“Queste settimane ci mostrano che cambiare le nostre abitudini è possibile, se si ha paura. Il nodo sta nel capire – scrive Franco Lorenzoni – se è possibile cambiarle se si ha il coraggio di fare propria la sofferenza di tantissimi… se riusciamo a sentire gli squilibri di cui è malato il pianeta Terra come parte di noi”. Per farlo abbiamo bisogno di conoscenza ma anche di simboli e immaginario, dunque di poesia, musica, letteratura e teatro
Il 22 aprile si è festeggiata la giornata che le Nazioni Unite da cinquant’anni dedicano alla Terra. È stato particolarmente triste essere costretti a sopportare la mediazione digitale di qualche immagine o canto dentro a uno schermo perché la protesta e l’amore, senza il corpo a corpo del riconoscersi, ritrovarsi, guardarsi e godere dello stare insieme vicini, perdono la bellezza del loro senso. Il 23 aprile è invece la giornata mondiale del libro. Chissà quale intenzione o distrazione ha avvicinato così strettamente queste due date primaverili.
Certo è che la nostra così incerta, impacciata e intermittente consapevolezza di quanto la sofferenza della terra sia sofferenza di noi umani tutti e degli animali e delle piante ha bisogno di pensieri e dunque di parole. Parole nitide, parole taglienti come quelle di Greta, che hanno generato attenzione e compassione in tante ragazze e ragazzi di ogni latitudine.
Queste settimane ci mostrano che cambiare le nostre abitudini è possibile, se si ha paura. Il nodo sta nel capire se è possibile cambiarle se si ha il coraggio di fare propria la sofferenza di tantissimi (ancora lontani) che già oggi muoiono o rischiano la vita per inondazioni, siccità, carestie e fame. Se riusciamo a sentire gli squilibri di cui è malato il pianeta Terra come parte di noi, nonostante sia lontanissimo dalla nostra percezione sensoriale.
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Quattro studenti di una media umbra hanno preparato da casa una ricerca precisa e puntuale sulle conseguenze che sta avendo sulla qualità dell’aria il nostro stare a casa. Facendo proprie le parole di Marco Percoco, direttore di “Green”, affermano che “l’inquinamento rende più pericolose le malattie respiratorie e ha effetti negativi di lungo periodo sugli organismi. La sua diminuzione sta salvando molte vite e migliora le prospettive dei bambini, coinvolti solo marginalmente dal contagio”. Concludono a ragione la loro relazione scrivendo: “Gli stati dovranno quindi scegliere se ripartire con metodi efficaci ma non ecologici, oppure fare un cambiamento radicale dei mezzi utilizzati prima del coronavirus in modo da renderli sostenibili”. I ragazzi umbri hanno idee chiare e, se c’è una cosa che stiamo imparando in queste settimane, è che abbiamo enorme bisogno di scienza e conoscenza per prenderci cura di noi con lungimiranza.
Tornando ai libri, di cui oggi festeggiamo l’esistenza, credo che se abbiamo bisogno della letteratura, è per la sua scommessa del provare dar voce a chi non ha voce. Per trasformarci e mutare tante nostre abitudini abbiamo bisogno di scienza e statistica, ma anche di simboli e immaginario, dunque di poesia, musica, letteratura e teatro. Ricordiamo allora le profetiche parole dal dottor Astrov nello zio Vania, che Anton Čecov fece risuonare in un teatro di Mosca centoventi anni fa:
“Le foreste si fanno sempre più rade, i fiumi si seccano, la selvaggina si è estinta, il clima è guastato, e di giorno in giorno la terra diventa sempre più povera e più brutta. Tu mi guardi con ironia (…) ma quando passo vicino alle foreste contadine che ho salvato dal taglio fraudolento, quando sento stormire la mia giovane foresta piantata dalle mie mani, io mi accorgo che il clima è un poco anche in mio potere e che se fra mille anni l’uomo sarà felice, ne avrò un poco anch’io il merito”.
Marta dice
Bravi ragazzi ? sarebbe saggio farci guidare da loro… grazie a questi bellissimi articoli!!