caso clamoroso – non solo in Italia, ma in tutta l’Europa – di obiezione professionale alla produzione bellica. L’iniziativa suscitò la solidarietà da parte di persone e movimenti in varie parti del mondo e stimolò altri lavoratori ad affrontare la questione della produzione di armi e della riconversione dell’industria bellica.

Sabato 15 marzo alle 21 al Cinema Comunale di Condove verrà ricordato Alberto Perino e il suo percorso di nonviolento e disobbediente civile. Anche questa serata è in qualche modo un atto di disobbedienza, perché Alberto voleva essere “dimenticato”, ma la disobbedienza è contagiosa. Il 3 ottobre dello scorso anno se n’era andato nel modo più rumoroso possibile, chiedendo il silenzio sulla sua persona e sulla cerimonia funebre che per suo volere non ci fu. Anche su questo ha lasciato un segno e indicato una strada.

Articolo in collaborazione con Volere la luna.
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Una storia meravigliosa! Grazie