Domenica 5 luglio il papa atterra in Ecuador. Un’occasione importante per fare il punto su una delle rivoluzioni più tradite del nuovo millennio. Per gli osservatori distratti sarà una sorpresa. Per i fan della sinistra al governo a qualsiasi costo una profonda delusione. È da molto, troppo tempo che la maggior parte degli indigeni dell’Ecuador ne ha le scatole piene di un governo e di un presidente che hanno venduto al mondo intero un’immagine progressista e una costituzione modello per coprire politiche reali di ben altra natura. Ecuarunari, grande confederazione degli indigeni kichwa, ora chiama alla sollevazione ma non rivendica il potere per sè. Chiede un referendum per revocare il presidente e l’assemblea costituente, colpevoli di aver tradito il mandato ricevuto tramando per ottenere una proroga alla legge che consenta loro di restare inchiodati alle poltrone. Hanno violato i ‘diritti della natura’, reprimono brutalmente gli oppositori e cancellano progressivamente i diritti conquistati dai levantamientos passati, dall’educazione bilingue all’università indigena. Intanto in tutto l’Ecuador si prepara lo sciopero nazionale
di Aldo Zanchetta
Il 22 giugno, sul sito di Ecuarunari, la potente organizzazione dei popoli kichwa dell’Ecuador, è apparso un invito alla sollevazione per rovesciare il governo del presidente Rafael Correa.
Vado indietro nel tempo. Il 14 aprile del 2004 mi trovavo con uno yachak (sacerdote tradizionale) del popolo Kito Karu, ecuadoriano, e un indigeno zapoteco, messicano, ad Anguillara Sabazia, sul lago di Bracciano, in un incontro organizzato da un movimento sociale della zona. Il giorno precedente, il 13, l’insurrezione dei forajidos (facinorosi) secondo la definizione dello stesso presidente Lucío Gutiérrez, lo aveva costretto alle dimissioni. Era la terza caduta di un presidente ecuadoriano nel giro di pochi anni, sotto la spinta popolare. Le prime due avevano visto come protagonisti gli indigeni.
Nel febbraio 1997 Abdalá Bucaran, detto el Loco, era stato destituito dal parlamento per “incapacità fisica e mentale di governare”. Ma il parlamento non fece altro che ratificare una ribellione popolare nella quale gli indigeni avevano giocato un ruolo preponderante. Nel 2000 fu la volta della destituzione del presidente Mahuad e di nuovo gli indigeni ebbero un ruolo centrale e di nuovo il parlamento elesse democraticamente un successore. E in entrambi i casi i successori vennero scelti legalmente dal Parlamento.
Fu a causa di questi precedenti storici che alla fine della cena l’allora sindaco di Anguillara prese la parola per congratularsi con lo yachak, Jaime Pilatuña, dicendo “Mi complimento con gli indigeni dell’Ecuador per la loro determinazione e mi congratulo perché domattina voi sarete al governo del vostro paese”.
In realtà questa volta gli indigeni non avevano giocato alcun ruolo determinante, divisi al loro interno per la ambigua presenza nel governo Gutiérrez di alcuni componenti del Pachakuti, il ‘partito indigeno’ in realtà con non largo seguito fra i popoli originari.
Jaime si alzò e con voce tranquilla ringraziò precisando però che “in realtà noi indigeni non abbiamo alcuna intenzione di essere al governo domani. Vi vorremo andare fra 50 o 100 anni quando la situazione del paese lo consentirà e noi saremo accettati come forza di governo”. Sconcertante, no?
E allora a cosa mira il levantamiento al quale Ecuarunari ha convocato il popolo ecuadoriano? A prendere il potere in prima persona, smentendo Jaime?
Occorre leggere le vicende con occhio indigeno. La ‘democrazia’ indigena ha le sue regole e nelle sue tradizioni esiste ed è praticata la ‘revoca’ delle autorità, in genere nominate per consenso e non per maggioranza, allorché queste infrangono il mandato ricevuto. Ed è quello che Ecuarunari chiede nella convocazione “a una Sollevazione Indigena Nazionale per la vita, l’educazione, la terra, la giustizia e la libertà”. E di conseguenza richiede “al CNE (Consiglio Nazionale Elettorale) i moduli per la raccolta di firme per il Referendum Popolare per la Revocatoria dell’Incarico all’economista Rafael Correa Delgado e dell’ingegnere Jorge Glas Espinel, presidente e vicepresidente della Repubblica dell’Ecuador, come pure per la Revocatoria dei componenti dell’Assemblea Nazionale, per aver implementato una politica governativa e legislativa che favorisce gli interessi di poderose corporation nazionali e multinazionali, ledendo i diritti e gli interessi della maggioranza degli ecuadoriani”.
Nel proclama segue la richiesta dell’immediata convocazione di un’Assemblea Nazionale Costituente per realizzare lo Stato plurinazionale previsto nella Costituzione del 2008 e snobbato di fatto ogni giorno di più dal presidente Correa. E tanto per non lasciare dubbi il 30 giugno Ecuarunari ha presentato domanda legale di revoca dei suddetti mandati.
Nella richiesta per la nuova Assemblea Costituente si indica la sua composizione: “un 30 per cento alle comunità, popoli e nazionalità indigene, un 30 per cento alle organizzazioni e movimenti sociali, un 30 per cento ai partiti e movimenti politici e il 10 per cento di cittadini della società civile”.
Ma come, si chiederanno molti, revocare il presidente “socialista”, quello della Revolución Ciudadana, della tanto decantata Costituzione del 2008, rieletto con buon margine nel 2013? Si, proprio lui, e con molte buone ragioni, prima fra tutte quella di una negazione di fatto dei contenuti più avanzati della Costituzione, quali i ‘diritti della natura’, le crescenti misure repressive contro gli oppositori, la progressiva cancellazione dei diritti conquistati dagli indigeni nelle successive sollevazioni fra il 1990 e il 2002, con l’eliminazione, fra l’altro’ dell’educazione culturale bilingue e la chiusura della famosa Università indigena Awatasi Wasi, il fiore all’occhiello della cultura indigena. Ma fra le ragioni anche il sempre più chiaro progetto di eliminare il limite dei due mandati presidenziali aprendo a una rielezione a tempo indefinito del Presidente. Ma qui si entra in un discorso più articolato, che deve essere fatto più estesamente e che farò, per chiarire meglio il contesto generale e ribadire come l’America Latina venga raccontata troppo spesso in Italia, a destra come a sinistra, strumentalmente e/o cialtronescamente.
Walter giusti dice
Avevo letto da qualche parte che Rafael Correa diventato presidente nel 2008 aveva fatto arrestare tutti i politici corrotti e ne aveva confiscato le proprietà. aveva poi ottenuto di non pagare un debito con il FMI di 11 miliardi di dollari poichè (il debito) era un debito immorale in quanto contratto con un governo che lui aveva dimostrato essere un’associazione a delinquere. Riuscì nel suo intento poichè anche il presidente degli USA (Bush) nel 2005(?) aveva cancellato il debito Iracheno di 240 miliardi di dollari fatto da Saddam Hussein nei confronti di varie nazioni (tra cui l’italia con 40 miliardi) percui essendo questo il precedente Correa vinse la causa. L’Equador è il più grande produttore di banane del mondo ed è stato costretto (per 300 anni) a venderle ai mercanti degli stati uniti i quali li commerciavano nel mondo e dettavano i prezzi. Per dire che Correa non è un buon presidente bisogna essere commercianti di banane americani e non liberi pensatori!