Nei primi giorni di aprile, diverse organizzazioni internazionali, tra cui ETC Group, Center for International Environmental Law (CIEL), Health Care Without Harm (HCWH) e Women Committed to a Common Future (WECF), hanno inviato una lettera urgente all’Unione Europea chiedendo di vietare l’uso di mascherine facciali e dispositivi di protezione sanitaria con nanografene e altre nanoparticelle: comportano troppi rischi di tossicità polmonare e lasciarle sul mercato potrebbe «minare pericolosamente la fiducia del pubblico nell’indossare maschere» hanno sostenuto le Ong. Anche in Italia si discute da tempo sul grafene: c’è chi ne ipotizza la tossicità in attesa di conferme e chi ne decanta le virtù in quanto “materiale delle meraviglie”. Silvia Ribeiro, che i lettori di Comune conoscono molto bene e da tre decenni è direttrice per l’América Latina di ETC, con status consultivo di fronte al Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite, spiega in questo articolo le ragioni della lettera all’Unione Europea, che non ha ancora trovato il tempo per rispondere. Quel tipo di mascherine sono intanto state ritirate dal mercato dal ministero della salute canadese e il Belgio, a sua volta, ha ritirato dal mercato 15 milioni di mascherine contenenti nanoparticelle di biossido di titanio e d’argento
Un tipo di mascherine usa e getta, distribuite a milioni ai bambini delle scuole elementari e materne e agli operatori sanitari e dei trasporti del Quebec e di altre province canadesi, è stato ritirato questa settimana da Health Canada, il Ministero della Sanità del paese (“Face masks that contain graphene may pose health risks”). L’ente afferma che la mascherina monouso, che contiene nano-grafene [1], comporta un rischio di tossicità polmonare se le nanoparticelle vengono inalate, come dimostrato da test su animali di laboratorio.
L’ente è intervenuto in seguito a un esposto presentato nel gennaio 2021 da una madre di Montreal, alla quale la mascherina causava difficoltà di respirazione, tosse e mal di testa. Altre segnalazioni di malessere in bambini e adulti sono emersi dopo il comunicato del Ministero che avvertiva di non usare questo tipo di mascherina.
Nel gennaio di quest’anno, anche l’Istituto Sciensano del Ministero della Salute belga ha ritirato dal mercato 15 milioni di mascherine contenenti nanoparticelle di biossido di titanio e d’argento. Il tossicologo Jan Tytgat ha detto che è necessario indagare se le nanoparticelle nei rivestimenti delle mascherine possano avere effetti avversi, tra cui causare il cancro (“Face masks given out by Belgian government may contain toxic particles”).
Il grafene è una struttura esagonale di atomi di carbonio, che viene utilizzata per conferire maggiore resistenza e altre caratteristiche ai materiali. È noto da più di un decennio che i nanotubi di carbonio, se assunti dagli esseri viventi, comportano gravi rischi: possono agire come aghi, penetrando nei tessuti e causando processi infiammatori che possono anche portare al cancro. È un’azione simile all’ingestione di particelle di asbesto (o amianto)[2].
Le autorità sanitarie canadesi avvertono che lo stesso processo potrebbe verificarsi se si inalano le particelle di grafene incluse in vari modelli di mascherine. Specialmente con l’aumento esplosivo del loro utilizzo a causa della pandemia, scienziati esperti nella valutazione dei rischi delle nanoparticelle riconoscono che questo è un problema serio (“Manufacturers have been using nanotechnology-derived graphene in face masks – now there are safety concerns”).
Il modello più diffuso di mascherine contenenti grafene è quello a tre strati grigi, o con un lato grigio e uno azzurro. Sono vendute senza controlli su diverse piattaforme di vendita online in tutta l’America Latina (Ribeiro vive in Messico e scrive questo articolo per la Jornada, ndr). Per riconoscerle ed evitarle, bisogna accertare se si tratta di mascherine usa e getta con nanografene o con biomassa di grafene.
Il divieto canadese è solo la punta dell’iceberg. Le mascherine che hanno determinato la decisione (che si applica a tutte le mascherine con grafene) sono prodotte da una società privata transnazionale con sede in Cina, la Shengquan Group (SQ), che vende a una vasta gamma di distributori e ha filiali in Germania, Stati Uniti, Brasile, India e Russia.
Secondo l’azienda, la capacità produttiva è compresa tra 2 e 5 milioni di mascherine al giorno. Sul loro sito web pubblicano una foto della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che indossa una delle loro mascherine con grafene.
Anche se le mascherine prodotte da SQ sono dotate del marchio europeo CE e di quello della Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti, né l’impresa né i suoi distributori hanno risposto alla richiesta del governo canadese di presentare studi di valutazione sulla sicurezza. La stampa delle lettere CE sui prodotti non è concessa dall’Unione Europea, ma indica che le aziende si impegnano volontariamente a utilizzare gli standard definiti da quella regione.
Ci sono molti altri produttori e distributori che forniscono mascherine e altri oggetti di protezione e uso sanitario, assai utilizzati durante la pandemia, che contengono nanoparticelle di diversi materiali e in diverse formulazioni, perché sono considerati potenti agenti disinfettanti. Tuttavia, i regolamenti e le valutazioni del rischio per la salute e l’ambiente di questi materiali in fase di produzione, vendita e uso, sono molto limitati in tutto il mondo, e nella maggior parte dei casi si tratta solo di norme volontarie, o il loro rispetto non è monitorato, come nel caso del Messico, per esempio.
L’8 aprile 2021, diverse organizzazioni internazionali, tra cui ETC Group, Center for International Environmental Law (CIEL), Health Care Without Harm (HCWH) e Women Committed to a Common Future (WECF), hanno inviato una lettera urgente all’Unione Europea chiedendo di vietare l’uso di mascherine facciali e dispositivi di protezione sanitaria con nanografene e altre nanoparticelle.
Dal Canada, Jim Thomas, direttore del settore ricerca dell’ETC Group, un’organizzazione della società civile che indaga sugli impatti delle nuove tecnologie e che è all’avanguardia nell’esporre i rischi dell’industria nanotecnologica, ha detto: “Le mascherine dovrebbero proteggere le persone, non esporle a maggiori rischi. L’uso di nanomateriali non testati in milioni di mascherine e altre attrezzature sanitarie è un esempio di profitto pandemico senza scrupoli. L’Unione Europea e tutti i paesi che li permettono o non li controllano, devono vietarli e toglierli urgentemente dal mercato.
Con la pandemia, è stato venduto più di un miliardo e mezzo di mascherine usa e getta, cosa che già di per sé ha generato un gigantesco problema di utilizzo di materiali e di produzione di rifiuti tossici, fra cui persino gli elastici, che causano gravi problemi alla fauna marina quando vengono abbandonati.
Fonte: “Prohibir cubrebocas con nanomateriales”, in La Jornada, 10/04/2021.
Traduzione a cura di camminardomandando
[1] Il grafene è un materiale costituito da uno strato monoatomico di atomi di carbonio (avente cioè uno spessore equivalente alle dimensioni di un solo atomo). Ha la resistenza teorica del diamante e la flessibilità della plastica, Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Grafene
[2] L’asbesto (o amianto) è un insieme di minerali del gruppo degli inosilicati (serie degli anfiboli) e del gruppo dei fillosilicati (serie del serpentino) di consistenza fibrosa e cancerogeni. Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Asbesto
sara dice
Consiglio la visione di questo articolo altrettanto interessante: https://numero6.org/influencers/riflessioni/mascherina-quando-prevenire-e-peggio-di-curare/
Giampaolo dice
salve e grazie di questa informazione, come si fà a sapere se le mascherine che stiamo per acquistare o che già abbiamo contengono questi materiali “pericolosi”, grazie
Olmy dice
È un documento che denuncia ed espone chiaramente la possibile causa di un danno sociale dilagato e dilagante, ma finora quasi totalmente ignorato e solo vagamente sospettato.
Il grado di importanza e di incisività dell’articolo è per noi direttamente proporzionale all’eventuale conferma che tali mascherine ad alto rischio siano state e siano tutt’ora diffuse in commercio sul nostro territorio.
Tale conferma avrebbe valore di condanna verso il Ministero della Salute del Governo Italiano, per la prova evidente di un ulteriore aspetto della totale mancanza di trasparenza in cui vengono abbandonati gli stessi cittadini da cui si pretende una sempre più ottusa e acritica obbedienza, e che vengono esposti al rischio quotidiano di coltivare, a loro insaputa, rischi gravidi di fatali conseguenze per il loro organismo.
Suggerisco perciò una vostra doverosa quanto auspicata ricerca sullo stato delle mascherine in commercio in Italia.
Paola dice
Io non ho mai sentito di queste analisi sui media e nel frattempo le mascherine le abbiamo usate tutti o le stiamo ancora utilizzando. Ci sono novità in merito?