
di Alessandro Pertosa*
Il potere getta la maschera luciferina, e dallo svelamento appare il volto di un mostro infernale. Non che ci aspettassimo una fata o evanescenti dolcezze, ma la realtà supera di gran lunga ogni nostro incubo più fosco. Si aggira per il mondo un dominio osceno, abominevole, disumano, pronto a coartare le libertà personali in nome della crescita continua, del fare comunque, della produzione senza requie, della competizione onnivora.
Il capitalismo è alla frutta, lo sappiamo, ma non è ancora morto; e così in attesa dell’Armageddon, i politici di mezza tacca dichiarano guerra alla libertà in nome del lavorismo. Il potere ritiene che per far ripartire questa fantomatica crescita, per consentire all’economia di mettersi di nuovo in moto (anche se non si sa bene dove si voglia andare), non sia sufficiente allungare i termini per il pensionamento, o costringere le persone a lavorare sempre di più con contratti meno sicuri, estendere la prodigiosa flessibilità, ridurre i diritti di chi si schianta dalla fatica, et similia; no, oltre a frantumare la pazienza e la speranza agli adulti è venuto il momento di prendersela coi più giovani, con quei ragazzi considerati fannulloni che d’inverno bamboccionano a scuola e d’estate trascorrono colpevolmente tre mesi di vacanza. Figuriamoci se una società come la nostra può tollerare che un ragazzo di quindici, sedici o diciassette anni possa starsene tranquillo e beato a fissare il tramonto all’orizzonte, magari disteso su una sdraio, con un bicchiere di succo fresco in mano. Eh no, signori miei, il signor Giuliano Poletti, ministro del lavoro, ha tuonato contro questo scandalo. Un mese di riposo, passi pure, ma tre sono davvero un’indecenza.

Ora, se l’affermazione si limitasse a un giudizio morale di un singolo politico non avremmo nulla da obiettare: ognuno è libero di pensare ciò che crede rispetto al modo di condurre la propria vita. Se Poletti ritiene che riposarsi tre mesi sia un’indecenza, bene, pazienza, ci spiace per lui, che se arriva a queste conclusioni deve condurre una ben misera vita. Il problema però sorge nel momento in cui il Poletti se ne esce con una proposta che vorrebbe tramutare in legge. Il riposo viene così finalmente normato da questo strabiliante potere che stabilisce persino quanti giorni di ozio estivo spettano a uno studente. Secondo il ministro è assurdo consentire agli alunni di vivere da nullafacenti per tre mesi, ma dopo un po’ di riposo è bene che i ragazzi vengano impiegati a lavoro, con l’intento di istaurare un rapporto sempre più stretto tra la scuola e il mondo della produzione. E tutto ciò, chiaramente, avrebbe una funzione educativa. Il giovane deve capire sin da subito che si sta al mondo per lavorare, che la produzione è lo scopo ultimo dell’agire umano e che chi ozia è bene spingerlo ai margini della società. Perché è chiaro che se non lavori, allora mi sei nemico e non devi nemmeno mangiare.
«Non troverei niente di strano – dice Poletti – se un ragazzo lavorasse tre o quattro ore al giorno per un periodo preciso durante l’estate, anziché stare solo in giro per le strade». Ma, lo ribadiamo, che Poletti non ci trovi nulla di strano nel far lavorare d’estate gli studenti, interessa davvero poco. Il problema è che egli, dall’alto (io direi, meglio, dal basso) della sua posizione pretende che un’opinione personale diventi legge. E che succede se un ragazzo, che magari è stato persino bocciato, non volesse andare a lavorare? Gli mandiamo i carabinieri a casa? E se un altro, invece, dopo la media dell’otto non avesse alcuna intenzione di prestarsi a una metodica schiavista, chiamata stage, cosa gli facciamo? Lo rimandiamo a settembre in tutte le materie? No perché si paventa anche la possibilità che questo lavoro estivo possa tramutarsi in crediti formativi: quindi il lavoro (schiavista e mal pagato: anzi forse per nulla pagato) diviene a tutti gli effetti un momento scolastico. Un momento scolastico che serve al potere per avere manovalanza pressoché gratis.
Questa è un’autentica follia! Ci auguriamo che Poletti venga folgorato da un barlume di lucidità e che ci ripensi. Altrimenti non resta che la rivoluzione passiva: i ragazzi non dovranno far altro che rifiutarsi di sottostare a un sopruso indegno di un paese civile. Sottrarsi al dominio, fuggire dall’impegno gravoso, lasciar cadere nel vuoto l’affronto alla libertà personale: sono queste le azioni da compiere. È questa la rivoluzione che ci attende. Se Poletti ci tiene proprio, andasse lui a fare gli stage d’estate: noi, dalla terrazza vista mare, lo osserveremo sudare con grande interesse.
Abbasso il lavoro. Evviva l’ozio creativo. Evviva la felicità, per cui siamo stati fatti.
* Ricercatore in filosofia, Alessandro Pertosa scrive irregolarmente di filosofia, economia, teologia, bioetica, decrescita.
DA LEGGERE
Non fare niente, per cambiare il mondo
Lessico psicopatologico: occupabilità
Il lavoro non è l’unico faro Lucilio Santoni
Dalla precarietà alla convivialità Gustavo Esteva e Irene Ragazzini
Il rifiuto creativo dell’ideologia del lavoro Chris Carlsson
Non è il lavoro che libera le donne Silvia Federici
Smettiamola di preoccuparci del lavoro Francesco Gesualdi
Il non-lavoro è un modo di fare la rivoluzione? No, di viverla Philippe Godard
Usciamo dalla società del lavoro Marco Deriu
Irresponsabili, gelidamente sciocchi! Sprecano fiato (acido). Hanno mai veramente studiato loro?
Cialtroni!
La prostituzuine della produzione… ovvero si vive per lavorare, a patto di non chiedere un salario.
Bellissimo articolo!
Assurdo, e senza ragione e senza motivo… giusto per dire qualcosa. Ieri discutevo con un docente di Economia politica sulle pensioni lui sosteneva la banale relazione fondamentale: crescita, aumento dei redditi da lavoro, aumento dei contributi versati, maggiore possibilità di andare in pensione a 60 ann piuttosto che a 70. Io invece notavo che 40 anni fa con un PIL decisamente inferiore a quello di oggi si andava in pensione anche a 50 anni e non a 67.
Questo è solo l’ultimo dei risultati perversi di una sacralizzazione del lavoro ritenuta ingenuamente valore caratterizzante delle classi subalterne. Bisogna andare oltre gli stereotipi dell’orgoglio proletario. Col tempo qualunque valore viene distorto e deviato dal Potere e dal Sistema ai propri fini.
E se l’estate mandassimo i ministri a ripulir le spiagge? Come attività volontaria ovviamente, per dar il buon esempio…
L’ozio creativo, quello che i romani chiamavano “Ozium” ha il suo senso di esistere e poi, a conti fatti, di quanti studenti si parla? Fino alla fine della seconda superiore no (età minima per lavorare non raggiunta)? Poi togliamo quelli che hanno i debiti, poi quelli che faranno la maturità…beh, mi sembrano numeri nn significativi per fare una nuova leggina. Inoltre sono certa che gli imprenditori non sarebbero in grado di pagare, anche poco, chi non ha né esperienza né competenze lavorative. Verrebbero sfruttati gratuitamente e toglierebbero quelle poche risorse disponibili a studenti universitari o neolaureati a cui Poletti non sa dare risposte.
Non capisco come Poletti si permetta di fare affermazioni o ipotesi del genere … evidentemente vive al di fuori della realtà dei bambini, ragazzini e giovani studenti italiani vessati dai troppi compiti e dalle troppe ore passate sui libri in una scuola ormai totalmente obsoleta e decadente. Tutti gli esperti, psicologi e pedagoghi lanciano esattamente l’allarme contrario.
I bambini e ragazzini Italiani sono quelli che al mondo studiano di più e passano più ore sui banchi scolastici ed è questo il principale motivo del degrado dell’istruzione italiana (la scuola italiana è ormai agli ultimi posti nella classifica delle scuole mondiali dove svetta la Finlandia con solo 19 ore di scuola settimanali contro le nostre 40) questo perchè é stato riscontrato che l’eccesso di impegno richiesto ai ragazzi (peraltro senza stimolarli) causa non solo un rifiuto da parte dei ragazzi nei confronti dello studio ma soprattutto un rifiuto e un disamore alienante nei confronti della vita stessa essendo stata tolta loro la voglia e lo spazio per coltivare passioni.
Nelle migliori scuole del mondo non ci sono compiti perché é stato riscontrato e dimostrato che non servono a niente anzi sono controproducenti e non dovrebbero superare le tre quattro ore settimanali. L’Italia è l’unico paese dove le ore settimanali di studio ( soprattutto alle scuole medie) sono mediamente dodici. I compiti a casa non fanno altro che disamorare i giovani allo studio e delegittimare gli insegnanti che delegano le famiglie e le costose ripetizioni di supplire alle deficienze della scuola.
In tutta Europa la media è quattro ore di compiti settimanali, compresi i Paesi come la Francia dove sono vietati per legge e dove si va a scuola solo quattro giorni a settimana. L’Italia, dove i ragazzi sono particolarmente vessati, è l’ultima in graduatoria dei venticinque paesi europei.
Poletti dovrebbe vergognarsi e ispirarsi a paesi come la Finlandia dove la scuola e l’istruzione sono una cosa seria. La formazione dei nostri figli è il futuro del nostro Paese ma evidentemente la classe politica ha tutto l’interesse a mantenere i giovani e le nostre coscienze in uno stato di profonda ignoranza e frustrazione perché possiamo essere tutti più facilmente manipolabili. Poletti informati e vergognati!
E’ necessario descolarizzare la società per dare l’avvio a pratiche conviviali e libertarie.
A tal proposito, consiglio la lettura di due libri che renderebbero ancor più intelligibile l’articolo. Si tratta di:
1) I. Illich, “Descolarizzare la società”, Mimesis, Milano-Udine 2010.
2) P. Freire, “La pedagogia degli oppressi”, Edizioni GruppoAbele, Torino 2011.
Anche il Papa santifica il lavoro sostenendo che senza lavoro non c’è dignità! Davvero gravissimo! E troppe iniziative, non solo Expo, propongono formule di lavoro non retribuito, schiavitù, spacciandolo per volontariato!