Dovremmo dedicare ancora molte molte attenzioni al video con il discorso delle tre neolaureate durante la consegna diplomi alla Normale di Pisa. Dovremmo davvero metterci in ascolto di Virginia Magnaghi, Valeria Spacciante e Virginia Grossi. Loro si sono esposte, hanno parlato in modo molto limpido della scuola sempre più al servizio del mercato, delle disparità di genere e di quelle territoriali. E lo hanno fatto senza emulare il modo di fare politica degli uomini. Nonostante quella voce tremante, nessuno è riuscito a fermarle. “La retorica dell’eccellenza su cui il sistema scolastico e sociale poggiano – hanno ricordato -, non è compatibile con l’incompletezza e la fallibilità di ognuno di noi”. Eccola la scuola di cui avremmo bisogno

Le ho ascoltate due volte, al minuto 34. La prima volta da sola, l’altra con mia figlia. Queste tre ragazze Virginia Magnaghi, Valeria Spacciante, Virginia Grossi, potevano prendersi il loro diploma e chiuderla lì, invece, si sono esposte e non credo l’abbiano fatto a cuor leggero, tanto è vero che la voce, a tratti, tremava (qui il video che ha fatto il giro del web con il discorso delle tre neolaureate durante la consegna diplomi alla Normale di Pisa, ndr).
Era una voce mai arrogante, friabile ma determinata, non c’era nulla in loro “delle donne con le palle”, quelle donne di sistema di cui in Parlamento e fuori ne abbiamo una grande rappresentazione. Non c’era emulazione dell’uomo che comanda, soggetto e oggetto del patriarcato, c’erano tre giovani donne che hanno condiviso un’azione politica e un messaggio fondamentale per tutti e tutte noi.
Da insegnante, mentre queste tre giovani donne parlavano, pensavo che i nostri ragazzi e ragazze hanno diritto a una scuola non performante ma formativa, non competitiva ma in grado di mettere in azione le competenze individuali nell’azione collaborativa. Un sistema scolastico non frontale, io insegno tu galleggi, ma relazionale, il successo dipende anche dal modo in cui stiamo dentro alla relazione di apprendimento-insegnamento.
Inoltre, nel loro discorso, hanno evidenziato come la scuola e la ricerca siano al servizio non della società e del benessere di tutti ma alle logiche di mercato. Quella scuola-azienda che tanto detestiamo perché non libera ma soggetta al potere economico.
Non hanno dimenticato nessuno, hanno ringraziato tutti i lavoratori e le lavoratrici, anche quelli che omettiamo tutti perché non stanno seduti dietro ad una cattedra.
Hanno parlato chiaramente della disparità di genere, del lavoro di cura che ricade sulle donne incompatibile, spesso, con il desiderio di raggiungere i propri traguardi lavorativi.
Hanno parlato del divario tra nord e sud, di chi tra di loro, ragazzi e ragazze, proprio per la competizione e il modello performante a cui sono sottoposti, si è perso per strada.
A un certo punto mentre parlavano hanno usato parole così potenti che mi sono commossa. “Se noi siamo arrivate qui non è grazie a questo sistema, è nonostante questo sistema”.
Ho pensato a tutti quegli insegnanti e genitori che credono che la disciplina, la meritocrazia, la competizione, la performance, fortifichino l’animo e debbano essere il “fulcro” del sistema scolastico. Ecco, quando pensiamo a riformare la scuola, invece di attaccarci all’innovazione digitale come panacea di tutti i mali, dovremmo pensare ad ogni singola parola di questo discorso.
Inoltre, ci terrei a ribadire che Virginia Magnaghi, Valeria Spacciante, Virginia Grossi, rappresentano per me, quel femminile – che non ricalca il modello maschile – che dovrebbe entrare in politica. Quella capacità di tenere insieme ogni parte, di riconoscere il valore individuale ma, soprattutto, collettivo, di prendersi cura in modo giusto della distribuzione del potere. Quella capacità conciliante, non performante, non discriminante, non patriarcale, capace di non negare la propria friabilità ma di inglobarla e superarla.
Nonostante quella voce tremante, nessuno è riuscito a fermarle, eppure la rappresentazione del potere a cui siamo abituate e abituati, le capacità di leadership che ci hanno imposto, a tratti volgare, presuntuosa, privilegiata, esclude tutte le abilità di cui queste giovani donne si sono fatte portatrici.
Ma quanta forza, potere e determinazione c’era nel loro modo di porsi e nelle loro parole?
A questo punto non c’è migliore conclusione per questo post che quella formulata da loro: “La retorica dell’eccellenza su cui il sistema scolastico e sociale poggiano, non è compatibile con l’incompletezza e la fallibilità di ognuno di noi”. Eccola la scuola di cui avremmo bisogno.
Cinzia Pennati (Penny) è insegnante, scrittrice e madre di due ragazze adolescenti, tra le quali Ludovica, l’autrice di molto dei disegni che accompagnano i suoi articoli. Questo il suo blog sosdonne.com. Nelle librerie il suo romanzo Il matrimonio di mia sorella e Ai figli ci sono cose da dire. Ediz. illustrata. Nell’archivio di Comune altri suoi articoli sono leggibili qui
Grazie. Ho ascoltato i 3 interventi.
Mi incoraggiano a proseguire. Proseguire nella critica a una Pa che dicono aver scelto la cultura neo liberale. Mentre io scrivo che mi pare una cultura Neo Feudale.
Nel liberalismo si può riscontrare uno spazio anche per chi vuole uguaglianza. Qui, entrati nella cultura della competitività e della concorrenza, non c’è più spazio alcuno per il sentire sociale. Grazie ancora.
L’augurio che la vita non le “distragga”
Quando penso alla situazione mondiale e vedo governi gestiti da uomini, pseudo-generali al servizio di un potere fondato sulla forza delle ormi o di un sistema economico che ha massacrato giustizia e ambiente, mi chiedo: “quando arriverà il tempo dei governi coordinati da donne?”
Lo diceva, anche, Giorgio Gaber: ti lasciano il tuo spazio libero, quello che chiamano “libertà”; ma da dentro quello spazio, non si riesce mai a dare fastidio a nessuno. E la logica induce a temere proprio questo. Perché la macchina strutturata per asservire un’utenza a un privato interesse ha già fatto conto degli ostacoli possibili, cautelandosi per farli inoffensivi. Gocce in un oceano dentro cui pure gli strali sono misura della prevaricazione.