di Marco Arturi
Mentre la grande stampa si dedica alle beghe tra Virginia Raggi e Paolo Berdini, alle faide interne al Partito democratico e all’interpretazione del testo della canzone che ha vinto Sanremo, il ministro dell’interno Marco Minniti – uomo dalla traiettoria politica limpida quanto un omissis sulle stragi – vara due decreti contenenti “disposizioni urgenti” rispettivamente su sicurezza urbana e immigrazione. Il primo estende logica e pratica del Daspo (se sbagli non ti faccio più entrare) dagli stadi alle aree urbane, amplia i poteri dei sindaci in materia di gestione della sicurezza e prevede il pugno di ferro contro le occupazioni abitative. Il secondo introduce la prassi del lavoro gratuito obbligatorio per i richiedenti asilo, in modo da “tenerli occupati” mentre aspettano che venga formulato un giudizio sul loro destino; giudizio senza appello, dal momento che il decreto tra le altre cose toglie al rifugiato la possibilità di ricorrere contro la decisione del tribunale, eliminando la garanzia del secondo grado.
Al di là dell’opinione che si può nutrire nei riguardi dell’uomo politico (ma per una volta è difficile prendersela con i titolisti di Libero, che parlano di un “comunista che è di destra senza sapere di esserlo”), lascia perplessi il ricorso alla decretazione d’urgenza per materie tanto complesse e provvedimenti che vanno a invadere in maniera pesante la sfera del diritto, come stanno facendo notare in queste ore diversi giuristi che ipotizzano l’illegittimità di alcune norme. Quello che è certo è che a ispirare questi decreti è la stessa logica del muro di Trump, rafforzato e ampliato per respingere gli ultimi, che siano poveri o rifugiati: un monumento all’esclusione, all’egoismo e alla marginalità.
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È difficile non pensare che le disposizioni del primo decreto verranno utilizzate per colpire il dissenso; allo stesso modo è impossibile non vedere come il secondo si basi sulla negazione della dignità di chi fugge dall’inferno e sulla negazione di diritti che rimangono in bella mostra su quella Costituzione che il no del 4 dicembre ha creduto di poter difendere.
Marco Minniti è l’ispiratore di queste misure, ma non è solo: i provvedimenti sono stati costruiti d’intesa con l’Anci (Associazione nazionale comuni italiani) e hanno potuto contare sulla sponsorizzazione entusiastica del capo della Polizia Franco Gabrielli e di tutto il Consiglio dei ministri. È ben altro che un governo di passaggio o di transizione, quello di Gentiloni: e se di passaggio si tratta non è altro che l’ennesimo spostamento a destra, nel nome di emergenze che hanno poco a che vedere con i bisogni delle persone e molto con le loro paure, reali o indotte che siano. Si colpiscono le occupazioni senza mettere in campo nessuna misura contro l’emergenza abitativa; si pretende di risolvere la marginalità con misure marginalizzanti; si sfrutta la disperazione per dare ulteriore legittimazione al lavoro non retribuito; si nega la possibilità di un giudizio equo a chi ha già pochissime possibilità di difendere le proprie ragioni.
Mattone dopo mattone, paura dopo paura, esclusione dopo esclusione il nostro muro lo abbiamo tirato su anche noi. Nel silenzio generale e a tempo di record.
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