di Giovanna Mulas*
Venti anni di lavoro nella scrittura mi hanno insegnato che in letteratura, come in quei premi letterari e case editrici legati a una politica editoriale di consumo, a un traffico di influenze e di favori; la selezione o l’esclusione di nomi gioca sulla docilità, sull’assenza di libertà e critica, l’adulazione, sull’utilizzo di prestigiosi artifizi con tecniche pubblicitarie e mediatiche mirate.
Il ‘trotismo’ opposto alla meritocrazia è quel fenomeno, lapalissiano in tutti i campi, al quale ci si è adattati senza rendercene conto: una formattazione decennale inconscia sfociata nella tolleranza e la rassegnazione, nel fatalismo acritico. Negli ultimi quindici anni in troppi, tra autori e lettori, hanno creduto che la via giusta per il boom di un libro fosse quella del ‘bussare’ e ‘ribussare’, del favore all’amico dei salotti buoni.
A costo di andare controcorrente voglio pensare che un nuovo senso di dignità debba partire in primis dallo stesso autore. Parlo di autore di “provato talento”, chiaro.
In un mondo plagiato dal consumo, anche il prodotto libro dovrà essere costruito su e per un valore economico, con una critica “raccontata” da scrittori politicamente corretti. È narrativa mordi e fuggi da marchetta, dove i premi letterari promossi dalle case editrici più note al fine di lanciare i propri libri, andrebbero in realtà dati a certi editors che, sulla base dell’insipido talento e l’acriticità dell’autore di turno, mescolano i mesti ingredienti a disposizione fino ad ottenere quella pozione magica che, in realtà, è sempre la stessa: il libercolo già best seller, la serva-principessa del nichilismo.
Le possibilità di guidare, governare dal politico, culturale e territoriale, rappresentano porta aperta per le istituzioni-Stato che vivono di corruzione. L’asfissiante situazione attuale deriva da un modo perverso di esercitare proibizioni nell’essere umano, dal persuaderlo affinché durante tutta le sua vita non vada a rompere – e neppure ci pensi- gli schemi prestabiliti, imposti. Essere umano che semplicemente non pensi oppure pensi, se proprio deve, il già pensato. La corruzione resta un problema culturale.
C’è da dire che mentre Berlusconi acquistava Mondadori e la galassia delle consociate, la Feltrinelli, di segno politico opposto, nel 2008 cominciava a plasmare la più grande rete di librerie a catena acquistando anche uno dei maggiori distributori italiani: Pde (Promozione Distribuzione Editoria). Questo ha significato e ancora significa la progressiva scomparsa delle librerie indipendenti, l’affermazione dei soli titoli a larga tiratura (imposta e, sappiamo, spesso a scapito della qualità), significa il circolo vizioso degli spazi venduti nelle librerie a catena: compra spazi chi ha più denaro, quindi la nota casa editrice in grado di garantire l’alta tiratura al libro pubblicato.
Purtroppo parecchi lettori ancora credono seriamente di acquistare un libro promosso del partigiano Giangiacomo Feltrinelli, o dagli antifascisti Giulio Einaudi e Valentino Bompiani… .
L’ ideale società acritica è un prodotto dell’era dell’informazione unipolare. In realtà ai lettori e aspiranti tali, oggi, si arriva comodamente e facilmente: case editrici di rilevanza politica impressionante, influenti sulle opinioni individuali, sul popolino intellettualmente e culturalmente più debole.
La Volontà di Potenza lusinga e compra l’attenzione di giornalisti e recensori appartenenti alla defunta critica letteraria: scambi pubblicitari della casa editrice con la testata che pubblicherà l’articolo sul “grande libro”, “grande quotidiano” che appartiene alla “grande casa editrice” con l’editore che indica il proprio giornalista di riferimento a cui affidare l’articolo.
È la politica del best seller imposto, della narrativa del Bancomat. Quando il lettore-consumatore acquista, convinto di aver scelto liberamente, il best seller pluripubblicizzato, vincitore dell’importante premio letterario, in realtà è già stato consumato: felicemente eletto dalla politica editoriale. Ma la Letteratura, per fortuna, è altro: Oltre noi, Tempi ed Eventi.
Chiedetevi perché un autore sconosciuto, senza gavetta né talento pubblica da un giorno all’altro con la Grande Casa Editrice, o con la Media Casa Editrice che funge da spartitraffico alla Grande Casa Editrice. Chiedetevi perché lo stesso autore vince il Grande Premio Letterario, o quel Medio Premio Letterario che funge da spartitraffico al Grande Premio Letterario, quindi al set del film tratto dal Grande Premio Letterario. Premi letterari come “campo di battaglia” delle case editrici: tutti già sanno, e da subito, chi sarà il finalista, a chi spetterà lo scettro.
Sistema perverso, dove le stesse case editrici che propongono i libri in concorso, hanno il controllo dei giurati. Premi letterari simulacri di finzione con una meccanica che risponde all’etica del commercio, disconosce i valori di estetica e critica pura. Agenti letterari, giornalisti che lavorano per la nota rivista che appartiene alla nota casa editrice, e che quindi recensiranno costantemente solo i libri proposti loro da chi fornisce loro lavoro. Promozione gratuita, interviste costanti all’autore vincitore del noto premio. Ancora, chiedetevi perché articoli a firma dell’autore insipido prendono ad apparire sulle maggiori testate nazionali, perché lui stesso apparirà – imposto – come “opinionista” di lusso in Tv (ancora non riesco ad afferrare, perdonatemi, l’utilità sociale di un opinionista), chiedetevi perché numerose recensioni del libro, solo ottime critiche letterarie fioriscono ciclicamente sui maggiori quotidiani e settimanali editi dalla stessa nota casa editrice.
Più pubblicità appare attorno al libro idiota e alla… Diva del Verso, più occorre chiedersi un perché.
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