Quando un ragazzo di tredici anni è bocciato, è bocciata la società intera, anche se fingiamo non sia così. Ad essere bocciata è la società che promuove la competizione in ogni ambito della vita quotidiana. Ad essere bocciata è la società del precariato. Ad essere bocciata è la società che non ascolta, dentro e fuori la scuola. Lettera di un educatore
di Daniele Ferro*
Caro Michele,
mi permetto di scriverti queste righe perché Michele non è il tuo vero nome e queste righe non le leggerai, e non te le potrò leggere perché non so in quale paesello tu viva: forse sono solamente righe espressione di un mio bisogno. Qualche giorno fa ho saputo che non sei stato ammesso agli esami di terza media, e da quel giorno spesso ti penso e ora mi chiedo come starai vivendo questa settimana in cui i tuoi compagni, invece, stanno tornando in quella scuola per non tornarci più a settembre (forse non tutti?).
Non sono stato tuo insegnante, non sono un insegnante e non so perché tu sia stato bocciato, unico in una classe nella quale – da quel che ho capito – non eri l’unico a non “meritarti” di andare avanti. La scuola, dunque, avrà avuto almeno un buon motivo – o due, o tre – per scrivere quella sentenza soltanto su di te: «Non ammesso».
https://comune-info.net/2017/11/5-ragioni-ripartire-don-milani/
La questione allora è un’altra.
Ti immagino alla lettura della sentenza: forse sarai stato contento di non dover badare agli esami per tuffarti subito nell’estate, forse ti sei arrabbiato perché non hai capito il motivo per il quale la sentenza è spettata solo a te, forse ancora quella tua malevola unicità da bocciato ti sta facendo cadere nel vuoto del sentirsi nullità. Chissà.
Mi chiedo se, a tredici o quattordici anni, sia giusto per un ragazzo provare quella solitudine, triste o falsamente allegra che sia, e sentirsi addosso quell’etichetta: bocciato.
Mi chiedo quanto questa parola – che probabilmente deriva dal “respingimento”, dall’“allontanamento” con un colpo del gioco delle bocce – stia scavando nella tua idea di futuro, nell’immagine che alla tua età stai costruendo di te stesso come persona: valente o nullatenente.
Con il dubbio dell’educatore inesperto di un solo anno di lavoro a scuola, credo che – almeno nella scuola dell’obbligo – qualsiasi bocciatura non sia una bocciatura dello studente, ma del mondo adulto. Non è la scuola a bocciarsi da sola, non soltanto, e oggi in troppi davvero si permettono di attaccare un luogo che non conoscono, si permettono senza alcuna competenza pedagogica di dire agli insegnanti che cosa debbano fare, mentre mai si azzarderebbero di urlare a un chirurgo come operare, a un avvocato come preparare l’arringa o a un falegname come tagliare il legno.
E forse non bisognerebbe aspettarsi neanche che la scuola non bocci, in un sistema in cui le si chiede di bocciare, in un’organizzazione statale e sociale che taglia sempre più i servizi e lascia indietro i più fragili, che sono spesso i più sensibili e avrebbero un cuore grande da donare a tutti. Troppo facile e fuorviante, prendersela solo con la scuola.
Quando un ragazzo è bocciato, è bocciata la società intera, perché la scuola è immersa in questo nostro vivere e non può – e non deve – esser essa sola a costruire il percorso di apprendimento e crescita di un ragazzino: fuori da scuola l’educazione informale è eterna e plasma la nostra personalità.
https://comune-info.net/2018/05/semi-di-scuola-diffusa/
Ad essere bocciata è la società che promuove la competizione sui vestiti, sugli smartphone, sui videogiochi, nelle piazze truccate dei centri commerciali, negli sport praticati come lotta di sopravvivenza su incitazione di allenatori e genitori frustrati.
Ad essere bocciata è la società che sminuisce goccia dopo goccia la curiosità per la scoperta e la conoscenza, fino a imprigionarle nelle umide grotte oscure che si creano dentro i nostri ragazzi.
A che serve studiare, si potrebbe pensare, se poi a trent’anni hanno la faccia di proporti, se ti va bene, uno stage a 250 euro al mese, come è accaduto a un mio amico ben laureato?
E vallo a spiegare, oggi, che studiare – o meglio sapere – serve a vivere, non (solo) a lavorare.
Ad essere bocciata è la società che non ascolta, dentro e fuori la scuola.
E se ti penso in questi giorni, il motivo è questo: mi aveva colpito quel tuo scatto sul banco, quella tua voce scappata di gola per rispondere al benevolo rimprovero dell’insegnante verso tutta la classe. «Ma prof, con lei è diverso, perché lei ci ascolta!».
Ecco, Michele: in quanti sono stati capaci di ascoltarti, e di darti magari qualche mezza risposta, nell’arco della tua giovane vita, per permetterti di trovare da te l’altra metà della inesauribile risposta?
Forza, Michele, perché una bocciatura non è niente, nella lunga vita aperta dinanzi a te. Ci sono persone bocciate e poi laureate, competenti e felici oggi di costruire qualcosa di buono per sé e la società.
Buona estate, Michele. Che ti ascoltino il solstizio, il baleno del temporale, il grano trebbiato, la luna che più argentea diviene sulle foglie di betulla, il sole che sfalda l’asfalto, il merlo che coraggioso s’avvicina, l’uva carica di zuccheri, il fiume Trebbia che quando sarai un po’ più grande ti accoglierà nelle sue acque fresche a ferragosto.
Buona estate, Michele. A settembre ripartirai e un giorno sarai un grande uomo.
… questo è il modo più sbagliato che ci sia per affrontare il discorso “bucciatura”. Qesto è il primo esame che affrontano a quell ‘età e lo si può fare se si è dimostrato, almeno un poco, di essere maturi, aver fatto il proprio dovere, essersi proposti ed aver partecipato, ognuno entro i propri limiti…. E se si boccia tutto ciò nn c’è stato, allora forse questo ragazzo dovrebbe chiedersi lui il perché è nn e stato ammesso e I suoi genitori con lui….. Non è sempre colpa della società, della scuola e di quei cattivoni degli insegnanti!!!!!!!
Un ragazzino non viene ammesso agli esami di terza media: una non notizia diventa una notizia. Ma il problema è un altro: la scuola che boccia in realtà punisce un allievo, lo espelle e sicuramente se il ragazzino non può contare su cordone di aiuti o protezione della famiglia per la sua autostima, leggasi “non bocciano te ma il tuo rendimento”, le conseguenze saranno per l’adolescente peggiori. La scuola per quanto mi ricordo, parliamo di molti anni, quasi mai è riuscita a far passare il messaggio che era solo un incidente di percorso, sono sempre più convinto delle belle parole scritte da don Milani oltre 54 anni fa, sempre attuali.
La responsabilità è sempre dell’adulto se non riesce a tradurre in risorse le potenzialità, se un ragazzo da formare non riesce a dare il meglio di sé, se si chiede ad un formando di adeguarsi , se la scuola non riece ad essere stimolo e fonte di ispirazione, se si limita anziché allargare gli orizzonti, …se ci si arrende di fronte alla difficoltà di un alunno facendo ricadere su di lui l’incapacità dell’adulto di comprendere… Gli alunni sono ricchezza…a noi tocca metterci in discussione sempre, decentrarci dal nostro sterile punto di vista, per lasciar emergere e tirare fuori il loro valore che da soli ancora non riescono a mostrare.
Io ricordo un padre, ea una persona molto in gamba, ando’ a scuola e disse: “…Se mio figlio sata’ promosso quest’anno, io vi denuncio.
Mio figlio non ha studiato e certamente avra’ delle lacune che si porterebbe dietro. Voi me lo rovinereste!
Credo gli sia costato molto farlo: era un buon padre.
Credo avesse ragione e quel mio amico capi’ la lezione che ebbe.
L’insegnante è la persona alla quale un genitore affida la cosa più preziosa che possiede suo figlio: il cervello. Glielo affida perché lo trasformi in un oggetto pensante. Ma l’insegnante è anche la persona alla quale lo Stato affida la sua cosa più preziosa: la collettività dei cervelli, perché diventino il paese di domani.
(Piero Angela)