
Il 16 settembre del 1931 di fronte a una gran folla di seguaci in un campo di concentramento libico fu impiccato l’insegnate imam senussita Omar Al Muktar, che si era macchiato del crimine di aver guidato la lotta di liberazione della popolazione della Cirenaica dall’occupazione coloniale italiana. Un tribunale militare del Regio Esercito Italiano lo aveva condannato a morte in un processo farsa dall’esito già scritto e nel quale la difesa aveva chiesto fosse considerato prigioniero di guerra, tutelato dalla convenzione di Ginevra.
In quella data si celebra in Libia il Giorno dei martiri, in ricordo delle vittime della colonizzazione italiana e successivamente anche delle vittime della rivolta del 2011. Non per caso, quindi, proprio 16 settembre Un Ponte Per ha organizzato in dieci città italiane la proiezione del film “Il leone del deserto”, pellicola che narra quella storia e che per 44 anni – il film è del 1980 – è stato praticamente censurato in Italia. L’iniziativa di Un Ponte Per si colloca nell’ambito delle attività di sostegno alla proposta di istituzione di una Giorno della memoria delle vittime del colonialismo, vuole contribuire al recupero della memoria di questa parte della storia collettiva.
Quello di Omar Al Muktar non è che uno degli episodi, anche se forse il più significativo, della resistenza al colonialismo delle popolazioni assoggettate del fu impero italiano, in Libia, come nel Corno d’Africa, come nei Balcani. La repressione, ormai documentata ampiamente, non fu da meno e fu costellata da arresti, campi di concentramento, deportazioni, stragi, fino all’uso del gas; a smentire la favola degli “Italiani brava gente”. Il colonialismo italiano non fu meno razzista e feroce di quello di tutte le altre potenze europee. Le vittime, secondo i più recenti ricostruzioni furono almeno mezzo milione, forse 700.000. Ci sono le vittime della repressione, ma poi ci sono i contadini scacciati dalle terre per far posto ai coloni italiani, le ragazze comprate e vendute come oggetti sessuali, le culture locali azzerate, gli ascari reclutati per combattere altre popolazioni, i deportati e le deportate nel deserto e sulle isole.
È questa, del colonialismo italiano, una storia che è stata nascosta sotto il tappeto per tanto tempo. È un rimosso dalla memoria collettiva del Paese. Una parte della nostra storia che ogni tanto riaffiora, ma senza mai entrare nel discorso politico e nella consapevolezza pubblica, alimentando il mito della differenza etica della colonizzazione italiana rispetto alle altre colonizzazioni.
L’Italia, come tutta Europa, non ha mai fatto i conti con questa storia, che non è solo storia fascista come certe volte si tende a dire. È stata l’Italia risorgimentale e liberale che si è affannata per partecipare alla spartizione dell’Africa da cui alla conferenza di Berlino era stata quasi esclusa ed è stata l’Italia liberale che nel 1911 ha aggredito a freddo la Turchia per occupare la Cirenaica e la Tripolitania, avviando di fatto uno dei fronti della Prima guerra mondiale. Quello che porterà alla colonizzazione europea del fu impero ottomano.
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Ma questa omissione non è senza conseguenze. Come ha portato in evidenza con forza il movimento Black Lives Matter la colonizzazione non è una cosa del passato, ma incide sull’oggi. Non solo perché le politiche, commerciali innanzi tutto, coloniali non sono mai davvero cessate. La sua mancata incorporazione nella memoria comune e condivisa incide sull’immaginario e sulla percezione di sé delle popolazioni “bianche”, favorisce il razzismo e impedisce di capire le migrazioni, rispetto alle quali offusca la consapevolezza di essere l’Europa una parte delle cause, rende difficile leggere i processi che nel mondo stanno portando al pericolo tremendo della guerra globale.
Il recupero della storia coloniale non riguarda solo le vittime e non apre solo la questione del riconoscimento e del risarcimento. La rimozione della storia coloniale è una menomazione della capacità collettiva di leggere il presente.
La storia del film Il leone del deserto è un esempio limpido di questa rimozione.
Accusato dall’allora ministro Giulio Andreotti di vilipendio delle forze armate, oggetto di interrogazioni parlamentari, al film non ne era mai stato rilasciato il visto censura che ne autorizzasse la proiezione pubblica, non è mai stato distribuito nelle sale, né mai proiettato dalla RAI nonostante l’evidente alto interesse proprio per il pubblico italiano, la sua proiezione fu anche impedita dalla Digos.

Oggi il film, su iniziativa di Un Ponte Per, che ne è distributore temporaneo in Italia, è finalmente libero per la proiezione nella sale cinematografiche. Dopo un complesso lavoro di ricerca dei diritti – la società di produzione è sciolta, il regista, il siriano Mustapha Akkad, è morto in un attentato di Al Qaida, non esisteva un distributore in Italia – Un Ponte Per, sfruttando la riforma della normativa sulla classificazione delle opere cinematografiche, ha richiesto e ottenuto il nulla osta da parte del ministero della Cultura.
Il film ora è di libera circolazione e è un prezioso documento per chi volesse documentarsi su questa parte oscura della storia patria. Beninteso, il film non è un documentario e non deve quindi essere preso come un testo di storia. Per quanto sia stato fatto un grande lavoro di documentazione i fatti sono narrati secondo esigenze di sceneggiatura, ma ricostruisce bene, come ha testimoniato il principale studioso del colonialismo italiano, Angelo del Boca, quella storia.
Dopo le proiezioni del 16 settembre la iniziativa di diffusione proseguirà ed auspichiamo che molte sale cinematografiche, così come molte associazioni vorranno riproporlo nelle proprie città.
Fabio Alberti, presidente onorario Un Ponte Per
Link all’evento Facebook per le indicazioni sui luoghi e gli orari delle proiezioni
La coscienza sporca del Nord Globale, ricco e “civile”.
BELLISSIMA INIZIATIVA.
MA PERCHé NON VENDERLO?
MAURIZIO Q.